IL COMMENTO Il mistero e il dramma di Kataleya
DI ARIANNA ORLANDO
Era il giorno numero 10 di giugno quello in cui Kataleya sparì. Gli ultimi fotogrammi la ritraggono con i codini, la maglietta rosa e I pantaloni lunghi quando alle 15.01 fa capolino, con I suoi amici davanti agli occhi accesi di una telecamera di sicurezza. Che tormento, Kata, non poterti fermare quando, poco prima che fossero le 15 e 15 ti separasti dagli altri e tornasti indietro! Che tormento, Kata, non poterti tirare fuori dall’immagine che uguale si ripete, volta dopo volta, eterna e immortale, dove tu ti fai risucchiare dalla bocca dell’ex hotel Astor! La figlia di Katherina e Miguel è una bambina di cinque anni che contiene le Ande, la somma di Machu Picchu e Cusco, la foresta amazzonica e i siti archeologica. Kataleya è peruviana di nascita e di generazione in generazione: i suoi occhi amerindi, come fessure di porti per mondi oltre la meraviglia del mondo, sono incastonati sul volto di pelle dorata da secoli di discendenze e di storia. I capelli liscissimi sopra di lei discendono dalla radice al collo come il fiume discende dalla sorgente a valle. Questa è Kataleya, spettacolo meraviglioso di meravigliosa innocenza. L’umanità che si somma e si ripete in lei ci invita a guardare più a fondo della coltre sociale che anima le nostre città, profondamente e attraverso il pulviscolo dei movimenti dei tram e delle macchine e ci spinge a scovare una comunità sedimentata tra gli strati dell’emarginazione e della discrepanza economica.
L’ex hotel Astor era diventato sede abusiva di comunità rumene e peruviane assemblate nel tentativo di resistere alle forze vettoriali e discordi che le spingevano da un lato a rispondere ai colpi di un ambiente ostile e dall’altro a inserirsi all’interno di un ambiente profondamente ingiusto. Cosa abbia fatto la piccola Kataleya, di cinque anni, per attrarre su di sé il destino di scomparsa proprio non ci è dato saperlo. Dove sia Kataleya ora è una domanda dolorosa che punge le viscere dell’uomo e lo fa dubitare di se stesso. Gruppi di peruviani protestano di fronte alla porta di casa di Kata mentre il resto resta avvolto da un fitto mistero, da una nebbia indistricabile, da un’oscurità perfettamente visibile. E così i giorni a partire dal 10 giugno si contano a ritroso, a passo indietro, perché è impossibile smettere di allontanarsi nel tempo ma almeno, se guardiamo verso il giorno in cui sei stata persa, Kata, saremo certi di non dimenticarti e tracceremo per te sentieri che sapranno farti tornare a casa. Piccole cose da dire ancora, Kata nostra: non è tanto grande il mondo da impedirti di fare ritorno, non è tanto lungo il tempo da impedirci di ricordarti e non è tanto pieno di angoli questo pianeta tondo da fare in modo che tu resti nascosta. I gigli del Perù si arrampicano sulle schiene sassose del luogo da cui provieni; alcuni Alstroemeria lo chiamano questo fiore sudamericano. Tu ti arrampicavi sui cornicioni dell’ex hotel e giocavi tra i sassi; alcuni Kata ti chiamano ma tu sei Kataleya. Kataleya Alvarez.
Bellissimo articolo, molto
profondo quanto delicato. Spero tanto che la dolcissima Kataleya sia viva e possa riabbracciare la sua famiglia. ❤️