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Parcheggio ex Jolly, non è finita: depositato il ricorso al Consiglio di Stato

La partita non è ancora finita. Se qualcuno, sia pure per ventiquattro massimo quarantott’ore, aveva pensato che gli albergatori alzassero bandiera bianca dopo la pronuncia del Tar, ecco che adesso arriva l’ufficialità di quanto era già noto. Gli imprenditori che fanno capo alle strutture che si oppongono alla realizzazione del parcheggio denominato ex Jolly hanno depositato il ricorso con cui chiederanno al Consiglio di Stato di riformare l’ordinanza cautelare del Tar, pubblicata lo scorso 26 ottobre, che di fatto ha concesso il nulla osta alla ripresa dei lavori precedentemente stoppati da una sospensiva concessa dallo stesso tribunale amministrativo. Partiamo subito da un assunto: il ricorso si fonda per ovvi motivi su criteri di natura tecnica e, soprattutto, è un vero e proprio romanzo. E’ chiaro che allora abbiamo cercato di riassumerne alcuni punti, nella speranza che tornino utili ai nostri lettori per capire le ragioni dei ricorrenti. Nell’attesa del 21 dicembre, quando si svolgerà l’udienza, che in teoria potrebbe essere un “regalo di Natale” per una delle parti in causa (l’altra ovviamente è il Comune di Ischia).

IL POSSIBILE INQUINAMENTO A SEGUITO DI TRIVELLAZIONE. Nel fare inizialmente una ricostruzione storica dei fatti, si rende noto, relativamente alla struttura in questione che “al trattarsi di parcheggio pluriplano interrato, le opere di escavazione e trivellazione necessarie per realizzarlo determinano l’insorgenza di fenomeni di inquinamento e/o disfacimento del terreno soprastante la falda. Nella prospettazione delle appellanti, peraltro, è senz’altro ragionevole ritenere che ciò non costituisca un semplice pericolo, anche perché, come si chiarirà in diritto, gli atti abilitativi la realizzazione dell’intervento si presentano, inspiegabilmente, lacunosi sotto il profilo istruttorio, specie quanto alla corretta considerazione del contesto geomorfologico e idrogeologico dell’area oggetto di localizzazione così come di quello paesaggistico, urbanistico ed edilizio della zona”. E nello specifico vengono citate ancora una volta la relazioni geologiche del geologo Luigi Pianese revisionate dal prof. Vincenzo Piscopo, altro luminare del settore.

QUEGLI ELABORATI “TRAVESTITI” DA PIANI DI SICUREZZA. Poi, successivamente, vengono indicate una serie di carenze (cd “error in iudicando”) che sarebbero stati commessi dal Tar in sede di giudizio. Secondo i ricorrenti, infatti, “i Primi Giudici hanno affrontato solo parte delle critiche sollevate in primo grado, omettendo, per converso, di appuntare l’attenzione su profili vizianti di sicuro rilievo. Infatti: a) dalla lettura dell’ordinanza impugnata, nonché della documentazione depositata in atti dalla stessa Amministrazione e, ancora dai successivi interventi riconducibili alle note della Direzione Generali per lo Sviluppo Economico e attività produttive della Regione, appare poco controvertibile la conclusione per la quale, solo a giudizio instaurato, chi di dovere si induca a prendere in seria considerazione la geologia e la idrogeologia dello stato dei luoghi, i rischi di inquinamento riconnessi all’intervento, misure esecutive che afferiscono alla concreta attuazione dell’intervento. b) nella stessa linea argomentativa – il dato è sfuggito ai Primi Giudici – addirittura, come emerge dalla relazione a firma dell’Ing. De Marco (denominata fatalmente ‘verifiche ed accorgimenti …intervenuti nella fase di redazione progettuale, per scongiurare l’evenienza di situazioni di pericolose (per la falda) sia durante la fase di esecuzione degli scavi, sia nella fase di realizzazione delle opere progettate’, solo il 21.09.2017 (ad approvazione del definitivo e dell’esecutivo ampiamente avvenuta e a validazione del progetto già eseguita), sarebbero stati trasmessi degli elaborati verosimilmente ‘travestiti’ da piani di sicurezza, ‘con cui si è inteso, sulla base dei nuovi dati rilevati, dettagliare molto spinte le fasizzazioni degli scavi e le modalità con cui gli stessi dovevano essere eseguiti per garantire la minima esposizione temporale del tetto di falda a qualsivoglia pericolo che si fosse evidenziato in fase di esecuzione dei lavori’. Elaborati approvati in linea tecnica dal Comune di Ischia il successivo 25.09.2017. Con il che, all’evidenza, è dimostrato per tabulas la lamentata non cantierabilità dell’opus, approvata dall’Amministrazione con gli atti gravati.

