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Gerardo Marotta, l’omaggio del Circolo G. Sadoul di Ischia

Gianluca Castagna | Ischia – Un geniale attivista, mecenate moderno e alfiere indomito che ha speso tutta la sua vita (e il suo patrimonio) per la filosofia. Etica del vivere civile, metodo per scoprire la verità ma soprattutto arma formidabile per affermare la giustizia sociale e restituire al Meridione d’Italia, e a Napoli in particolare, il ruolo di capitale della cultura e delle scienze.
Gerardo Marotta è stato una figura di spicco nella storia della cultura italiana e non solo. Avvocato, filosofo, pensatore, intellettuale, studioso di storia e letteratura fin dai tempi dell’università, fondò a Napoli, nel 1975, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, laboratorio da cui è passato tutto il gotha dell’umanesimo europeo novecentesco.
In oltre 40 anni di attività, 27mila tra filosofi, sociologi, medici e matematici ospitati, migliaia di borse di studio erogate a giovani ricercatori, 15mila tra lezioni e convegni in tutto il mondo; scuole estive disseminate in paesi e villaggi del Mezzogiorno, “tra la perduta gente”, come diceva Marotta, evocando, prima ancora che l’Inferno dantesco, la celebre inchiesta etnografica di Umberto Zanotti Bianco nella Calabria degli anni Venti.
Un popolo non più escluso dalla vita civile, non più strumentalizzato da una borghesia ingorda affatto illuminata.
E l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici è sempre stato al fianco del Circolo “Georges Sadoul” di Ischia, che vuole omaggiare la figura di Marotta a poco più di un mese dalla sua scomparsa in due appuntamenti, il primo dei quali ha avuto luogo venerdì pomeriggio, in Biblioteca Antoniana, con la proiezione del documentario “La seconda natura”, diretto da Marcello Sannino e presentato al Torino Film Festival 2012.

«Un giorno gli si darà ragione e più che mai si capirà che molto prima degli altri ha visto lontano, in anticipo sui tempi». E’ la citazione del filosofo francese Jacques Derrida a introdurre lo spettatore in questo viaggio nelle vita e nel lavoro di questo piccolo grande uomo eclettico e carismatico, per lasciare poi spazio alla sua voce, alle sue azioni, alla sua estenuante lotta per la diffusione della cultura come strumento di riscatto contro l’Europa in declino, succube di un Occidente che mette al centro della propria visione l’homo economicus.
Per Marotta non c’è pace senza cultura. Il popolo non va abbandonato a se stesso, alla sua spontaneità che diventa, fin troppo facilmente, anarchia, dispersione, ferinità, egoismo, avidità, conflitto. Opporre la grande lezione dell’umanesimo meridionale alla devastazione prodotta dall’escamotage “Festa, farina e forca”. Oggi, forse, un discorso coraggiosamente utopico, che porta però in seno il germe di una verità che non dovrebbe mai essere dimenticata, e che indica nella cultura, nella filosofia e più in generale nel sapere umanistico, gli unici mezzi a disposizione per la salvaguardia e l’evoluzione delle nostre esistenze.
«Gerardo, tu devi lasciare l’avvocatura, devi porre in essere la continuazione di quella che è stata la tua esperienza giovanile. E non c’è un minuto da perdere, perché l’Europa è in declino», gli intima Elena Croce, figlia del grande Benedetto Croce. Così, quest’uomo mingherlino dalla voce ferma e autorevole, ricorda l’inizio di quella meravigliosa avventura diventata presto crocevia dei più importanti intellettuali a livello internazionale.
Il documentario segue Marotta nelle sue sessioni di studi immerso in un mare di libri che non trovano casa, nelle premiazioni ricevute in mezza Europa, tra gli sfollati del terremoto a cui è così difficile dare risposte, dietro le mura del Palazzo Serra di Cassano a Pizzofalcone, il cui portone storico è rimasto chiuso dal 1799 in segno di lutto e di protesta contro l’esecuzione del giovane principe Gennaro giustiziato dai Borbone perché sostenitore della Repubblica.
Una frattura, spiega Marotta, che dividerà per sempre, in maniera insanabile, la cultura dal potere.

Sulla figura dell’avvocato Marotta Il Golfo ha sentito il prof. Arturo Martorelli, membro del Consiglio esecutivo dell’Istituto Italiano degli Studi Filosofici, di cui discuterà nel secondo appuntamento previsto dal Circolo Sadoul di Ischia per l’omaggio all’intellettuale napoletano, previsto per venerdì 28 aprile, ancora in Biblioteca Antoniana.
Qual è l’aspetto della personalità di Marotta che maggiormente ha segnato la sua parabola di uomo e intellettuale?
«La coerenza. La tenacia nel perseguire un obiettivo che sembrava impossibile: ridare alla cultura, in particolare a quella del Mezzogiorno, un ruolo centrale nella storia del paese. La sua è stata una lotta per sottolineare come questa cultura sia stata l’autentico elemento fondante dell’identità del Mezzogiorno. Una cultura sconfitta, isolata, avversata con tutti i mezzi dalle classi dirigenti meridionali e dalla consorterie politiche che si sono succedute nel tempo».
A cosa si riferisce “la seconda natura” di Marotta?
«E’ un passaggio delle “Fenomenologia dello spirito” di Hegel. L’obiettivo dell’uomo è quello di superare l’immediato stato di natura, ricreare con la cultura e l’affermazione dello spirito una seconda natura che superi gli istinti e le voracità. Il frutto di un’elaborazione concettuale forte e matura».
Che eredità lascia alla città di Napoli e all’intero Mezzogiorno?
«Quella della sua grandissima tradizione culturale, che va dalla Magna Grecia passa per la ripresa umanistica e rinascimentale e, attraverso il pensiero di Bruno, Campanella, Telesio ,arriva allo storicismo di Vico e a quell’hegelismo napoletano che ha ripreso il pensiero di Hegel quando perfino in Germania era, se non avversato, quanto meno appannato. A Napoli risorge. Benedetto Croce, in “Storia del Regno di Napoli”, scrive che la forte identità del Meridione deve essere quella della sua cultura e della sua tradizione intellettuale».
Come sono i rapporti dell’Istituto Italiano degli Studi Filosofici con le istituzioni, non solo cittadine, e quali sono gli strumenti messi in campo per arginarne il declino?
«Per lunghi anni le istituzioni sono state abbastanza sorde all’appello di Marotta, tranne forti personalità della cultura. Penso ad esempio, a Ciampi, che aveva compreso e raccolto il messaggio di Marotta. Attualmente ci aspettiamo molto dalle istituzioni, soprattutto dopo quanto hanno dichiarato pubblicamente in occasione dei funerali di Marotta. Un momento toccante che ha chiamato a raccolta l’intero popolo napoletano: non è stato il funerale di un filosofo qualsiasi ma di un uomo che è riuscito a parlare alla parte migliore della città».

 

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