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Peschereccio minacciato di speronamento, in tre rinviati a giudizio

DI FRANCESCO FERRANDINO

ISCHIA. Il Gup del Tribunale di Napoli, Egle Pilla, ha rinviato a giudizio tre persone per un episodio risalente al settembre di due anni fa, avvenuto a circa otto miglia al largo del porto di Lacco Ameno. I tre a bordo di un peschereccio avrebbero tentato di speronare un’altra imbarcazione, sulla quale alcuni uomini stavano praticando pesca sportiva, “disturbando” l’attività del peschereccio. L’equipaggio di quest’ultimo avrebbe infatti preteso “l’esclusiva” della pesca nella zona, costringendo l’altra imbarcazione ad allontanarsi, usando ripetutamente anche maniere appunto non ortodosse. Sono tre i capi d’imputazione per Francesco Monti, Tommaso Monti e Bartolo Pascale, il primo in relazione al delitto previsto «dall’articolo 81 cpv 110, 610 c.p. poiché in concorso e unione tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, mediante ripetute minacce costringevano per tre volte Mazzella Agostino, Caggiano Pasquale, Migliaccio Alessandro e Mazzella Isidoro, ad interrompere l’attività di pesca svolta nelle acque comprese tra le isole di Ischia e Ventotene ed a far rientro nel porto di Ischia. Segnatamente: dopo aver avvistato l’imbarcazione di proprietà del Mazzella Agostino, i tre indagati – a bordo dell’imbarcazione da pesca “Giuseppe Padre”, condotta da Monti Francesco – la raggiungevano a forte velocità, puntandola di prua con l’intento di speronarla profferendo al contempo le frasi “andate via di qua altrimenti vi spariamo. Le palme sono nostre”, costringendo in tal modo il Mazzella a una manovra evasiva per evitare l’impatto e ad allontanarsi di alcune miglia; quindi dopo alcuni minuti sopraggiungeva nuovamente a velocità sostenuta l’imbarcazione “Giuseppe Padre”, che ripeteva nuovamente la manovra di accostamento e il tentativo di speronamento, mentre gli occupanti urlavano alle persone offese di “allontanarsi” poiché in quel luogo “dovevano pescare solamente loro” costringendo nuovamente l’imbarcazione del Mazzella ad allontanarsi di alcune miglia; infine, dopo circa 30-50 minuti, gli indagati – sempre a bordo dell’imbarcazione “Giuseppe Padre”, ripetevano ancora una volta la pericolosa manovra di accostamento e il tentativo di speronamento dell’imbarcazione del Mazzella, costringendo in tal modo le persone offese a fare definitivo rientro nel porto di Ischia». A scatenare le ire dei membri del peschereccio fu dunque il fatto che i pescatori sportivi si erano recati in una zona dove sono ubicate quelle che in gergo vengono definite “palme”, sorta di isole artificiali costituita da grosse fronde di palma, che attirano a sé molte specie di pesci che stazionano nei loro pressi. Il secondo capo d’imputazione concerne il delitto previsto «dagli articoli 81 comma 2 c.p., 110, 582-585 c.p. anche in relazione all’articolo 576 e 61 n.2 c.p. poiché in concorso ed unione tra loro, in tempi diversi, al fine di commettere il reato indicato al capo precedente e con le condotte ivi descritte, nonché agganciando e tranciando le lenze da pesca lanciate in mare dagli occupanti dell’imbarcazione del Mazzella Agostino, cagionavano lesioni personali a Mazzella Isidoro, consistite in un trauma contusivo alla mano destra, giudicate guaribili in 5 giorni salvo complicazioni». L’ultimo reato contestato è quello previsto «dall’articolo 40cov. C.p. 110 c.p., e art. 1231 del Codice della Navigazione poiché nella qualità di capo barca (Monti Francesco) e di membri dell’equipaggio (Monti Tommaso e Pascale) dell’imbarcazione da pesca “Giuseppe Padre”, tenendo le condotte indicate al capo A) violavano le disposizioni normative e regolamentari in materia di sicurezza della navigazione per prevenire gli abbordi in mare (Colreg n.72/81) ed in particolare le regole n. 5, n. 6 e n. 33/d che prescrivono: di approntare il servizio di vedetta visivo ed auditivo tale da permettere all’altra imbarcazione la valutazione della situazione e di prevenire il rischio di abbordaggio; di mantenere una velocità di sicurezza adeguata ad evitare abbordaggi; di adottare i segnali di manovra e di avvertimento imposti dalla regola n. 33/d. Fatti commessi in Ischia il 23.9.2016».  Accuse elaborate sulla base di una serie di fonti di prova, quali le querele sporte dagli occupanti dell’imbarcazione di Agostino Mazzella, i verbali di individuazione fotografica e l’informativa di reato del 26 ottobre 2016 dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Ischia e del 21 dicembre del Commissariato di Polizia di Ischia. Il Gup ha fissato la prima udienza dinanzi al giudice Capuano presso la sezione ischitana del Tribunale, il prossimo settembre, cioè a due anni esatti dall’episodio.

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