CRONACA

40 anni senza Ciro Coppola, un dolore che resiste al tempo

Il giovane studente – cui è intitolato un premio di poesia – morì tragicamente in un incidente stradale all’altezza dell’angolo Scaglione dopo essere uscito di scuola. Il prof. Domenico Castagna, suo amico, non lo ha dimenticato e lo ricorda così

DI DOMENICO CASTAGNA

Il 19 ottobre di ogni anno il mio pensiero è per te, amico mio!

Compagno di banco, di studi,di squadra, di giochi, portato via troppo presto da un destino atroce e beffardo ad appena 17 anni, per un incidente in motorino in pieno centro a Ischia.

Il compianto Ciro Coppola

In tutto questo tempo non ti ho mai dimenticato . Proteggi da lassù i tuoi genitori, sopravvissuti a lungo a tanto dolore e ,se puoi , veglia ancora su di me, la tua scuola,la mia famiglia e la nostra Casamicciola!

Ciao, Ciro Coppola!

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Spesso mi chiedono perché non abbia mai guidato . Forse la risposta risale a più di 40 anni fa, al 19 ottobre del 1976. Era una mattina uggiosa, non faceva freddo, ma la pioggia era fastidiosa. Giovane studente, seguivo le lezioni al Liceo Classico di Ischia, allora ubicato nella vecchia sede, dove adesso ci sono gli avvocati. Normale giornata scolastica, trascorsa fra regole di greco e classici latini. A metà giornata ero in palestra. Non ci andava di giocare a pallavolo, così io e io miei due compagni di banco, Ciro e Giovangiuseppe, salimmo sul quadro svedese e trovammo posto,in uno di quei rettangoli di legno, gambe penzoloni, mani attente ad afferrare le sbarre per restare in equilibrio. Lo facevamo spesso, sotto lo sguardo rassegnato del prof. di educazione fisica, Vito Verde. Ricordo che parlavamo di calcio; nel pomeriggio avevo l’allenamento con il Perrone a Forio. Ciro faceva parte della mia stessa squadra; Giovangiuseppe , invece, amava il basket e il tennis. Nel pomeriggio ci sarebbe stato allenamento, ma la pioggia a noi non piaceva. Fare giri e giri di campo sotto l’acqua, magari senza vedere il pallone, non ci entusiasmava. Fu pacifico, quindi, accordarci su altri impegni. Ciro nel pomeriggio sarebbe venuto a casa mia a studiare. Con il mister avremmo trovato una scusa. Giovangiuseppe seguì i nostri discorsi fino ad un certo punto, poi scese dal quadro per fare due tiri. Io e Ciro continuammo a conversare . Ci organizzammo per lo studio; io avrei tradotto il passo di greco assegnato per il giorno dopo, lui avrebbe lavorato sull’algebra. Per guadagnare tempo e magari non passare tutte le ore pomeridiane sui libri. Avremmo fatto così. Intanto la pioggia sembrava aver dato tregua. Ciro era venuto a scuola con il suo motorino. Non gli andava di lasciarlo nel parcheggio, sia pur protetto, dell’edificio. Sperava che il cattivo tempo avrebbe dato un poco di tregua, almeno all’orario di uscita. Il suono della campanella ci avvertì della fine della lezione di educazione fisica. Tornammo in classe. Le restanti ore passarono nella normalità più assoluta. Alle 13.30 si uscì. La pioggia era diventata pioggerellina. Ciro si avvicinò, preoccupato per il motorino. Non voleva lasciarlo lì. Gli suggerii di chiamare al telefono suo padre,per farsi venire a prendere. Magari mi avrebbe dato un passaggio. Eravamo entrambi di Casamicciola, io Perrone, lui Piazza Bagni. Aveva un piano diverso, Ciro. Voleva che io mi mettessi dietro con un ombrello, che proteggesse entrambi. L’idea non mi entusiasmava. Insistette, ma non accettai. Ci salutammo con la promessa di vederci nel pomeriggio a casa mia per studiare. Mi recai alla fermata del bus, mentre lui, sotto la pioggerellina, metteva in moto il suo scooter giallo e si avviava verso Piazza degli Eroi, salutandomi con la mano destra. Lo seguivo con lo sguardo, fino a quando potei. La pioggia sembrava voler smettere. Passò la Cinquecento di Franco, un amico di una mia compagna alla quale faceva il filo, mi vide e chiese se volessi un passaggio per Casamicciola. Accettai senza esitazione, un poco perplesso quando lui svoltò verso San Ciro, invece di proseguire per Piazza degli Eroi. Mi disse che avevano deviato il traffico, per un incidente all’altezza di Scaglione. Bisognava prendere un’altra strada. Allora non c’era ancora la sovra(sopra)elevata. Passammo all’altezza di Scaglione, c’era gente, ma non ci fermammo, Dietro, le auto suonavano. Era ora di rientro a casa per il pranzo. Arrivai a Perrone proprio quando riprese a piovere, questa volta con più insistenza. E fu così per tutto il pomeriggio, così non mi preoccupai più di tanto per il fatto che Ciro non fosse venuto a studiare da me. Tra l’altro, io non avevo telefono e quindi non avrebbe avuto modo di avvisarmi. Alle 17.30 mi ricordai del mio impegno con il gruppo della Parrocchia: dovevamo cantare per la Messa di San Paolo, alla Chiesa dei Passionisti. Chiusi i libri, un veloce spuntino e poi via verso la Chiesa. Fu allora che lo lo seppi. Leggendo il manifesto , all’angolo dell’allora Bar Wunderbar. Fu così che seppi che Ciro non c’era più, che aveva avuto un terribile incidente, che era rimasto schiacciato fra un bus e un camion. Il resto della storia potete immaginarla, potete capire la mia reazione, la mia costernazione, la mia incredulità. Non vidi Ciro sul letto di morte, volevo ricordarlo come lo avevo conosciuto. Solare, serio, con tanto amore per la matematica. Da allora è il mio angelo; non faccio una cosa senza invocarne l’aiuto. Faccio parte della giuria del Premio di Poesia a lui dedicato e non c’è un anno che, il 19 ottobre, non vada a Messa insieme alla sua famiglia, ai suoi splendidi genitori, fino a che il Signore li ha tenuti in vita. Anche stasera sarà così. A volte penso a come sarebbe stata la sua vita. Immagino che avrebbe scelto matematica all’università. Era portato. Molti di quegli compagni del Liceo sono ancora in contatto con me, spesso parliamo di Ciro, a volte di Giovangiuseppe, il bravissimo pediatra, quello che che ci teneva compagnia quel giorno sul quadro svedese. Anche lui è andato via troppo presto. E adesso è ora di andare a scuola. Oggi lunga giornata. Saluto tutti a casa, chiedo a mio figlio di stare attento all’acqua sul fuoco. A proposito, lui insegna matematica.

