CRONACAPRIMO PIANO

Mazzella e le “ferite” del Covid: «Un’azienda su cinque rischia di non riaprire»

Apprezzato commercialista, in passato più volte anche amministratore locale a Ischia. Con Salvatore, per tutti “Bambeniello”, abbiamo fatto un’analisi lucida – e anche spiegata – dai danni che la pandemia ha lasciato e soprattutto rischia di lasciare sul tessuto economico isolano

Già in un passato anche recente, in una serie di lucide analisi da addetto ai lavori e quindi da parte di chi ha la fotografia di una realtà di un territorio come il nostro bene impressa, hai sottolineato il fatto di come il sistema Ischia fosse terribilmente in crisi. Ora, posso chiederti alla luce di un anno terribile, per i motivi che conosciamo, la fotografia qual è?

«Il 2020 sarà un qualcosa di orrendo da un punto di vista economico e sociale, le aziende hanno lavorato al trenta per cento dell’anno precedente, che cosa vuoi aspettarti? »

In termini di ricadute negative che cosa bisogna dunque attendersi?

«Bisogna attendersi che inevitabilmente ci saranno tante difficoltà e diverse aziende che non avranno la possibilità di riaprire».

Come si fa a quantificare la mazzata che si porterà a bilancio l’economia di casa nostra?

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«Io penso che un buon 20 per cento delle aziende che avevano già difficoltà in precedenza, avranno difficoltà a continuare l’attività per il 2021. Ci sarà una quota che purtroppo abbasserà la saracinesca e non la riaprirà poi in primavera. Si corre questo rischio, bisogna guardare in faccia la realtà: inutile negarselo»

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«I conti sono presto fatti. L’isola ha perso il 70 per cento del prodotto interno lordo che ha realizzato nel 2019».

Conosci a menadito il territorio non soltanto per l’attività professionale che svolgi ma anche perché sei stato a più riprese amministratore locale. I danni che ha prodotto il Covid, sommati alle “ferite” che già si portava dietro Ischia, in che misura rischiano di ridisegnare il territorio? Faccio un paio di esempi, favorendo una sorta di drammatica selezione naturale, causando un nuovo fenomeno di emigrazione: insomma, cosa è lecito aspettarsi?

«Vedi, il fenomeno di emigrazione c’è sempre stato e negli ultimi anni si è accentuato anche in modo particolare. Tutto ruota attorno ad una considerazione: non sappiamo a oggi se il 2021 sarà un anno di ripresa o piuttosto di “altalenanza economica”. Ed è chiaro che molto dipende da quando il turismo potrà tornare a rimettersi in moto, parliamo della fonte primaria della nostra economia. Perché oggi vediamo che sopravvivono le aziende della distribuzione e quella dei servizi, o meglio di alcuni servizi. Il commercio è completamente fermo, la ristorazione altrettanto, e l’industria alberghiera e termale ha lavorato quest’anno soltanto tra i sessanta e i novanta giorni. Se guardo al prossimo Natale non credo che si possa prevedere di riaprire come strutture o come momento di svago per i turisti italiani o stranieri, e quindi dobbiamo rimandare tutto alla prossima primavera-estate. Sperando, naturalmente, che nel frattempo il vento cambi…».

«Il pericolo di infiltrazioni per la crisi strisciante? Ischia non ha mai consentito l’accesso nel tessuto sociale ed economico di personaggi discutibili. E’ chiaro che questo rischio in linea ipotetica potrebbe esserci, ma va rimarcato che sappiamo da sempre prestare la doverosa attenzione ad eventuali “sirene”»

Domanda magari un pò’ complessa: fino a che punto è colpa del covid, e fino a che punto sull’isola ci sono aziende a cui il coronavirus in fondo non ha fatto altro che dare il colpo di grazia?

«Il discorso è che su Ischia la maggior parte delle aziende, quelle a carattere familiare e diciamo con una situazione patrimoniale solida, non hanno subìto grandi contraccolpi: magari un anno si chiude anche in perdita, però questo passivo accumulato per l’esercizio 2020 può essere attenuato con la grande patrimonializzazione che ci si ritrova. Ma è altrove che risiedono le magagne…».

