LE OPINIONI

IL COMMENTO Il paradiso all’improvviso

DI LUIGI DELLA MONICA

Questo è il titolo del film di Leonardo Pieraccioni che ha riportato dopo diversi anni di oblio cinematografico l’isola all’attenzione degli intellettuali e del bel mondo della cultura nel lontano 2003. Il maestro toscano ha sempre manifestato il suo senso estetico ed il culto della bellezza nelle location dei suoi film, fra cui la nostra isola appunto, e nella scelta delle protagoniste, quali ad esempio la sua ex compagna Laura Torrisi e nelle attrici, comparse e figuranti, fra cui all’improvviso intravide in Luana, una splendida 22enne, sempre toscana, una gioia di vivere e di ridere al mondo, tanto che la ingaggiava in un suo film “Se son rose” uscito lo scorso anno 2018. Il 4 maggio il paradiso si è fermato, ha avuto una interruzione di lavori, tutti i santi ed i beati si sono per un istante ammutoliti, perché un nuovo angelo stava salendo in cielo, una ragazza bellissima di 22 anni, che purtroppo lasciava in terra una bambina di cinque anni, suo gioiello e suo orgoglio di donna lavoratrice ed emancipata, perché con l’esperienza avuto con Leonardo Pieraccioni si stava proiettando un orizzonte roseo per il suo avvenire. Purtroppo, però, con questo incidente brutale e disgraziato, la terra, la crudele realtà sensoriale di noi altri si è macchiata di una colpa omissiva e commissiva gravissima: l’indifferenza.

Ad appena tre giorni dopo la tanto sofferta ed amata festa del lavoro, che è il perno basilare della democrazia italiana (art.1), si verifica una morte bianca, che di bianco non ha proprio nulla, se non il termine convenzionale e politicaly correct. Il nostro codice penale recita che omettere tutte le cautele necessarie ad evitare un danno equivale a cagionarlo, per cui la Magistratura farà luce sulle responsabilità, ma quando muore una ragazza, un fiore di amore e di gioventù, la società democratica fondata sul lavoro ne esce n volte sconfitta. Si doveva perentoriamente evitare questo spicchio di inferno in terra, sia perché la vittima ha sofferto una morte da schiacciamento, sia perché le sue colleghe non sono riuscite a salvarla. Ma ve lo immaginate solo anche a chiacchiere il dolore della sua bambina a sapere che non potrà rivedere più la sua bellissima mamma e che in futuro da adulta dovrà conoscere le modalità specifiche della morte della madre. Cosa potrà raccontare non la nonna, che le sarà sempre vicina con affetto e dedizione, ma la società circostante e che giustifica darà alla piccola: è stata una fatalità? Tutto risolto con un processo lampo ed una condanna esemplare? La bimba quando sarà divenuta una donna cosa riceverà dalla comunità? Discriminazione, segregazione sessuale, limitazione dei suoi diritti di accesso al lavoro, cassa integrazione, impossibilità di accedere ad un mutuo, perché non avrà purtroppo una liquidità di quella necessaria a comprare casa, difficoltà di lavoro per sedi disagiate, per turni massacranti che non rispettano la sua futura condizione di madre, ovvero un’occhiataccia al suo pancione gravido, mancanza di asili nido e quei pochi aperti molto cari oppure piccoli lager confezionati per parcheggiare i bimbi tanto fastidiosi al rendimento delle lavoratrici madri. Oppure, all’inverso incorrerà nella più antiche delle tentazioni delle donne schiave e non emancipate: a fronte di una società patriarcale non lavorare e farsi mantenere.

