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Siena: realtà travisata, c’è il ricorso al Consiglio di Stato

Dopo la sentenza del Tar Campania, che aveva annullato l’ordinanza di sequestro del Parcheggio posto all’ingresso di Ischia Ponte, l’avvocato Bruno Molinaro deposita il suo appello per conto del Comune di Ischia contro la Turistica Villa Miramare. E sono davvero chiare, inequivocabili e pesanti le motivazioni per le quali si chiede l’accoglimento

Tutto come da copione e nessuna sorpresa, visto che l’incarico legale era già stato affidato e dunque la rotta che intendeva seguire il Comune era abbastanza chiara e se vogliamo pure scontata. L’ente di via Iasolino, infatti, dopo aver visto prevalere le sue ragioni in sede penale (con il sequestro dell’immobile che è stato confermato) adesso vuole prendersi la “rivincita” anche in sede amministrativa contro un provvedimento che ha sancito per il tramite del Tar l’annullamento dell’ordinanza comunale che provvedeva di fatto a sequestrare il Parcheggio La Siena, posto all’ingresso di Ischia Ponte. L’ente di via Iasolino ha deciso di ricorrere in appello affidandosi all’avvocato Bruno Molinaro contro la Turistica Villa Miramare spa (nella persona dell’amministratore unico Generoso Santaroni) nonché nei confronti della Soprintendenza di Napoli, del Ministero della Cultura, per l’annullamento della sentenza n. 1633/2024 emessa lo scorso 24 gennaio dalla VI Sezione del Tar Campania.

Nella parte iniziale del ricorso vengono riassunti tutti gli eventi così come succedutisi a partire dal 26 novembre 2010, data in cui il Comune rilasciò alla società Turistica Villa Miramare il permesso a costruire n. 38 per la realizzazione di una sala polivalente auditorium e di un parcheggio interrato in località Siena. L’atto redatto da Bruno Molinaro è come al solito davvero minuzioso e risulta interessante e oltremodo “intrigante” nel primo motivo di ricorso dove si parla di “error in iudicando” e nello specifico di “falsa percezione ed erronea valutazione del contenuto materiale degli atti del giudizio. Travisamento del fatto. Violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di Scia, Dia, autorizzazione paesaggistica e tutela dell’affidamento. Contraddittorietà della motivazione, eccesso di potere giurisdizionale”. Un elenco di contestazioni che lascia intendere come il Tar nel prendere la sua decisione abbia travisato una serie di fatti che secondo l’avvocato Molinaro sarebbero invece chiari ed inoppugnabili.

Contestazioni che vengono poi via via ribadite in diversi passaggi del lunghissimo documento dover ad esempio si evidenzia che “La sentenza impugnata è affetta innanzitutto da grave errore percettivo nella parte in cui, nell’accogliere il ricorso proposto dalla società Turistica Villa Miramare avverso l’ordinanza n. 31/2023, assume, contro ogni evidenza documentale, che le opere sanzionate dal Comune di Ischia siano esclusivamente quelle oggetto delle SCIA e DIA presentate tra il 2014 e il 2021. Invero, nel pervenire a tale conclusione, il TAR ha sorprendentemente omesso ogni valutazione sia della analitica motivazione posta a base della ingiunzione di demolizione e rimessione in pristino dell’originario stato dei luoghi, sia del contenuto della relazione del 6 marzo 2023, prot. n. 9953, in essa richiamata, di ben 48 pagine, a firma congiunta del Responsabile del Servizio 5, ing. Francesco Iacono, e del tecnico comunale, geom. Filippo Buono), ampiamente corredata da riproduzioni grafiche, rilievi fotografici e rilievi GPS, nemmeno contestati o contestabili dalla società ricorrente. Sia la relazione in questione che la successiva ordinanza che ne recepisce le conclusioni evidenziano – come è agevole rilevare anche ad un primo sommario esame – plurimi abusi, confermati anche dal consulente del Procuratore della Repubblica e dal Tribunale del Riesame con ordinanza ormai irrevocabile, ovvero opere realizzate in assenza di titolo, in difformità o con variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire n. 38/2010, sprovviste di autorizzazione paesaggistica e per di più eccedenti anche rispetto alle SCIA e alla DIA presentate tra il 2014 e il 2021”.

