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Processo Cpl, il pm non fa sconti: chiesti sei anni per Giosi e tre per Silvano

Tre anni di reclusione. È questa la richiesta del pubblico ministero Celeste Carrano nel processo relativo alle presunte tangenti per la metanizzazione dell’isola d’Ischia nei confronti di Giosi Ferrandino e Silvano Arcamone. Oltre all’accusa di corruzione, il pm ha chiesto altri tre anni e quattro mesi di reclusione per il solo Giosi, contro cui, come si ricorderà, era stata mossa un’ulteriore contestazione nell’udienza dello scorso 14 dicembre. Cinque giorni fa l’accusa aveva infatti ipotizzato il reato di induzione indebita (articolo 319 quater del codice penale) per l’episodio della posa delle tubature tra due aree di proprietà della Dimhotels usando lo stesso scavo eseguito dalla società Cpl Concordia. Accusa che su richiesta della difesa è stata decisa col rito abbreviato. L’ex numero uno della cooperativa emiliana, Casari, recentemente assolto in altro processo, era presente ieri in aula tra il pubblico. L’udienza, iniziata in ritardo per un momentaneo impedimento  di uno dei componenti del collegio presieduto dal giudice Pellecchia, ha visto dapprima un ulteriore logorante momento di pausa, quando il pubblico ministero ha chiesto al Tribunale la possibilità di depositare diversi atti relativi alla nuova contestazione. La richiesta ha visto la ferma opposizione della difesa, secondo cui il rito abbreviato va deciso alla luce degli atti del dibattimento, senza dare spazio al deposito  di atti d’indagine, dai quali  il pm non ravvisò all’epoca alcuna ipotesi di diversi reati. Il Tribunale ha sospeso per oltre un’ora la seduta, prima di pronunciarsi sul punto con un’ordinanza: il provvedimento ha respinto la richiesta del pm, consentendo soltanto il deposito delle sommarie dichiarazioni rese da Antonio Di Meglio (Dimhotels) contenute negli atti d’indagine.

Il pm ha preso atto dello “sbarramento”, e alle ore 13.30 ha iniziato la lunga requisitoria finale. Una requisitoria a tratti invero non brillantissima, spesso interrotta per cercare di riprendere le fila del discorso in un impianto accusatorio frammentato, come la stessa vicenda processuale: il pm ha infatti ricordato che il processo fu presto “spacchettato”, in modo tale che i vertici della Cpl Casari, Verrini e Simone per competenza territoriale sono stati giudicati da altri magistrati. La dottoressa Carrano ha ribadito che la società cooperativa emiliana ha fatto sistematico ricorso all’erogazione di indebite utilità ad amministratori comunali per ottenere favori. La gestione dei rapporti con tali esponenti degli enti locali sarebbe stata condotta creando un sistema illegale di asservimento delle istituzioni pubbliche agli interessi della Cpl, utilizzando anche fondi neri occultati in Tunisia tramite la società “Tunita”, per il pagamento delle tangenti in Italia. Vari e ampi riferimenti sono stati fatti alle intercettazioni telefoniche e ambientali per suffragare la tesi di un sistema corruttivo con connotazioni diverse dalla classica tangente in denaro, assumendo le sembianze di contratti di consulenza, affidamenti di incarichi, assunzioni di determinate persone. Tutte attività che, secondo la pubblica accusa, coinvolgevano i due imputati Giosi Ferrandino e Silvano Arcamone (ieri presenti in aula), legati da un «rapporto ultradecennale» ai vertici delle amministrazioni di Casamicciola prima e di Ischia poi. Un rapporto fiduciario come dettato dalla legge Bassanini, con il difetto, tipico di questa normativa (almeno a giudizio del pm), costituito dal fatto che il dirigente dell’Ufficio tecnico resta legato a filo doppio alla politica. Il pubblico ministero ha riconosciuto che nessun atto amministrativo riguardante le opere di metanizzazione è mai stato emanato dall’allora sindaco Giosi Ferrandino, proprio perché non poteva farlo: era un compito che spettava all’ufficio tecnico, guidato dall’architetto Arcamone. Tuttavia, ha dichiarato il pm, la divisione dei ruoli disegnata dalla legge Bassanini non significa che l’autonomia del dirigente dell’Utc sia una scriminante per le responsabilità dell’organo politico, cioè del sindaco. L’interlocuzione costante con la Cpl Concordia toccava dunque a Silvano Arcamone, alle prese con varianti in corso d’opera e le possibili estensioni della rete metanifera, e la dottoressa non ha esitato a definire il responsabile dell’Utci come la “longa manus” di Giosi, impegnato ad emanare atti amministrativi su impulso del sindaco che voleva favorire la cooperativa. Il primo cittadino è stato dipinto come completamente asservito agli interessi della Cpl, dietro corrispettivo di alcune utilità.