Il prof. Domenico Castagna

Ciro Coppola nacque il 20 Novembre 1959 da Salvatore e Giuseppina Maltempo.

Morì il 19 ottobre 1976 a sedici anni, dieci mesi ed undici giorni in un incidente stradale.

Era una ragazzo del suo tempo. Frequentava con profitto il secondo anno di Liceo Classico, “amava i Beatles e i Rolling Stones” ed il gioco del calcio.

Due anni prima della morte con un gruppo di amici aveva fondato la “Pro Casamicciola Terme”, un’Associazione “culturale e sportiva per un giusto impiego del tempo libero della gioventù”.

Nel 1978 gli amici della “Pro Casamicciola Terme”, che nel corso degli anni sono aumentati, decisero di ampliare gli scopi sociali dell’Associazione occupandosi anche della promozione economica e turistica di Casamicciola Terme e pensarono di dedicare a Ciro un Premio Nazionale di Poesia riservato esclusivamente agli studenti della scuola media superiore, i coetanei di Ciro, in modo che il suo nome risuonasse in ogni scuola d’Italia e poi d’Europa come esempio di una gioventù studiosa ed affascinata dallo strumento espressivo della parola poetica insieme a quello di Casamicciola Terme nell’Isola d’Ischia, il paese che gli diede i natali e dove egli riposa per sempre nella certezza della Risurrezione.

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Giulio Brizzi

In questi giorni drammatici per l’isola di Ischia, mi è ritornato alla mente questo ragazzo che non ho conosciuto e che è stato celebrato dai suoi amici e cari attraverso un concorso di poesia da me vinto (2 premio ex equo) quaranta e passa anni fa, con una lunga poesia ispirata alla piazza S. Marco di Venezia. Ricordo il bellissimo soggiorno a Casamicciola Terme, l’accoglienza dei suoi amici e di tutto lo staff organizzativo, i miei coetanei concorrenti, la premiazione preceduta da un’esibizione di Severino Gazzelloni, ma soprattutto la commozione di suo padre, direttore di macchina che, sapendo frequentavo il corso di studi sezione macchine, presso l’Istituto Tecnico Nautico di Trieste, studi da lui perseguiti in quanto Direttore di Macchina, si dimostrò impaziente di conoscermi: quando mi vide mi abbracciò con trasporto dicendomi “Mi ricordi il mio Ciro: era fisicamente simile a te”. La mia carriera di ufficiale di macchina è durata pochissimo ed ho dedicato la mia vita come operatore sociale, il signor Salvatore Coppola non c’è più e non so a quando risale l’ultima edizione del prestigioso Premio Ciro Coppola, ma la commozione di quell’incontro è rimasta impressa nei miei ricordi.

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