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Strage di pini al Bosco della Maddalena, l’sos del Comune

CASAMICCIOLA TERME. Il Comune termale lancia l’allarme: i pini del Bosco della Maddalena stanno morendo. È questa la situazione emersa all’esito di un sopralluogo effettuato il 30 ottobre scorso dal responsabile dell’ufficio tecnico di Casamicciola, insieme al dottor Massimo Malatesta. I due hanno ispezionato minuziosamente la parte bassa del bosco, documentando l’escursione con una serie di fotografie ,e stilando una relazione inviata alla Città Metropolitana di cui viene invocato il necessario supporto per far fronte ai problemi e ai pericoli riscontrati.

La pineta versa purtroppo in uno stato di abbandono molto pericoloso, in quanto molte piante sono secche, molte altre sono cadute per il forte vento, e tutte insieme costituiscono una miscela potenzialmente pericolosa ove si pensi al rischio-incendi, che nelle attuali condizioni del bosco sarebbe devastante. Tra l’altro, le piante sono molto ravvicinate tra loro e questa condizione costituisce di fatto un’altra criticità nella non facile gestione dell’intera pineta, che richiede una cura attenta, costante ma anche mirata, tesa a salvaguardare quello che resta un immenso e importantissimo patrimonio verde dell’intera isola.

Diventa dunque essenziale cercare di limitare gli incendi al minimo, anzi possibilmente evitare il pericolo alla radice, tramite una mirata opera di prevenzione, perché la pineta casamicciolese, vista l’altissima densità di alberi resinosi e la conseguente formazione di un tappeto di aghi secchi, comporta condizioni di rischio-incendio davvero molto alto.

L’ufficio tecnico di Casamicciola ha di conseguenza elaborato alcune proposte: bisogna dapprima analizzare tutto il territorio coperto dal bosco, “mapparlo”, e individuare i punti critici. Poi si dovrà realizzare i cosiddetti viali tagliafuoco, atti a limitare il rischio di estensione degli incendi. Oppure, si pensa alla tecnica del cosiddetto “fuoco programmato”. La sperimentazione di questa tecnica è tuttora in corso in Toscana e in altre zone della Campania. Si tratta della combustione controllata, in inverno, dello strato infiammabile che si accumula al suolo in certi tipi di boschi, appunto, come le pinete nostrane. Tale procedimento rende meno probabile un incendio o, almeno, nella malaugurata ipotesti che esso si inneschi, ne riduce sensibilmente l’intensità. In Campania sono bruciati alcuni ettari di bosco trattati con il fuoco preventivo, accanto ad altri non trattati, e sembra che i primi siano stati molto meno danneggiati dei secondi.

Un altro metodo, molto antico, per rendere il Bosco della Maddalena più resistente agli incendi, è quello della ceduazione, consistente nel diradamento compiuto ogni trenta-quarant’anni per produrre legna da ardere.

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Le proposte elaborate dall’ufficio tecnico non finiscono qui. Sono auspicabili anche interventi colturali di potatura, come il taglio dei rami bassi, che accompagnino il bosco verso la maturità, in quando, con alberi grandi e molta più umidità al suolo, diventano meno infiammabili. Il Bosco della Maddalena, per il suo altissimo valore ambientale, necessità di strategie di lotta contro gli incendi boschivi che comprendono anche misure di tipo preventivo, così come pure il monitoraggio dei pericoli, l’organizzazione dei corpi pompieri e il miglioramento delle infrastrutture d’intervento. Tali misure spaziano dalla messa in sicurezza dei pendii allo scopo di prevenire l’erosione, la caduta di frane e di sassi, fino alla predisposizione di opere di difesa contro le valanghe e la realizzazione di rimboschimenti. Secondo l’Utc nella Pineta della Maddalena è opportuno aumentare la percentuale di specie arboree provviste di corteccia spessa e in grado di emettere “polloni” (quella parte di una pianta  sotto forma di ramo che si sviluppa direttamente sul tronco o ai piedi dell’albero, a volte anche direttamente dalla radice) dopo un incendio, dunque sarebbe consigliabile la piantumazione di piante di leccio, corbezzolo, sorbe e altre specie mediterranee, ma anche l’utilizzazione di piante che resistono meglio agli incendi, come il “Cupressus sempervirens L. var. horizontalis”. Questa piante è stata analizzata nel dettaglio dai ricercatori del Forest Fine Laboratory di Inia-Cifor in Spagna, e dall’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Firenze.

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Per quanto riguarda le operazioni da effettuare nel breve periodo, la priorità va all’eliminazione delle piante di pino secche: dopo aver compiuto un sopralluogo esteso all’intero bosco, si dovrà procedere con immediatezza al taglio e all’asportazione di tutte le piante secche e di quelle malate. In seconda battuta, si dovrà eseguire un’attenta pulizia del sottobosco, eliminando sia il tappeto degli aghi di pino sia i vari materiali di risulta abbandonati.

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