Ossia?

«Il problema investe l’intera filiera di piccola e media impresa, tutti i piccoli imprenditori che purtroppo per un certo periodo hanno vissuto sempre una fase di espansione e che quest’anno, venuto meno quello che è l’intero indotto, si sono trovati in grosse difficoltà. Penso ad esempio alle categorie dei bus turistici, dei trasporti, dei taxi, dei microtaxi, dei piccoli artigiani che non possono prescindere dal turismo. E qui torniamo a quello che dicevo prima: la grande distribuzione, quella alimentare, ha sì avuto un calo, però è un calo fisiologico dovuto anche alla mancanza di turisti, mentre gli altri settori sono andati completamente in crisi. Quello alberghiero ha ovviamente pagato il mancato arrivo di clienti e quindi da qui nascono le perdite di cui ho accennato in precedenza. A fine anno ci troveremo a tracciare un rendiconto di “lacrime e sangue” per il 2020 con la prospettiva e la speranza che per la prossima primavera per alberghi, ristoranti e altre attività si rimettano in moto certi meccanismi. E poi…».

E poi?

«Penso al commercio, in particolare a un comparto come quello dell’abbigliamento e della moda, che davvero quest’anno ha lavorato a scartamento ridotto potendo contare su flussi turistici praticamente limitati a luglio ed agosto. Per il resto la clientela è stata esclusivamente isolana, è chiaro che i contraccolpi sono stati e saranno pesanti. E purtroppo anche le festività natalizie, ribadisco il concetto, non sembrano promettere nulla di buono. Le frontiere sono chiuse, la pandemia è ancora nel pieno, non c’è la possibilità di viaggiare, diventa tutto terribilmente più difficile».

Voglio essere crudo e diretto: quante aziende rischiano, stavolta, di dovere realmente alzare bandiera bianca?

«Io penso che un buon 20 per cento delle aziende che avevano già difficoltà in precedenza, avranno difficoltà a continuare l’attività per il 2021. Ci sarà una quota che purtroppo abbasserà la saracinesca e non la riaprirà poi in primavera. Si corre questo rischio, bisogna guardare in faccia la realtà: inutile negarselo».

«Il covid è un qualcosa di inimmaginabile. Il momento attuale è di quelli che colpisce profondamente ma di fronte al quale possiamo soltanto sperare che tutto passi in fretta. Speriamo che questi vaccini siano efficaci e che possano restituire al mondo intero quella serenità che adesso manca»

Le responsabilità sono tutte del Covid o anche il tessuto isolano ha qualche responsabilità e deve di conseguenza recitare il mea culpa?

«No, non credo che il tessuto abbia qualche colpa particolare, né tantomeno posso affermare che non abbia tenuto. In fondo in questi anni ho potuto constatare una grande vicinanza delle amministrazioni pubbliche alle aziende, e quindi c’è stata questa sinergia tra le associazioni di categoria e gli enti locali, spesso si è andati di concerto e in sinergia. Se proprio dovessi dire cosa stiamo pagando? Beh, scontiamo la cronica incapacità ad attrezzarci sul territorio e a venire incontro a quelli che sono stati gli input di un certo tipo di clientela. Provo a semplificare il concetto: il discorso che abbiamo verificato è che negli ultimi periodi l’isola era riuscita a riconquistare una fetta di mercato turistico di un certo livello, quest’anno è venuta meno anche quella per effetto della maledetta pandemia. Se noi però non ci perdiamo d’animo e abbiamo la capacità di insistere in questo ragionamento, e quindi di migliorare il tessuto urbanistico dell’isola, abbiamo la capacità di creare più zone verdi, più aree pedonali, far cambiare anche il modo di vivere e pensare degli stessi isolani, facendo abbandonare magari le autovetture e tutto l’inquinamento atmosferico penso che facciamo un bene all’intero settore e all’intera isola per potere riprendere quel discorso di isola verde. Non solo sulla carta, ma finalmente di nuovo nell’accezione letterale del termine».