Secondo il legale i giudici della VI Sezione hanno “sorprendentemente omesso ogni valutazione sia della analitica motivazione posta a base della ingiunzione di demolizione e rimessione in pristino dell’originario stato dei luoghi”

All’indirizzo dei giudici amministrativi arriva anche un’altra stoccata: “Leggendo la sentenza, si ha l’impressione che il T.A.R., pur a fronte del poderoso compendio probatorio posto a base del proprio provvedimento sanzionatorio, immediatamente ed oggettivamente rilevabile, sia incorso in una inspiegabile svista, in un vero e proprio abbaglio dei sensi in ordine alle risultanze materiali del processo, tale da determinare una grave anomalia dello stesso procedimento logico di interpretazione, con conseguente illegittimità della decisione assunta”. L’avvocato Molinaro rincara ulteriormente la dose e in un ulteriore passaggio scrive: La tesi sostenuta dal T.A.R. non trova riscontro né nel diritto vivente né nella normativa richiamata nella sentenza impugnata, la cui interpretazione letterale e logico-sistematica consente di pervenire, per gli interventi da eseguire in zona vincolata, a ben diverse conclusioni. In particolare, la tesi secondo cui sarebbe sufficiente per il privato dichiarare semplicemente in una DIA o in una SCIA la irrilevanza paesaggistica dell’intervento per farne derivare il perfezionamento della fattispecie procedimentale una volta decorso il termine di legge, con la sola possibilità per l’amministrazione che ritenga eventualmente il contrario di procedere al riesame del titolo in autotutela, non è giuridicamente supportata e trova netta smentita nella prevalente giurisprudenza amministrativa.

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Poi arriva un’ulteriore sottolineatura: “Va ancora una volta ribadito che la dichiarazione di inefficacia di una DIA o una SCIA non è altro che la presa d’atto dell’assenza del titolo concorrente, ovvero dell’autorizzazione paesaggistica, sicché è del tutto fuori luogo sostenere – come leggesi nella sentenza impugnata – che tale dichiarazione dovesse essere preceduta dall’esercizio del potere di autotutela, applicabile, come è noto, ai soli casi di illegittimità dell’atto, non anche a quelli in cui si controverte della sua inefficacia. In tali situazioni, infatti, non può parlarsi di annullamento in senso tecnico, in assenza di un provvedimento di secondo grado, e l’amministrazione, non essendosi perfezionata la fattispecie normativamente tipizzata, ben può accertare e dichiarare, in qualunque momento, l’inefficacia della segnalazione, non venendo in rilievo nemmeno il fattore tempo”. Non è tutto, l’avvocato nel suo ricorso ricorda ancora che “se è pur vero che l’Ing. Francesco Fermo aveva accertato la conformità per sagoma (invero gli accertamenti successivi e la sovrapposizione effettuata dall’ausiliario di P.G. Geom. Antonio Sessa dimostrano che la sagoma non è conforme), superficie e volume, è altrettanto vero che tutte le opere oggetto della DIA e delle SCIA presentate erano prive dell’autorizzazione paesaggistica. Del resto, lo stesso Fermo, nel corso dell’ultimo sopralluogo effettuato, ebbe a rilevare un incremento di altezza di 40/60 cm rispetto alla quota di via Pontano, sì da avvertire la necessità di una definitiva valutazione ad opera della Soprintendenza, nella consapevolezza che il rialzo rispetto alla strada finiva per incidere in modo rilevante sull’aspetto esteriore dei luoghi. Peraltro, la conformità di superficie e volume non costituiva affatto accertamento di conformità, avendo proprio il Fermo accertato una difformità sulla quota della copertura. Il successivo accertamento Sessa rilevava, poi, oltre alla difformità sulla quota, anche una rilevante difformità conseguente ad una traslazione dell’opera, con evidente superamento del limite di tolleranza”. Da qui la richiesta di Bruno Molinaro che conclude per l’accoglimento del ricorso.

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