CRONACAPRIMO PIANO

Perseguitata dall’ex fidanzato: «vi racconto la mia odissea»

A Il Golfo il racconto di R., vittima della tentata incursione in casa la notte di San Silvestro del suo ex compagno finito poi in manette. La paura, le continue denunce, le minacce subite e poi una triste considerazione: «Vivo in uno stato di perenne ansia, ormai dormo un’ora a notte: vivere così è davvero difficile»

Lei il 2022 lo ha salutato nel modo peggiore, lo stesso con cui ha iniziato il 2023. Ma quella vicissitudine altro non è che l’ultima atto di una lunga escalation di sofferenze patite. A Il Golfo, in esclusiva, si racconta R.N., l’ex fidanzata dell’uomo che la notte di San Silvestro – dopo aver tentato l’irruzione in commissariato armato di coltello – si è ritrovato l’uomo che da tempo la tormenta fuori la porta di casa. Una storia infinita che adesso la protagonista, o meglio la vittima, ha deciso di far diventare uno sfogo al nostro giornale. Partendo dall’inizio, dalla genesi di quello che sarebbe diventato poi un rapporto finito male eppure mai definitivamente troncato: «La mia relazione – spiega al cronista – iniziò a fine 2017 e più o meno è andata avanti senza intoppi fino all’inizio della pandemia. Premesso che quando lo conobbi mi confessò di essere rimasto vittima di un incidente che evidentemente gli aveva provocato qualche trauma». I primi segnali che qualcosa non va arrivano però nel 2019, come racconta R.N.: «Una sera lui si reca a Napoli, ricevo poi una chiamata che mi porta a conoscenza del fatto che lui si era tuffato nelle acque del porto di Napoli. Comincio a sospettare che magari potesse aver fatto uso di droga, poi venni a conoscenza del fatto che assumeva psicofarmaci a mia insaputa. Ho il sospetto che in quella circostanza abbia avuto delle allucinazioni, disse che la guardia costiera (che poi lo aveva soccorso) voleva ucciderlo, fu portato in ospedale a Ponticelli dove fu sottoposto a TSO e sedato».

«Nonostante quell’episodio – continua il racconto la ragazza – io gli sono rimasta accanto, anche se spesso aveva fasi di deliri e la patologia mi pareva stesse diventando cronica. Spesso era sotto l’effetto di psicofarmaci anche abbastanza pesanti, ricordo che a un certo punto il padre decise di portarlo in una clinica in Toscana ma presto fece ritorno sull’isola». Ma nel frattempo aumentavano anche i dubbi di R. che a un certo punto spiega: «Ci sono stati momenti in cui avevo dubbi sulla sua malattia, una volta i parenti di lui chiamarono l’ambulanza ma al suo arrivo recuperò improvvisamente il senno. Poi iniziò una fase di ossessione acuta, non voleva che io lavorassi e lasciassi l’isola, ricordo che insisteva per trasferirsi con me a Barcellona dove io avrei potuto trovare un impiego».

Come succede spesso in questi casi, a far saltare il banco è la pendemia. «Il 24 febbraio 2020 vado a fare un concorso, quando scattò il lockdown lui venne a stare da me ma presto lo cacciai di casa: a marzo gli dissi di andarsene, stavo ormai perdendo la stima di me stessa. Dopo un periodo di relativa tranquillità, a giugno una mattina – non so per quale motivo – si presenta sotto casa mia e fece esplodere una batteria di fuochi pirotecnici alle otto del mattino». Da quel momento R. trascorre qualche mese di serenità, e si arriva a dicembre: «Fono a quel momento la situazione era stata gestibile, ogni tanto mi inviava qualche messaggio, io comunque inizio a non uscire di casa per timore di incontrarlo per strada e fare figure di m… Si arriva così all’estate 2021 quando contraggo il covid e lui ad agosto si presenta fuori casa tentando di entrare. In un paio di circostanza ci è pure riuscito, una volta me lo sono ritrovato in bagno, non sto a dirti lo spavento. Ho anche chiamato la polizia, poi una volta guarita dal virus ho iniziato a fare la prima denuncia, poi la seconda a novembre». Si arriva così al 2022 quando gli eventi precipitano: «Cominciò a scrivermi di nuovo, dopo una serie di minacce e tentativi di riappacificazione con me a un certo punto si presenta addirittura a casa dei miei genitori in Basilicata, giungendo a destinazione con un autobus. Incredibile, arriva in un paesino sperduto dove per giunta non l’avevo mai portato. I miei ovviamente rimasero choccati, nonostante questo mia sorella gli comprò i farmaci e gli trovò alloggio in un albergo, poi il padre e il fratello andarono a riprenderselo. Ma lui tornò in Basilicata anche una seconda volta, finendo in ospedale per essere poi ritrovato per strada dopo aver lasciato la struttura».

Dopo ulteriori denunce R. ottiene dal giudice un provvedimento di divieto di avvicinamento alla persona offesa emesso a carico di G.D.P. che non può contattare la donna nemmeno telefonicamente né tantomeno recarsi a casa dei genitori. Nonostante questo la vittima trova messaggi su diversi social e chat, bloccandolo. La nostra interlocutrice continua il suo racconto: «Si arriva al 26 novembre, il giorno della frana, lui riesce a inviarmi un messaggio nel quale riferisce di avermi visto, dunque violando il divieto. Mi contatta ancora a Natale e al mio compleanno, mi arrivano diversi messaggi, minaccia finanche di uccidermi, ormai era diventata una escalation». Poi i fatti di cronaca raccontati in esclusiva sul nostro giornale il 2 gennaio: «Ha provato a intrufolarsi di nuovo in casa mia la notte di San Silvestro, ho iniziato a tremare di paura mentre mi trovavo sotto la doccia, ha tentato di sfondare la porta urlando il mio nome e anche quello di mio padre. Diceva che non potevo fidanzarmi con un’altra persona, che non potevo lasciare l’isola». R. spiega infine quello che è il suo attuale stato d’animo: «Vivo in uno stato di perenne ansia, ormai dormo un’ora a notte, è un po’ di tempo che non lo vedo anche se continua a scrivermi messaggi». Poi la conclusione: «Porto avanti la mia battaglia anche per gli altri, sono codice rosso da ormai tre anni e questo ha condizionato la mia esistenza. Il mio consiglio è sempre quello di denunciare tutto, ti ho contattato perché volevo che la mia storia fosse di dominio pubblico. E poi mi sia consentita un’altra osservazione: Io capisco che una persona magari possa non finire in carcere ma è il caso che vada curata in strutture specializzate. E poi la giustizia deve avere tempi diversi: sono tre anni che faccio cause, ma puntualmente vengono rimandate. E per finire mi è toccato anche di dover vedere che un soggetto viene rilasciato dopo essere stato arrestato per aver violato un divieto di avvicinamento. Insomma, così è davvero difficile…».

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