LE OPINIONI

IL COMMENTO Finalità e scelta della comunità energetica

DI BENEDETTO MANNA

Con la pubblicazione delle regole operative del Gestore Servizi Energetici S.p.A. (GSE) nella settimana scorsa, si è entrati nel vivo per poter procedere con la realizzazione delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER). L’articolo di sabato scorso ha focalizzato l’attenzione sul significato delle diverse configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile, che cito di nuovo per facilitare la comprensione. Esse sono: 1- l’autoconsumo individuale a distanza; 2 – l’autoconsumo collettivo in edifici e condomini : 3 – le comunità energetiche, che possono essere comunità di energia rinnovabile o comunità energetiche di cittadini. Il portale dell’autoconsumo GSE, per dare informazioni a privati, imprese, PA, Gruppi di auto consumatori e Comunità di energia rinnovabile sui vantaggi dell’autoconsumo e della condivisione di energia (tramite supporto di Guide, FAQ, simulazioni tecnico – economiche sull’impianto da realizzare o utilizzare), è in fase di aggiornamento. Pertanto con l’articolo odierno si intende inquadrare i più significativi schemi realizzativi ai fini di comprenderne proprio i benefici ottenibili e le caratteristiche, tenendo presente l’Allegato 2 del Decreto CER del 24 gennaio per determinare i costi di investimento degli impianti (spese ammissibili in conto capitale) e rimarcando il concetto già espresso che la CER ha FINALITÀ BEN PIÙ AMPIE rispetto all’autoconsumo elettrico. Il decreto infatti reca anche disposizioni per l’erogazione di contributi in conto capitale fino al 40% dei costi ammissibili per lo sviluppo delle CER e delle configurazioni di autoconsumo collettivo nei comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti,attraverso la realizzazione di impianti FER, anche abbinati a sistemi di accumulo di energia in attuazione della Missione 2, Componente 2, investimento 1.2 del PNRR. Ciò al fine di sostenere l’economia dei centri più piccoli, spesso a rischio di spopolamento, e di RAFFORZARE LA COESIONE SOCIALE.

Per tale investimento sono stati stanziati, con erogazione a fondo perduto, 2,2 miliardi, di cui 1600 milioni per le CER e 600 milioni per l’autoconsumo collettivo, con l’obiettivo della realizzazione di una potenza complessiva pari ad almeno 2 GW(GIGA WATT) fino al 30 giugno 2026. In questo caso una delle condizioni per essere ammessi al contributo in conto capitale è che l’avvio dei lavori sia successivo alla data di presentazione della domanda di contributo da parte del soggetto beneficiario. Inoltre gli INCENTIVI in forma di tariffa sono CUMULABILI con I CONTRIBUTI IN CONTO CAPITALE nella misura massima del 40% (V. art.6 Decreto CER).Il caso,che merita più attenzione per l’innovazione introdotta, è la COMUNITÀ ENERGETICA RINNOVABILE SOLIDALE (CERS) finanziata dal Comune con contributo PNRR in conto capitale, AVVALENDOSI DI FONDI PROPRI E/O ACCEDENDO A SOLUZIONI DI DEBITO per la restante parte. In questo ultimo caso, le utenze in prevalenza domestiche saranno selezionate sulla base di possibili difficoltà economiche di accesso all’energia, in modo da impiegare risorse pubbliche per contrastare situazioni di povertà energetica. Il termine CERS è stato introdotto per la prima volta da LEGAMBIENTE per presentare e diffondere l’approccio inclusivo adottato dalla Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale di Napoli Est: https://www.comunirinnovabili.it/la-rete-dellecomunita-energetiche-rinnovabili-e-sostenibili/.Consideriamo un impianto da 200 kW, in questo caso l’impianto viene finanziato da un Comune con meno di 5.000 abitanti ricorrendo: 1- ai fondi del PNRR a copertura del 40% del costo di investimento iniziale;2- a fondi propri per un ulteriore 30% ; 3 – per il restante 30% accedendo a soluzioni di debito da restituire nei successivi 20 anni, con un tasso di interesse circa del 5% annuo. In questa variante, lo scopo precipuo dell’iniziativa è di tipo sociale, con la destinazione del totale dei proventi economici derivanti dall’incentivo e dalla vendita dell’energia a favore di famiglie in povertà energetica; così facendo, si impiegano risorse pubbliche (legate all’incentivazione sull’energia condivisa e al PNRR per il finanziamento in conto capitale) per rispondere a BISOGNI DI PUBBLICA UTILITÀ. La conseguenza di una simile scelta è il numero limitato di famiglie coinvolte (circa 100); da ciò deriva una minore percentuale di energia condivisa dalla complessiva iniziativa. L’impianto di produzione è connesso a un POD (codice punto di consegna) di un immobile comunale (ad esempio il tetto di una palestra o di una scuola), che, da simulazioni standard, può garantire: 1 – un autoconsumo fisico stimato del 5%; 2- la percentuale di energia condivisa (ai fini della valorizzazione e dell’incentivazione) pari al 33% del totale dell’energia immessa in rete;3- la tariffa riconosciuta sull’energia condivisa secondo Allegato 1 del Decreto,nel caso di contributo del 40% in conto capitale per avviare l’iniziativa. L’attività di questo tipo consente un rientro tra l’ottavo e il nono anno di esercizio dello schema.

