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Michelangelo Morgera: «Il Ddl Falanga? Bastano pochi ritocchi per tutelare meglio gli isolani»

Partiamo dalla legge Falanga: visti i vari emendamenti, costituisce finalmente una sorta di soluzione al problema?

«Rispetto alle primissime versioni del testo,  è stato successivamente inserito anche il famoso comma 6 bis. Chiariamo subito che non è vero che la legge Falanga non si applichi all’isola d’Ischia. Piuttosto, è il cosiddetto condono 2003 che ancora adesso non può applicarsi al nostro territorio. In tale ottica, il ddl che  sta per essere approvato definitivamente potrebbe in teoria portare benefici anche ai nostri concittadini. Quello che sin dall’inizio sostenevo, e che in parte sostengo tuttora, è che la legge Falanga potrebbe avere una limitata efficacia pratica nell’evitare gli abbattimenti sull’isola d’Ischia. Innanzitutto, essa non è un condono e non esclude affatto i tipi di costruzione elencati da future operazioni di abbattimento. Il testo afferma piuttosto che la Procura dovrà seguire alcune priorità nell’ordine cronologico di tali demolizioni, formando una sorta di graduatoria. Così com’era strutturata originariamente, sono convinto che la legge non avrebbe avuto alcun serio beneficio per l’isola. Oggi invece  con l’introduzione del comma 6 bis previsto dall’articolo 1,  viene stabilito che anche nelle zone sottoposte a vincolo, nel procedere alle esecuzioni, la Procura deve dare precedenza agli abbattimenti di immobili non ancora ultimati o ancora allo stato grezzo e a quelli non stabilmente abitati, per poi procedere con gli altri manufatti. Questo sicuramente è un correttivo positivo, che per le abitazioni di prima necessità può tradursi in un significativo rinvio della demolizione. Esiste però anche un altro possibile correttivo che potrebbe essere adottato e che avvantaggerebbe in maniera sostanziale i cittadini isolani, “pareggiando” la loro condizione con quelli della terraferma».

Quale?

«Allo stato attuale le graduatorie di cui dovranno tener conto le Procure saranno redatte su scala comunale, e chi finanzia gli abbattimenti alla Procura è il Comune stesso, il quale può rivolgersi alla Cassa Depositi e Prestiti, salvo poi restituire quanto ottenuto. Tale statuizione rischia di mandare al collasso le finanze dell’ente comunale. Al contrario, avrebbe costituito un enorme aiuto per gli isolani trasferire al Ministero delle infrastrutture la competenza per la erogazione dei fondi necessari per gli abbattimenti. In tal caso, redigendo su scala nazionale le graduatorie degli abbattimenti e  le esigenze di reperimento dei fondi necessari a demolire, si sarebbe contribuito ad allontanare in maniera sostanziale il pericolo dell’ abbattimento delle case degli isolani, anche tenendo conto che  sulla nostra isola esistono pochi o forse nessun manufatto abusivo costruito col denaro della criminalità o comunque sequestrato alla criminalità stessa. È un correttivo auspicabile che porterebbe anche maggiore giustizia sostanziale, e che il legislatore potrebbe apportare in qualsiasi momento».

Lasciando da parte l’aspetto giuridico, e privilegiando quello più pratico, l’impressione è che siamo sempre davanti a un provvedimento che non fa che procrastinare l’agonia, già molto lunga, di chi è stato colpito dal provvedimento di demolizione. Perché, secondo Lei, non si riesce a mettere realmente un punto fermo alla questione?

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«Quando ero consigliere comunale, lanciai una proposta che il Comune di Forio approvò e che fu portata anche in Parlamento, anche se poi non se ne fece nulla. Secondo me, se si vuole risolvere davvero il problema,  occorre modificare la legge introduttiva del terzo condono eliminando quell’inciso che afferma che il condono 2003 non è applicabile nelle zone sottoposte a vincolo, compreso quello paesaggistico. Se si procedesse con tale modifica, anche per quegli immobili per i quali è stata presentata tempestiva istanza di condono si potrebbe parlare di vera soluzione, cosa che si sta facendo per i condoni presentati ai sensi delle leggi dell’85 e del ’94 che, secondo le rispettive norme introduttive, sono perfettamente applicabili anche al territorio isolano: in caso di esito positivo, cioè se viene rilasciato il titolo in sanatoria, viene anche revocata la condanna principale e  la condanna riguardante le sanzioni amministrative accessorie».

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Si è spesso discusso, tra vari addetti ai lavori, del ruolo della Sovrintendenza che secondo molti continua ad avere un potere forse troppo discrezionale e forse anche anacronistico, vista la materia in questione. Qual è la sua linea di pensiero?