IL DEFICIT ISTRUTTORIO E IL MANCATO COINVOLGIMENTO DELLA REGIONE. I difensori dei ricorrenti calcano ancora la mano e aggiungono che “in costanza di tale situazione fattuale, dunque, erroneamente l’ordinanza impugnata ha rigettato, con motivazione inesistente, i profili di doglianza sub B) e C) della sezione VI del motivo aggiunto n. 3 articolato in prime cure. Profili deputati, distintamente, a censurare l’assoluto deficit istruttorio degli atti impugnati (tra cui deliberazioni di G.M. di approvazione del definitivo e dell’esecutivo, nonché validazione dell’esecutivo) che neppure considerano la effettiva situazione idrogeologica e idrogeochimica (anche) dell’area interessata dall’intervento, quale descritta dalle deliberazione di G. R. Campania n. 633/2016 e legalmente conosciuta per effetto della pubblicazione in BURC di quest’ultima, nonché l’assenza di ogni coinvolgimento dell’Amministrazione Regionale, titolare dell’interesse pubblico specifico, nella valutazione di compatibilità dell’intervento, quand’anche in applicazione doverosa del principio di leale collaborazione tra Enti (ex art. 5 e 118 Cost.). La fondatezza della doglianza si apprezza sol che si consideri, alla luce di quanto esposto sub a) e b), che ogni ‘accorgimento’ a cui oggi si ‘ripara’ integra, di fatto e tra l’altro, variante dei progetti già approvati per carenza originaria degli stessi, sì come reiteratamente denunziato in primo grado. Si insiste per l’accoglimento”.

I RISCHI PER LE ATTIVITÀ ALBERGHIERE DELLA ZONA. Poi si passano ad evidenziare anche i rischi per le attività imprenditoriali della zona: ” Si evidenzia al riguardo che l’introduzione in falda di inquinanti è situazione ex sé irreversibile: una volta prodottasi, in sintesi, non si può tornare indietro, nel mentre, sospesi gli atti gravati, vi è senz’altro tempo e modo di realizzare, all’esito del giudizio, l’intervento contestato. Specie in ossequio al principio euro-unitario di precauzione, la comparazione degli interessi contrapposti impone senz’altro la sospensione degli atti impugnati anche perché l’avversa deduzione difensiva comunale, concernente la presunta perdita del finanziamento finalizzato alla realizzazione dell’intervento ove non completato entro il 31.12.2017, non ha ragion d’essere: il cartello di cantiere indica infatti in 210 giorni il termine di completamento dell’opera, di talché computando lo stesso a partire dalla consegna dei lavori (giugno 2017), è certo che, per mera operazione matematica, il termine del 31.12.2017 non poteva (neanche ex ante), in ogni caso, essere rispettato. Peraltro, essendo la domanda cautelare proposta a tutela di diritti fondamentali (integrità dell’ambiente, integrità del patrimonio paesaggistico, libertà di impresa), al più, in una prospettiva comparativa, l’omessa sospensione degli atti gravati dovrà condurre il Collegio ad imporre all’amministrazione comunale e/o alle altre parti appellate la prestazione di idonea cauzione/fideiussione, il cui importo è stimabile, provvisoriamente, in diversi milioni di euro. Si osserva ancora che, differentemente da quanto rilevato nell’ordinanza impugnata, i presunti doverosi accertamenti tecnico-operativi descritti dalla Regione Campania nella nota prot. 700376 del 24.10.2017 non sono certamente atti a scongiurare il rischio di inquinamento della falda. Ciò in quanto (cfr. nota tecnica Pianese, allegata al presente atto), l’Amministrazione Regionale: i) adotta tale nota (meramente riscontrando una semplice nota [riassuntiva] del Comune, cui si allega lo studio geologico Corniello ampiamente contestato sopra) senza aver preso visione del progetto esecutivo e definitivo (cfr. precedente nota regionale del 22/09/2017) e, dunque, senza conoscere se effettivamente erano state valutate, in quella sede, tutte le misure di prevenzione per scongiurare l’evenienza di situazioni pericolose durante la fase di esecuzione degli scavi e sia nella realizzazione delle opere; ii) auspica semplicemente un programma di monitoraggio, oltre che generico quanto a tempi e modalità, che non costituisce certamente accorgimento per evitare inquinamento, ma, al più, per registrare il già avvenuto inquinamento della falda; iii) non ritorna sulla valutazione del contesto idro-geologico già esposta nella propria precedente nota”. Che ci crediate o no, abbiamo cercato di rendervela facile. Una cosa, in ogni caso, l’avete compresa di sicuro: il braccio di ferro tra albergatori e Comuni promette ancora scintille. E magari un Natale tutt’altro che all’insegna del “volemose bene”.

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Gaetano Ferrandino

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