Ovviamente non sto ignorando che gli eredi della giovane Luana chiederanno un risarcimento nelle sedi opportune, ma dovranno lottare almeno 5\7 anni per tutti i gradi del processo penale e\o civile, per conseguire un risarcimento pari al “capitale umano”, – Paolo Virzì 2014 – che non sarà mai in grado di riportare in vita la madre! Quale mondo dovrà vivere questa bimba da adulta, già privata del più grande degli affetti e soprattutto della speranza di farcela. Luana, a parte la sua bellezza fisica, lascia un vuoto incolmabile in questa società marcita dal suo interno, perché questa non è stata in grado di proteggere una donna, ragazza madre, emancipata che ce la stava facendo con le sue forze e senza le “spintarelle” clientelari che questo Paese meraviglioso ma irreversibilmente malato richiede per fra “progredire” le persone. Il sig. “Fedez” al secolo Federico Lucia, un nome normalissimo di un ragazzo del Sud, ardisce di prendersi la scena e la ribalta della festa del lavoro del 1 maggio 2021, su Rai 3, servizio pubblico pagato con la quota della bolletta energia elettrica di tutti gli italiani, per debordare il significato della conquista ideologica della emancipazione democratica del lavoro. Non sto criticando il suo pensiero propulsivo dell’abiura dell’omofobia, ci mancherebbe un principio di civiltà giuridica e sociale da sognare e realizzare. Si pensi quanti episodi di bullismo scolastico alimenta proprio la derisione del diverso, del gay. A mio umile parere, Fedez ha usato una ribalta mediatica errata. Il primo maggio è una festa dedicata alla discriminazioni sul lavoro, di cui l’omofobia può costituire una piccolissima costola. Le discriminazioni sul lavoro sono quelle che stritolano le donne ed in via indiretta i loro compagni uomini nella impossibilità di raggiungere posti di vertice della società, se mai ardiscono di vivere la maternità.

Io spesso, da partenopeo cumano – espressione che intende Neapolis e Pytechusai – ho sempre teorizzato che la longevità dipendesse dalla amenità dei luoghi delle penisola italiana, deridendo i popoli nordici, quali ad esempio la Svezia, che nella sua perfezione ed occupazione quasi totale vive la tristezza di una notte che dura sei mesi. Eppure sto ricredendomi, perché a 25 anni le ragazze svedesi arrivano anche ad aver generato 3 figli. Il perché non dipende dal fatto che l’Ikea sia stata inventata lì, ma dal fatto che la donna sul luogo del lavoro può portare in aree dedicate e sicure i propri figli; il reddito di cittadinanza non è una misura per evitare i parcheggiatori abusivi, oppure per fannulloni che non hanno mai voluto trovare occupazione, ma un sistema temporaneo di inclusione sociale. Quante famiglie italiane sono sparpagliate e frammentate tra varie regioni, perché lo Stato non ha saputo e voluto e nemmeno i sindacati hanno lavorato alacremente per questo garantire la contiguità fra abitazione e sede di lavoro. Ancora, uno dei primi settori di emancipazione delle donne è stato quello delle Forze di Polizia, ma si è badato in nome di una ossessiva parità di genere di destinarle agli stessi servizi del personale maschile, senza contare che a volte potevano correre rischi molto più seri per la propria incolumità, mentre avrebbero dapprima potuto riempire gli uffici e gestire serenamente la propria libera scelta di maternità.

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A titolo esemplificativo, non credo che una donna agente di polizia, in allattamento dopo il terzo mese dal parto rientri in servizio e riesca ad effettuare pattuglie notturne: l’alternativa è senz’altro interrompere l’allattamento e consegnarsi al “progresso scientifico” del latte in polvere. Sono questi i temi che doveva affrontare la festa del primo maggio, invece il sig. Fedez, che ha imposto il doppio nome al suo bimbo, dal vago significato angloelisabettiano, che abita in un appartamento di circa 30 mila euro metro quadro tuona dal palco del concerto del primo maggio per fustigare dei politici ignoranti a lui antipatici? No grazie, Fedez, ci piacciono le tue canzoni, ma quando parli di politica o di democrazia, mi dispiace non è tuo campo o coscienza. Il primo maggio è riservato a tutti i lavoratori, omo-etero, che si spaccano la schiena per arrivare a fine mese e talvolta non ci riescono neppure, ma il giorno dopo si alzano più tenaci di prima a volere continuare a lavorare onestamente. Non si risolvono i problemi degli altri prendendo un microfono del servizio pubblico italiano ed affermando slogan per compiacere gli ascoltatori: purtroppo, per risolvere i problemi bisogna viverli in prima persona, solo così si è credibili al cospetto delle persone che soffrono; il cappellino ed i tatuaggi ed il film sulla vita della moglie non servono ai lavoratori e non serve nemmeno alla figlia di Luana, a cui una società ormai implosa su se stessa ha strappato la madre ieri, oggi e domani.

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