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Cup, quando la prenotazione diventa un “calvario”

Le quotidiane code davanti al Centro unico di prenotazione dell’Asl generano disagi e lamentele: siamo andati a verificare personalmente la “trafila” necessaria

Una piccola odissea, ma che avviene quotidianamente. Da tempo ci giungono lamentele sui notevoli disagi che colpiscono i cittadini costretti a dover recarsi all’Ufficio del CUP, il Centro Unico di Prenotazione dell’ASL Napoli Nord dove è possibile prenotare esami e visite specialistiche, sito nell’edificio dell’ex clinica San Giovan Giuseppe della Croce di Ischia. Come si ricorderà, anche su queste pagine negli anni scorsi abbiamo riportato tali lamentele, che tuttavia a quanto pare sembrano non aver sortito effetti sostanziali. Abbiamo così deciso di verificare “sul campo” la trafila necessaria per raggiungere l’agognata prenotazione per una visita specialistica.

Macchinosa la procedura di formazione della “fila” e non certo funzionale ad evitare assembramenti sulla scala di metallo: prima l’annotazione su un foglio dei nominativi in ordine di apparizione, poi l’assegnazione dei “numerini” all’apertura dell’ufficio

Ottenuta la “base” dal proprio medico di famiglia, infatti, bisogna recarsi personalmente agli uffici del presidio ischitano, non essendo possibile prenotare in farmacia la visita in questione, come in alcuni casi si può fare.

Visto l’orario di apertura fissato alle 8.30, ci siamo recati sul posto con circa trenta minuti di anticipo, ben sapendo che numerosi sarebbero stati gli utenti in attesa. Infatti una folla di oltre trenta persone era già nel cortile dell’edificio, ma non era possibile ritirare il classico “numerino” per tenere il conto della fila: ci è stato detto che tale misura è stata abolita dopo che in vari casi si era verificato un cattivo uso del distributore, in quanto diversi utenti prelevavano indebitamente più numeri ciascuno, cosicché già di primo mattino il “rotolo” dei tagliandi andava esaurito, creando ulteriori disagi ai cittadini sopravvenuti. A causa di questi comportamenti poco civili, bisogna quindi attendere in cortile: per fortuna la giornata era relativamente mite, quindi c’era da raccogliere soltanto umidità, ma cosa accade agli astanti in caso di pioggia? Non c’è infatti alcun riparo dove attendere l’orario di apertura. Nel frattempo, abbiamo appreso che sarebbe stato opportuno fornire il proprio nominativo a una persona “volontaria”, che su un fogliettino ha raccolto i cognomi dei presenti: vista la scala in ferro, concepita per mantenere le persone in fila fino all’entrata, bisognava quindi farsi largo per andare a comunicare il proprio nome, creando di fatto un continuo assembramento che in tempi di pandemia da covid-19 e di brusco aumento dei contagi non è certo l’ideale.

Nel cortile, per le persone in attesa non ci sono panchine né protezioni in caso di condizioni meteorologiche avverse

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Sia come sia, dopo essersi “segnalati” sul foglietto, abbiamo atteso l’apertura: alle 8.30 un’operatrice è apparsa sulla soglia dell’ingresso e, leggendo i nominativi sull’elenco, ha progressivamente distribuito i tagliandi coi “numerini” che hanno formato la fila d’attesa. Di nuovo quindi si è creato un altro viavai sulla non larghissima scala di ferro, tra mascherine talvolta non indossate correttamente e persone prese dall’ansia di perdere il turno.

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Ottenuto il sospirato bigliettino col numero assegnatoci, abbiamo atteso il dipanarsi della fila. Anche in questo caso, le cose non sembravano filare del tutto lisce, visto che l’operatrice, sulla soglia, stavolta chiamava ad alta voce non il cognome ma il numero, e l’acustica del cortile non era l’ideale per raggiungere facilmente tutti i presenti. Alcuni finivano per non sentire subito, producendosi poi in una trafelata corsa, altri si erano allontanati preferendo dedicarsi ad altre faccende, non potendo udire quindi lo sgolarsi dell’operatrice che, ci sia scusato il gioco di parole, continuava a dare i numeri. A un certo punto questa insolita “tombola” mattutina si è interrotta, la fila non procedeva. Dopo poco più di mezz’ora è uscita una cittadina che aveva ottenuto la prenotazione, la quale ha spiegato che il computer si era temporaneamente bloccato, ecco il motivo dell’impasse. Nell’attesa, mentre l’umidità mattutina lasciava il posto al sole, le persone in fila si dedicavano a conversazioni telefoniche, qualcuno addirittura tirava fuori un libro, alcuni anziani si lamentavano per le ore trascorse ad attendere in piedi, all’aperto, senza panchine, altri ribattevano che bisognava ringraziare il cielo che almeno ci fosse il sole e non la pioggia. Finalmente, verso metà mattina, è arrivato anche il nostro turno: una volta chiamati, siamo entrati nella sala d’aspetto, da dove – dopo qualche altro minuto di attesa – siamo entrati nell’ufficio prenotazioni.

Dopo ore di attesa, ottenuta finalmente la prenotazione, la “procedura” non è finita: per pagare il ticket bisogna recarsi in farmacia o in tabaccheria

Una volta ottenuta la relativa attestazione, ci apprestavamo a pagare il ticket, ma l’impiegato ci ha spiegato che non era possibile pagarlo in loco: problemi di registrazione telematica e inconvenienti spesso verificatisi in passato hanno infatti provocato l’abolizione del pagamento nella sede del Cup. Il ticket può essere pagato solo in farmacia o in alcune tabaccherie. Ecco quindi che la trafila non era affatto finita con la mattinata trascorsa in attesa al Cup: abbiamo dovuto raggiungere una farmacia dove, dopo un’altra breve fila, abbiamo finalmente pagato il dovuto. Al termine della “procedura”, siamo rimasti eufemisticamente perplessi: i cittadini che hanno purtroppo necessità di frequenti visite e cure specialistiche sono costretti a questa estenuante trafila che sembra più un esercizio per mettere a durissima prova la pazienza e la resistenza di persone, molto spesso anziane, che non un adempimento degno di un Paese che da decenni si riempie la bocca con concetti come la semplificazione burocratica, la velocizzazione digitale e le agevolazioni per gli utenti.

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Rossy

Dopo aver letto questo assurdo articolo ti viene solo voglia di buttare tutto all’aria. Non è possibile che succeda tutto questo e noi che permettiamo che succeda. In un’isola dovrebbe funzionare tutto alla perfezione.

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