CRONACAPRIMO PIANO

Il TAR “Demolisce” Zavota

Arriva la mazzata per l’attuale assessore lacchese che sarà costretto ad abbattere una serie di opere abusive ubicate in località “Pietrone” e Cetrangola. Il ricorso all’autorità giudiziaria era stato effettuato dal defunto padre che chiedeva l’annullamento di una serie di ordinanze emesse dal Comune

TAR amaro per l’assessore lacchese Giovangiuseppe Zavota. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta) ha emesso la sua sentenza nel merito del ricorso numero di registro generale 1984 del 2020, proposto dal defunto padre Salvatore Zavota, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuliano Di Meglio. Ora toccherà agli eredi provvedere alla esecuzione della sentenza che di fatto si insinua in una cruenta lotta di vicinato in quel di Lacco Ameno e della Cava Scialicco con scambi di accuse, denunce e interventi per reprimere il crescente fenomeno dell’abusivismo edilizio. Zavota padre si era costituito, proprio per questo contro il Comune di Lacco Ameno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Patalano, per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive e di ripristino dello stato dei luoghi n. 02/2020 del 30 gennaio 2020, notificata il 4 febbraio 2020. Una costituzione che non ha dato soddisfazione all’assessore lacchese che ora dovrà provvedere ad ottemperare ai dettami del TAR demolendo ogni abuso o, come è facile che accada, proseguendo le vie legali. In ogni caso come si legge in atti, Zavota, proprietario di un fondo con annessi fabbricati in Lacco Ameno alla località “Pietrone” o “Cedrangola”, ha impugnato il provvedimento col quale il Responsabile del V° Servizio ”Servizi Tecnici” del Comune di Lacco Ameno ha ordinato la demolizione di un consistente parterre di opere che vanno dalle strade, ai solarium fino ai nuovi ambienti abitabili.

Nel dettaglio si tratta di un tracciato stradale (viale) in calcestruzzo con parapetti in ferro per l’accesso a dei corpi di fabbrica in legno, della lunghezza di mt. 54,50 circa e larghezza di mt. 3,40 circa, con piazzola di sosta in calcestruzzo armato e soletta a sbalzo della superficie di circa mq. 7,70 x 7,70; un solarium composto da struttura portante verticale e orizzontale in legno, con parapetti in legno, della superficie di circa mq. 4,90 x 5,20;area sottostante il solarium di cui sopra, pavimentata con masso in conglomerato cementizio; pavimentazione dell’area a valle del compendio immobiliare, mediante la posa diasfalto, proveniente da fresatura di tracciati stradali, già oggetto di ordinanza di demolizione n. 9454/2013 e mai rimossa.A nulla son valsi i tentativi di far passare le opere come “attività edilizia libera” o di un «tracciato stradale (viale) in calcestruzzo», consiste in realtà in una rampa per facilitare l’accesso al fabbricato da parte del, purtroppo, defunto Salvatore Zavota all’epoca dei fatti contestati, invalido ultra sessantacinquenne con necessità di assistenza continua e capacità di deambulazione sensibilmente ridotta e della moglie (pure invalida con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta). Infatti secondo i giudici del tribunale il ricorso è infondato in quanto tutte le opere contestate sono state realizzate in area sottoposta a vincoli paesaggistici e ambientali (P.T.P. dell’Isola di Ischia) in base al quale non sono consentite nuove costruzioni né alterazioni del suolo. Questo è quanto rilevano i giudici evidenziando l’esistenza del vincolo paesaggistico vincolante ai fini della irrogazione della sanzione demolitoria posto che “Qualora gli illeciti edilizi ricadano in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, considerata l’alterazione dell’aspetto esteriore, tali illeciti risultano soggetti alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, pertanto anche se le opere si ritenessero di tipo pertinenziali o precarie e, assentibili con mera DIA (o SCIA), deve essere applicata la sanzione demolitoria qualora non sussista alcuna autorizzazione paesistica”.

Le opere, indugia nel dettaglio la Sesta Sezione “sono in ogni caso sanzionabili posto che in assenza di alcun titolo edilizio hanno comportato una rilevante cementificazione e trasformazione del territorio, come peraltro facilmente evincibile dall’esame delle fotografie allegata alla relazione tecnica depositata in giudizio”. Una relazione fotografica per altro prodotta dal Zavota stesso, tra queste anche la posa in sito di materiale bituminoso, già oggetto di precedente ordine di demolizione rimasto ineseguito e sul legge in sentenza “ha certamente alterato l’indice di permeabilità del terreno con ogni conseguenza in ordine al deflusso delle acque ed a dissesti idrogeologici”.Insomma si parla di corda (dissesto idrogeologico) in casa dell’impiccato (Lacco Ameno al centro dell’emergenza alluvione apertasi all’indomani del 26 novembre). “L’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti integrano atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto” concludono in camera di consiglio i magistrati:Roberto Maria Bucchi, Presidente, Paolo Nasini,

Fabio Di Lorenzo. In conclusione, quindi, il ricorso avverso la demolizione degli abusi lacchesi dell’assessore, se cosi si può dire, viene respinto “siccome destituito di fondamento con condanna del ricorrente alle spese del giudizio” che liquida in complessivi € 2.000.

In un altro procedimento , invece, sul ricorso 2611 del 2019, proposto ancora da Salvatore Zavota, il difensore, l’avvocato Lorenzo Bruno Molinaro, costituitosi contro il Comune di Lacco Ameno, per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 5146/2018, ha ottenuto dal Consiglio di Stato l’interruzione del processo. Con atto depositato in data 3 maggio 2023 Molinaro ha dichiarato il decesso del proprio assistito, depositando certificato di morte, pertanto non è rimasto altro da fare al Collegio che dare atto dell’interruzione del processo. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha dato atto dell’interruzione del processo con l’intervento dei magistrati Marco Lipari, Fabio Franconiero, Sergio Zeuli, Giovanni Tulumello, Rosaria Maria Castorina.

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