«Per me, le Soprintendenze andrebbero abolite. Non solo perché esse hanno un potere enorme, che fa capo al Sovrintendente, che è un soggetto unico, a cui viene affidata una questione importante che viene decisa secondo il proprio apprezzamento personale, visto che manca una dettagliata regolamentazione del loro potere; ma anche perché, vista la strutturazione delle Soprintendenze, vengono enormemente dilatati i tempi dell’istruttoria di ogni pratica di condono. Non dico che la materia vada lasciata al libero arbitrio dei cittadini o delle amministrazione comunali, però ritengo che l’agire della Sovrintendenza sia poco funzionale e preferirei qualcosa di meno anacronistico e più rispondente alle esigenze attuali, con regole più chiare e uguali per tutti».

Facciamo un salto in una situazione pratica, quella del Comune di Forio, dove l’anno prossimo, dopo Ischia e Barano, si andrà al voto. Lei, oltre ad avere un passato da consigliere comunale, segue comunque l’evoluzione degli eventi. È già possibile ipotizzare scenari elettorali?

«Personalmente non riesco a immaginarli. Al momento sono lontano dalla politica attiva. Quello che posso dire ai miei concittadini, ed è quello che ho consigliato ai miei clienti che risiedono nei comuni di Ischia e Barano dove si è recentemente votato, è che andare a votare è un dovere civico: bisogna scegliere i propri amministratori, ma anche avere delle pretese nei loro confronti. Visto che quello della prima casa di necessità e dell’abusivismo edilizio è uno dei problemi più sentiti, quando si va a scegliere il proprio rappresentante nelle istituzioni locali è importante capire quale idea e quale conoscenza abbia il candidato di questa materia. Altrimenti non risolveremo mai il problema. A volte, quando ascolto taluni consiglieri o assessori, mi si accappona la pelle. Sento parlare di pressioni da parte della Procura, di acquisizioni dei beni abusivi al patrimonio comunale, di ordini di demolizioni, senza che sappiano realmente di cosa stiano parlando. Bisogna dunque assolutamente evitare di eleggere soggetti sprovvisti delle necessarie competenze. Visto che il cittadino è il “mandante”, e il consigliere è il “mandatario”, quando i candidati chiedono di essere votati, gli elettori devono prima pretendere di sapere quali sono le soluzioni che essi vogliono adottare per risolvere il problema delle case di prima necessità. Dalla prima legge sul condono, nel 1985, sono passati oltre trent’anni, e non è stata trovata alcuna soluzione, anche (ma non solo) per colpa delle amministrazioni locali».

A proposito di “provvisorietà”, anche la locale sede del Tribunale va avanti a colpi di “proroghe”. Quanto è avvertito dalla cittadinanza il rischio e soprattutto le conseguenze di perdere la sede giudiziaria?

«Ritengo che tale rischio non sia assolutamente avvertito dalla popolazione, e questo è grave. Sin da quando ho iniziato a esercitare questa professione ho avuto modo di conoscere le problematiche che attanagliano la sede locale. Ho sempre sostenuto una posizione: meglio che il Tribunale venga chiuso piuttosto che tenerlo aperto ma in condizioni di totale precarietà e di permanente malfunzionamento. Il Tribunale di Ischia è un bene, soprattutto per i cittadini, perché con una sede locale si riducono i costi per il proprio patrocinio legale: è palese che svolgere i processi a Napoli, quindi con tutti i necessari spostamenti per avvocati, testimoni e parti in casa, è ben altra cosa rispetto alla possibilità di svolgere il processo qui a Ischia. Sono tante le ragioni per cui sarebbe meglio che la sede rimanga. Tuttavia, se il tribunale non funziona, diventa una sofferenza: la sezione lavoro è assente, i cancellieri lavorano con un organico largamente insufficiente, i processi subiscono tempi enormemente dilatati con anni che passano tra il deposito dell’istanza e la sua decisione. Anche il numero dei magistrati non è sufficiente. Ecco, se dovesse continuare sempre in questo modo, tanto varrebbe chiudere e svolgere i processi a Napoli, perché a fronte dei disagi logistici si avrebbe almeno una risposta più tempestiva alle istanze di giustizia dei cittadini. Quindi io dico che è giusto lottare per mantenere il tribunale a Ischia, ma parallelamente si deve lottare anche affinché esso funzioni bene. E questa lotta non la devono fare solo gli avvocati, ma soprattutto i cittadini: se il Tribunale viene eliminato, i disagi e i costi ricadranno quasi esclusivamente su di loro».

Qual è lo “stato di salute” della professione forense sull’isola?

«Io credo che sia un po’ troppo “inflazionata”. Non saprei dire come risolvere tale problema, ma sicuramente siamo in tanti per un’isola che produce sì una discreta domanda di giustizia, ma non tale da giustificare la presenza di una quantità di avvocati così elevata: l’altissimo numero di professionisti inevitabilmente finisce per influire sulla qualità dell’offerta».

Francesco Ferrandino

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