LE OPINIONI

IL COMMENTO Al voto, tra astensione e dintorni

DI ANTIMO PUCA

L’argomento principe contro l’astensione è tipicamente il Teorema di Platone: “Quelli troppo intelligenti per occuparsi di politica, sono condannati ad essere governati dagli stupidi”. Quindi se in parlamento o al governo c’è gente inadeguata o incapace è colpa tua che sei adeguato e capace e passi il tempo sui social invece di andare a votare o addirittura candidarti. In apparenza può anche sembrare sensato, ma è un’illusione dovuta a meccanismi inconsci tipo peccato/punizione. In generale, e in Italia più che altrove, le persone informate, che pensano prima di votare e quando votano guardano al benessere comune di lungo periodo, non sono abbastanza numerose da influenzare l’esito delle consultazioni; non è affatto detto che esistano opzioni valide da votare per chi è informato, razionale e interessato al benessere della collettività nel lungo termine. Dunque a ben guardare se vincono i cialtroni è perché in democrazia, e in Italia più che altrove, le idee cattive scacciano quelle buone e, al mercato del consenso,  le promesse da marinaio vendono molto più degli esami di coscienza del grillo parlante. 

Ok! Però c’è il punto 2: se ti astieni sei complice dell’elezione di Hitler o di quelli che ne rappresentano la caricatura. Siamo a una variante del punto precedente: se ti astieni, contribuisci al successo elettorale di chi ha la maggioranza relativa. A forza di votare il meno peggio, non c’è più (se mai vi è stata) una significativa differenza con il peggio. Senza scomodare la teoria dei giochi, quello che sembra razionale nel breve periodo (il meno peggio è per definizione meglio del peggio), non lo è nel lungo periodo (il meno peggio tende a diventare quasi uguale al peggio). Ma – last but not least – c’è il terzo punto di fondo: Nulla cambia. Il senso ultimo di esprimere il voto è la scelta tra opzioni distinte e alternative. Se non esiste differenza apprezzabile tra le alternative disponibili, a che serve votare? Qui parte la difesa d’ufficio. Io sono un  semplice e certe cose non le capisco. Tipo che differenza c’è tra quota100 e l’Anticipo Pensionistico? O tra il reddito di cittadinanza e gli 80€? Secondo me c’è la stessa differenza che passa tra rubare ai tuoi figli 10.000€ oppure 50.000€. Cambia l’importo, la gravità, ma sempre di furto del futuro si tratta. Se io volessi votare qualcuno che non ruba il futuro ai miei figli non vedo alternative plausibili, solo diverse velocità nel declino. Va beh, però quello con le divise con le sue fissazioni rischia di far morire la gente in mare. Vero. Si potesse votare per fermarlo non ci sarebbero dubbi. Il punto è che quel signore può fare quel che fa perché il menopeggio che in tanti han votato fino ad oggi continua a perdere la gara a chi la spara più grossa. Senza rendersi conto che si tratta di una gara che non può vincere e che dunque non dovrebbe combattere.

Va beh, ma la visione? I giovani? Il sogno europeo? A occhio mi viene in mente quel tratto tutto italiano di iniziative fatte per i giovani che poi vuol dire a spese dei giovani (presenti o future). Il punto di fondo è che il paese è fatto da una maggioranza di persone che non ha la capacità di comprendere quali sono le criticità principali che la politica dovrebbe affrontare e/o non ha voglia di comprenderle confidando nel fatto che il proprio particolare sia salvo e di non essere a portata quando si presenterà la parte rilevante del conto da pagare. Dunque votare non serve perché nessun candidato che proponesse un progetto veramente utile al paese otterrebbe mai, non dico la maggioranza, ma neanche una dimensione vagamente visibile. Che poi quel candidato ci sia può essere discusso, ma mi pare occupazione proprio fruttuosa. 

BottomLine: il motivo principale per non votare è che non serve. Se nessun argomento razionale sembra utile, restano quelli irrazionali. Si può votare perché pare brutto non farlo, perché una qualche opinabile idea di morale inculcata da bambini ci dice che propagandare l’astensione è azione deprecabile. Dunque si può tornare al dilemma di Totò: “Siamo uomini o caporali?” La ragione ci dice che votare non serve, dunque l’unico motivo per farlo può essere di seguire i dettami del cuore che, come diceva uno che sul piano filosofico aveva un pò la faccia come il deretano, si sa che “il cuore ha ragioni che la ragione non conosce”.

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pioli

caro dott. Puca , il non votare porta benefici, in questa politica, a me e’ successo cosi, nessuno si permette piu di dirmi di aver votato x gli *altri*, e non e, poco, saluti, dottore , ci conosciamo da cosi tanto

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