Dato il disegno complessivo dell’intervento, il concetto di rientro dell’investimento si applica solo alla quota del 30% del complessivo capitale impiegato. Poiché i proventi economici legati al funzionamento della CER sono destinati a ridurre la spesa energetica delle famiglie coinvolte, è più opportuno osservare i benefici in termini di sollievo delle famiglie interessate dal problema della povertà energetica. Da questo punto di vista, è possibile affermare che una CER così disegnata consente una riduzione media del 34% su 20 anni delle componenti variabili della bolletta elettrica (accise e IVA incluse), riduzione media che sale al 73% se ci si concentra sulla sola componente energia (IVA inclusa). Immaginando una composizione media delle famiglie di 3 persone, 100 famiglie, rispetto al totale di 5.000 abitanti, corrispondono al 6% del totale delle famiglie residenti nel Comune. Il caso CERS è impostato con la finalità di conseguire una mitigazione significativa per ciascuna delle famiglie coinvolte. Un ulteriore elemento da evidenziare è che il fattore protettivo delle CERS sulle spese per l’energia elettrica dei loro membri risulta più rilevante nel caso di prezzi di mercato dell’energia più elevati, configurandosi come un meccanismo di tutela qualora nei prossimi anni ci si trovasse nuovamente davanti a situazioni di crisi dei mercati energetici come quella avvenuta a partire dalla fine del 2021 (ripresa dell’economia mondiale nella fase post-Covid e successivo conflitto in Ucraina) e non ancora del tutto rientrata. Le agevolazioni invece previste con INCENTIVO PIENO IN TARIFFA, a seconda della potenza degli impianti, riguardano le CER che risultano regolarmente costituite alla data di presentazione della domanda di accesso agli incentivi.La configurazione può essere relativa a una CER ALIMENTATA DA UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO da 200 kW realizzato su tetto, oppure su un terreno improduttivo, su una discarica esaurita, o su un’area industriale dismessa. In questo secondo caso, NON VI SONO UTENZE DIRETTAMENTE CONNESSE ALL’IMPIANTO e quindi non è possibile beneficiare dell’autoconsumo fisico.

La CER che si va a costituire è composta da utenze, per la maggior parte domestiche, che corrispondono ad abitazioni poste all’interno del perimetro della medesima cabina primaria a cui è connesso l’impianto. In questa configurazione, la presenza (però limitata)di PMI, utenze del terziario o pubbliche amministrazioni, migliorano la percentuale di condivisione dell’energia oggetto di valorizzazione e di incentivazione. Rispetto a questa configurazione, ci sono due POSSIBILI MODELLI DI COSTITUZIONE E DI ESERCIZIO DELLA CER: 1 – un primo modello, finanziato con mezzi propri dai membri, in cui tutti i proventi derivanti dalla vendita dell’energia e dall’incentivazione restano ai membri stessi; in questo caso si valuterà anche una variante in cui l’investimento viene realizzato ricorrendo a un finanziamento bancario (diversi istituti di credito stanno iniziando a strutturare prodotti specifici per supportare la costituzione CER); 2- un secondo modello, in cui l’impianto da 200 kWp è FINANZIATO DA UN SOGGETTO TERZO, per esempio una ENERGY SERVICE COMPANY (ESCo), nel quale si andrà a individuare se, nella ripartizione dei benefici economici, vi sia un punto di equilibrio che renda interessante il ritorno dell’investimento del soggetto terzo e allo stesso tempo permetta un significativo beneficio economico anche per i consumatori coinvolti, i quali contribuiscono a generare l’incentivo e mettono a disposizione le aree dove realizzare l’impianto. LA REALIZZAZIONE DI IMPIANTI DI TAGLIA MAGGIORE RICHIEDONO INVESTIMENTI CONSISTENTI e schemi organizzativi che è più difficile standardizzare,mentre dal punto di vista della remunerazione e del ritorno degli investimenti, le SOLUZIONI INDICATE POTRANNO ESSERE FACILMENTE REPLICATE SU LARGA SCALA.

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