Il contratto di consulenza del fratello del sindaco, l’avvocato Massimo Ferrandino, con la società emiliana, secondo la pubblica accusa è «strettamente funzionale» ai favori che Giosi avrebbe fornito alla Cpl tramite il suo ruolo istituzionale. Il pm si è soffermato sui termini dei due contratti che Massimo Ferrandino stipulò: il primo nel 2011, per 2500 euro mensili, il secondo per 4500, con alcune caratteristiche definite “anomale”. Il teste Costa, secondo il pubblico ministero, avrebbe confermato che il ruolo di Massimo era poco chiaro. La funzionalità del suo contratto di consulenza con i favori assicurati dal fratello alla società sarebbe confermata da un’intercettazione tra Verrini e Massimo (citata più volte in questi anni di processo), in cui l’avvocato ischitano rivendicherebbe l’importanza del suo ruolo nella risoluzione di alcune lentezze circa la metanizzazione a Ischia, mentre in altra intercettazione l’ingegner Lancia si lamentava degli intoppi nell’iter di adesione all’accordo di programma tra i Comuni dell’isola (Forio secondo i tecnici comunali non poteva aderire al project financing lanciato dalla Cpl, nonostante la buona disposizione del sindaco Del Deo), cosa che avrebbe fatto perdere i finanziamenti pubblici. La requisitoria è andata avanti lungo questo canovaccio ormai ben noto, almeno per chi ha avuto la pazienza di seguire i resoconti delle udienze, col pm impegnato a dimostrare che Giosi era considerato il riferimento della Cpl sull’isola, colui che attraverso il suo ruolo poteva sollecitare gli altri sindaci ad aderire al progetto.

Un altro punto su cui il pm ha insistito era il famigerato pagamento dell’ultimo Stato di avanzamento dei lavori (Sal) risalente al 2013: il pagamento aveva subìto un rallentamento per la mancata predisposizione dell’adeguata documentazione, ma secondo il pm la vera ragione del ritardo stava nella mancata assunzione nel cantiere di una persona segnalata. Ulteriore capitolo della requisitoria è stato ovviamente quello riguardante la nota convenzione “vuoto per pieno” stipulata tra la Cpl e l’hotel Le Querce della famiglia Ferrandino, un accordo che secondo il pm dimostrerebbe un consolidato sistema di scambio di favori, in quanto i termini della convenzione erano in apparenza ampiamente sfavorevoli alla Cpl Concordia, eppure nonostante il passivo registrato il primo anno, l’accordo fu rinnovato a condizioni ancor più gravose. Ancora una volta è stata citata la famosa intercettazione con la frase «Ha detto Giosi che andiamo tutti in galera», dove l’incertezza dell’attribuzione è respinta dal pm, convinta che sia realistico pensare all’ex sindaco come colui che pronunciò tale frase in origine. Citati anche il fax inviato dall’hotel Le Querce a Verrini, con il messaggio relativo alle assunzioni alla Coopgas (società collegata alla Cpl), e la questione dei “tappetini”, cioè la riparazione del manto d’asfalto dopo la posa delle condotte, risolta con l’interlocuzione dell’architetto Arcamone.

Infine, in merito alla nuova contestazione, mossa una settimana fa a Giosi Ferrandino e relativa all’aver favorito l’uso di uno scavo a via De Luca per la metanizzazione da parte degli alberghi della famiglia Di Meglio per il passaggio di una tubatura termale, il pm ha citato le sommarie informazioni rese dal signor Antonio Di Meglio, il quale dichiarò di non aver chiesto alcuna autorizzazione. Soprattutto, l’accusa ha definito la documentazione della difesa come “parziale”, perché i lavori iniziarono sì nel 2006, quando Giosi non era ancora stato eletto sindaco, ma essi dopo un’interruzione terminarono nel 2010.

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Dopo la lunga discussione, il pm ha quindi enunciato la richiesta di condanna pur con l’applicazione delle attenuanti generiche. Erano ormai passate le ore 16, e l’uditorio era già fortemente provato dalla requisitoria, ma l’udienza è continuata con le arringhe degli avvocati Roberto Guida e Gennaro Tortora, difensori dell’architetto Arcamone, che hanno sostenuto con forza la completa estraneità dell’ex responsabile dell’Ufficio tecnico di via Iasolino all’accusa mossagli, chiedendo la piena assoluzione. La difesa ha ironicamente sottolineato che il pm sembra aver finalmente riconosciuto, proprio in chiusura del processo, che l’amministrazione Ferrandino non ha mai avuto a che fare con l’appalto assegnato alla Cpl. Intanto l’ora tarda ha indotto a rinviare l’arringa degli avvocati Furgiuele e Vignola, difensori di Giosi Ferrandino. Il Presidente Pellecchia ha infine stabilito che la discussione si concluderà il 9 gennaio, quando il pm depositerà una corposa memoria, mentre una settimana dopo, il 16, ci sarà spazio per le repliche del pubblico ministero e, forse, per la sentenza. Dunque ci sarà da attendere ancora un mese per conoscere l’esito del processo.

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Francesco Ferrandino

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