Voglio farti una domanda un pò’ particolare: c’è il rischio con questa crisi che molte attività, e soprattutto mi riferisco a molti immobili, finiscano in mani innanzitutto non isolane e poi non proprio raccomandabili?

«Quello che posso dirti con certezza è che Ischia ha sempre tenuto ferma una sua posizione, quella di non consentire l’accesso nel territorio e nel tessuto sociale ed economico di personaggi discutibili. Ha sempre cercato di difendersi e fin qui ci è riuscita. E’ chiaro che questo rischio in linea ipotetica potrebbe essere corso, ma va rimarcato che abbiamo un tessuto economico che presta la doverosa attenzione alle allettanti “sirene” che potrebbero arrivare in un momento di crisi come questo, e poi abbiamo anche una grande operosità delle forze di Polizia che fanno verifiche sul territorio, sulle aziende, su tutte transazioni più o meno grosse che avvengono. Credo ci siano tutti gli elementi per poter sostenere che questo pericolo per Ischia sia allo stato dell’arte molto, ma molto lontano».

La vicenda del bar Calise è un caso a sé stante o vuole essere anche una metafora di un’Ischia probabilmente destinata a non esserci più?

«Per quanto riguarda Il bar Calise, non conosco nel dettaglio quello che sta succedendo e dunque non posso commentare le voci che pure si rincorrono. Posso dire però che io conosco il cavaliere Emiddio Calise come grande imprenditore, che ha dato l’anima per i suoi dipendenti e per le sue aziende e quindi mi auguro che abbia la capacità e la possibilità di risolvere questo momento, ma la situazione del cavaliere Calise e della sua famiglia è da giudicare con grande rispetto, e con grande solidarietà, augurandoci tutti che al più presto possa uscire da questa fase e che le sue aziende possano riaprire e continuare a dare lustro all’isola e garantire occupazione a tanti lavoratori».

Sappiamo che sei familiarmente coinvolto, però vogliamo confidare nella tua obiettività, e allora ti chiedo: in che cosa promuovi e in che cosa meno l’amministrazione guidata da Enzo Ferrandino, così parliamo anche un pò di politica?

«In questo momento io posso dire che l’amministrazione Ferrandino è stata vicino alle aziende, ai dipendenti e diciamo al tessuto economico e sociale ischitano. Non mi pare che abbia fatto una politica aggressiva per mettere le mani nelle tasche dei cittadini, ha dato quello che la legge consentiva di dare, forse anche qualcosa in più assumendo le responsabilità che devono essere proprie degli amministratori. Quindi in questo momento non posso dire che chi guida il paese non abbia fatto niente. Ha predisposto il credito di imposta delle aziende che assumevano i dipendenti e questo credito di imposta può essere poi compensato con imposte comunali, e quindi non mi pare che abbia attivato una politica del tipo: “Non concediamo suolo pubblico, oppure non vi consentiamo di fare questo”. Vedo inoltre grande sinergia anche con le associazioni di categoria, e questo è da accogliere con favore perché ritengo che in un momento così delicato fare fronte comune è fondamentale per riuscire a superare la crisi che oggettivamente esiste».

L’ultima domanda, questa davvero intima e personale. Qualche annetto Salvatore Mazzella ce l’ha, e allora mettiamola così: se appena un anno fa ti avessero detto che in vita tua ti sarebbe toccato vedere anche questa (e mi riferisco al covid), che cosa avresti pensato?

«Guarda, abbiamo superato tante crisi, eppure una come questa non mi era mai capitata. Io ricordo nitidamente l’epidemia di colera del 1974, poi non potrò mai dimenticare il terremoto in Campania, ricordo anche altri momenti particolari che abbiamo vissuto, ma un fatto come questo credo fosse inimmaginabile per ciascuno di noi. Il mio pensiero corre alle tante persone che sono malate, che versano tuttora in terapia intensiva, ma soprattutto a coloro che non ce l’hanno fatta. Ancora oggi c’è gente che soffre, il momento attuale è di quelli che colpisce profondamente ma di fronte al quale possiamo soltanto sperare che tutto passi in fretta. Speriamo che questi vaccini siano efficaci e che possano restituire al mondo intero quella serenità che adesso manca».

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