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Il 2021 riporta le ruspe sull’isola d’Ischia

Nei primi mesi dell’anno previsti nuovi interventi di demolizione: una decina quelli in programma sul lato occidentale dell’isola, che riportano alla ribalta uno dei problemi più scottanti

Anno nuovo, problemi e drammi antichi. Le ruspe viste in azione a dicembre a Ischia, in via Michele Mazzella, a quanto pare non saranno un caso isolato. Tale episodio potrebbe infatti essere stato soltanto il preludio a una serie di operazioni di demolizione dirette contro abitazioni isolane, gravate da provvedimenti di abbattimento, già a partire da questo mese. Più specificamente, a quanto si apprende nel mirino della Procura c’è un elenco costituito da una decina di edifici situati in zone ricomprese sul territorio del Comune di Forio, tra Panza e la Scannella. Dieci nuclei familiari che attendono il calare della scure demolitoria e il successivo spettro del rimanere senza un tetto. Un dramma che viene amplificato dall’emergenza sanitaria in atto con la pandemia da covid-19 che rende ancora più buio l’immediato futuro per coloro che dovranno subire la perdita della propria abitazione, e spesso si tratta di cittadini che, visto il periodo, hanno anche perso occasioni di lavoro. Un “tempismo” che quindi colora l’orizzonte di nero.

Si ripropone dunque in tutta la sua ampiezza un problema che interessa grandissima parte del tessuto sociale oltre che edilizio dell’isola. Un problema rimasto tale, vista anche la sua sostanziale costante sottovalutazione da parte della classe politica degli ultimi decenni. I sindaci locali sono consapevoli dei costi, non soltanto economici (visti i prestiti richiesti per procedere agli abbattimenti), ma soprattutto sociali di una tenaglia che si stringe progressivamente ma inesorabilmente sulle centinaia di famiglie finite nella lista dei provvedimenti di demolizione. Si tratta soprattutto di coloro che hanno fatto domanda di condono ai sensi della legge 326/2003, quindi di edifici ormai almeno ultraventennali, ma ci sono anche casi relativi a costruzioni più risalenti nel tempo.

La scure degli abbattimenti torna a calare sulla testa di vari nuclei familiari alle prese con un dramma dagli alti costi umani e sociali

Eppure, nonostante l’ampiezza del fenomeno, non si riesce a predisporre nessun tentativo di risposta politica a questa emergenza. La scorsa estate l’ingegner Francesco Rispoli nel corso di una intervista al nostro giornale delineò una proposta strutturata, che le amministrazioni isolane avrebbero potuto fare propria e metterla a base di una iniziativa legislativa a livello nazionale diretta a trasformare il problema in opportunità. Alcuni lettori lo ricorderanno: si tratta di un meccanismo di “doppia autocertificazione” per velocizzare l’esame delle pratiche e il rilascio dei titoli in sanatoria, secondo cui un tecnico dovrebbe certificare la conformità della pratica, sgravando gli uffici tecnici, i quali potrebbero comunque procedere a controlli a campione, con una procedura che sarebbe comunque più agile. Poi, con una seconda autocertificazione il proprietario, eventualmente supportato dal tecnico, dovrebbe dichiarare di non rientrare in nessuna di determinate “condizioni insuperabili” (costruzione su zona demaniale, o ad altissimo rischio idrogeologico, sismico ecc.), per evadere le migliaia di pratiche pendenti in tempi davvero molto ristretti. Un modo per dare risposte (e certezze) ai cittadini da decenni in febbrile attesa di conoscere il destino della propria casa, spesso costruita con enormi sacrifici, a dispetto dell’etichetta formalmente corretta di “abusivi”, ma sostanzialmente insufficiente a esprimere la realtà di fatto che si cela dietro ogni singolo caso che finisce sul tavolo delle Procure. Procure che andranno avanti, se la politica continuerà a rimanere inerte.

Fra l’altro, anche in prospettiva, la mancanza di un’iniziativa legislativa potrebbe creare a lungo termine anche una disparità tra chi negli ultimi anni si è visto abbattere la propria casa, e chi invece, in caso di una eventuale risoluzione futura, potrebbe beneficiare di provvedimento che superi la mancata applicazione della controversa legge 326/2003 sul territorio isolano.

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Sembra che sul tema delle sanatorie le amministrazioni siano “paralizzate” da una certa abulia, almeno fino a quando gli abbattimenti assumono contorni particolarmente drammatici, anche se tutto finisce per ridursi a meri proclami programmatici e dai contorni piuttosto fumosi, comunque privi di reale incidenza. Fra l’altro, proprio la relativa lentezza con cui la scure delle demolizioni si sta abbattendo sui cittadini finiti nel calderone delle famigerate R.e.s.a. avrebbe potuto e dovuto indurre le amministrazioni a creare un fronte comune per innescare l’iniziativa legislativa diretta a mettere ordine in un settore dove il problema in gran parte è stato creato proprio dalla politica, locale e nazionale, e non solo dai cittadini che alla fine sono gli unici a pagare il salatissimo conto. Eppure, una iniziativa legislativa seria potrebbe essere in grado non soltanto di salvare dalle ruspe le abitazioni a rischio di abbattimento, ma anche di riqualificare l’intero patrimonio edilizio consentendo di usufruire di quelle risorse che a livello nazionale ed europeo verranno messe a disposizione per fronteggiare la crisi economica che la pandemia ha provocato, finendo per trasformare in opportunità un problema che, da ambientale e legale, assume sempre più i contorni del dramma per centinaia di famiglie.

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