CRONACAPRIMO PIANO

«COSI’ RISCHIO DI PERDERE UN GRANDE SOGNO»

L’Hotel Solemar tra meno di un mese andrà all’asta, le parole del proprietario Aldo Presutti che spiega come dietro ci siano questioni di carattere familiare e non economico. La corsa contro il tempo per evitare la cessione e la stoccata agli imprenditori locali: «Gli interessati attendono per speculare ed acquistare a costo bassissimo». E ancora…

Aldo Presutti, voglio partire andando subito al punto. L’Hotel Solemar che finisce all’asta per molti ha rappresentato una sorta di fulmine a ciel sereno.

«Mio malgrado purtroppo è così e io stesso ho voluto diffondere la notizia tra gli addetti ai lavori. Non si tratta di questioni legate a un fallimento o a una cattiva gestione della struttura ma di un problema societario. La mia ex moglie, socia anch’ella della struttura, aveva chiesto già anni addietro il recesso. Questa iniziativa portò a fare una valutazione del Solemar nel 2016, e la stima fu di 12.300.000 euro. Ora lei è in possesso del 31.25% delle quote dunque a conti fatti avrebbe dovuto percepire qualcosa più di 4 milioni di euro più interessi. Si tratta di una somma che non siamo riusciti a mettere insieme, da qui nasce la problematica. Mi dispiace, sto rischiando di perdere un grande sogno».

Mi scuserà se sono malizioso, ma non è che facendo il giro largo questa struttura alla fine torni nella disponibilità del suo legittimo proprietario? O è una ipotesi da escludere?

«No, noi non escludiamo nulla. La speranza è l’ultima a morire, come recita l’antico adagio. E’ chiaro che fino al giorno prima dell’asta si cercherà di poter risolvere il problema. Sono ancora e tuttora in trattativa con la mia ex moglie e nel contempo con una società che potrebbe essere interessata a rilevare l’albergo ma la verità più amara è un’altra».

Quale?

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«La maggior parte degli imprenditori interessati, quelli ischitani, vogliono attendere l’asta per speculare e acquistare il Solemar a un prezzo bassissimo».

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Beh, all’asta in fondo potrebbe partecipare anche lei.

«Potrei partecipare, ma questioni personali e di natura prettamente economica di fatto me lo impediscono. Ripeto, spero ancora a un accordo in extremis».

Intanto sull’isola tira una brutta aria. Alberghi che chiudono i battenti, altri che sono all’asta ed altri ancora che ci finiranno a breve, strutture cedute in fitto. Ma perché a suo avviso il sistema Ischia sta andando in “crash”?

«Il problema principale è che il prodotto Ischia da anni ha perso valore, interessa decisamente poco. L’isola a lungo ha goduto di una clientela turistica tedesca che ha fatto la fortuna di questa terra poi pian piano l’indice di gradimento e l’appeal sono davvero crollati a picco. Le faccio un esempio: correva l’anno 2007 quando ricevemmo una proposta di acquisto dell’Hotel Solemar per una somma pari a 15 milioni di euro. Oggi lo stesso bene, a distanza di meno di vent’anni, viene messa all’asta per un terzo di quella cifra. Ma non c’è da meravigliarsi, abbiamo provato a proporre la vendita anche all’estero ma tra abusivismo, mancanza di un progetto unitario e di un’identità, abbiamo riscontrato che Ischia proprio non tira, è un prodotto verso il quale non c’è fiducia. Non è un caso che tranne rarissime eccezioni tutti gli alberghi passati di mano negli ultimi tempi sono finite sempre ad ischitani o in pochi casi a soggetti provenienti dalla vicina terraferma. Lo ribadisco, l’interesse a investire su questo territorio è davvero minimo e residuale. E poi…».

E poi?

«Le nuove generazioni, io lo riscontro personalmente anche in famiglia, non hanno interesse e intenzione di proseguire l’opera di chi li ha preceduti: Ischia non regala attrattiva, loro stessi non ci credono e non vogliono investire il tempo e fare sacrifici sull’isola. E allora diciamoci la verità e poniamoci seriamente un interrogativo: qui, dal punto di vista politico e imprenditoriale, che cosa è stato fatto negli ultimi dieci-quindici anni? Guardiamo in faccia la realtà, molte strutture in mano a ischitani non hanno più forza, voglia e prospettiva necessaria per andare avanti. E questo è dovuto soprattutto a un futuro che si prospetta quanto mai incerto».

Anche perché non c’è capacità spesa e la possibilità di fare investimenti: viviamo una realtà dove pare che l’indebitamento bancario sia superiore ai depositi, il che oggettivamente la dice lunga.

«Abbiamo avuto gruppi fortissimi come i Di Meglio che a Ischia hanno letteralmente fatto la “spesa” negli anni acquistando una gran parte delle strutture in quel momento disponibili sul mercato. Poi molti colleghi, evidentemente abituati a raccogliere frutti senza dover prima seminare, non sono stati indotti a mantenere gli alberghi all’avanguardia con tutto quello che inesorabilmente ne è conseguito. A Ischia si è sempre voluti andare sul sicuro puntando su un turismo di quantità piuttosto che di qualità e adesso la strategia perseguita ci sta presentando il conto, peraltro davvero “salato”. La mentalità di alzare l’asticella non ha mai fatto parte del dna isolano, si andava avanti con agenzie e turismo su gomma e si tirava a campare. E’ mancato un progetto comune di sviluppo armonico, così ci ritroviamo ad essere una bella incompiuta, una località con mille risorse non sfruttate».

Lei qualche anno fa fu a capo di un movimento che in primo luogo voleva scuotere le coscienze. Purtroppo senza ottenere chissà quali risultati…

«Era un movimento politico-imprenditoriale, definiamolo così. Volevamo smuovere qualcosa, vivendo a Ischia dal 1984 ed operandovi professionalmente avevo intuito che si stava precipitando sempre più in un burrone. Vedevo tante cose che non andavano e cercai con vari progetti (anche finanziati da fondi europei) di stimolare gli imprenditori, la popolazione e la politica. Sono sincero, non siamo riusciti in quello che era il mio intento, resto convinto che una diversa mentalità avrebbe consentito di garantire davvero benessere a tutti».

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