LE OPINIONI

IL COMMENTO L’isola dell’eterno cantiere

DI ANTIMO PUCA

La luce del sole passa a quadretti tra le maglie delle griglie arse e impolverate che recingono i cantieri della nostra isola. Accade da molto. Da talmente tanto tempo che la gente ormai si è abituata a convivere con i crateri di lavori mai conclusi, fermi o che vanno a rilento. Non ci fa più caso. Per rassegnazione. Per impotenza. Perché i problemi, ora, sono altri e si conoscono. Queste visioni appartengono ormai ad un immaginario collettivo, come se l’isola dovesse essere così. Come se quello dovesse essere il suo giusto disegno, frutto di chissà quale eccelso pensiero. Nel salotto buono dell’isola il cantiere aperto del piazzale Maronti la fa da padrone primeggiando tra le opere incompiute. Inadempienze e criticità della ditta costruttrice andavano rilevate con più tempismo per poter ricorrere, da subito, alla risoluzione del contratto come prevede il tanto criticato codice degli appalti. Sono previsti tempi ancora lunghi. Nell’attesa, solo brutture e ritardi, ormai incalcolabili, in un punto nevralgico del Comune. 

Il piazzale offre all’osservatore gli ingombri dei crateri di cantieri fermi. Solo qualche sporadica presenza di manovalanza, ma per lo più disagi alla circolazione e alla sosta dei residenti e degli utenti tutti. E pensare che questi cantieri, in quanto connessi ad un servizio di pubblica utilità, si sarebbero potuti attivare anche durante il periodo del lockdown, con una specifica e preventiva comunicazione alla Prefettura, così come consentito da uno dei tanti Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri a cui ci siamo abituati. Per inciso, è la stessa critica che oggi si fa a chi non ha lavorato durante il periodo di blocco totale e che ora sta mettendo in ginocchio l’intera isola e non solo, con le centinaia di cantieri avviati con urgenza. Il piazzale Maronti rischia di diventare una ferita non più rimarginabile nel tessuto urbano. La  strada di Maronti fu una opera ciclopica a causa della orografia dei luoghi poiché la collina è una parete tufacea a picco sulla area della spiaggia. Nel 1952, Giovanni di Meglio riuscì a portare sul posto Alcide De Gasperi che fu colpito dalla bellezza dei luoghi ed assunse impegno che avrebbe finanziato la opera. Mantenne la promessa la Cassa del Mezzogiorno stanziò 600 milioni ed i lavori iniziarono nel 1956. Fu necessario abbattere le case che si trovavano proprio dove oggi sorge la Piazza Testaccio. I lavori durarono  quattro anni e nel 1960 fu inaugurata.

A Giovanni Di Meglio si inumidivano gli occhi quando vedeva le mogli dei pescatori di Testaccio che risalivano sotto il sole cocente la ripida via Carafà portando sul capo una pesante tinozza colma d’acqua di mare col pescato da vendere, uno dei motivi che lo spinse a quell’autentica impresa che fu la realizzazione della strada per i Maronti, ancora sfondo della pubblicità della nuova 500 Fiat. Aprì, con la strada dei Maronti, Barano al turismo e dotò l’isola di un altra fortissima fonte di ricchezza. E sopperì alla carenza, a dir poco, di strade non solo con quella per i Maronti ma con le preziose varianti di Piedimonte (che affiancava il percorso di Casabona) e di Barano centro (dove gli autobus interrompevano il giro dell’isola tornando indietro perché le strettoie impedivano il passaggio dei mezzi!). Segnatamente, la variante di Barano fu accompagnata dalla nuova strada per Testaccio (affiancata dalla pedonale a scalinata) che non solo si collegò con la strada dei Maronti, ma anche con quelle di Vatoliere-Schiappone e di Vatoliere-Molara. E ancora, mise in cantiere un progetto ambizioso che, se realizzato, avrebbe avuto un notevole impatto turistico e ambientale: la valorizzazione di Olmitello e Nitrodi con un centro termale che l’imprenditore Rizzoli si era impegnato a realizzare assieme al Comune di Barano, con una stradina pedonale che dal nuovo piazzale dei  Maronti avrebbe raggiunto Sant’Angelo. Erano tempi, quelli, in cui i Comuni erano poveri, le opere si costruivano con squadre di lavoro dotate di picconi e non di bulldozer, né si poteva contare sulle piogge di miliardi di oggi. Ma si operava più velocemente e senza la  corruzione attuale.

Le valutazioni vanno fatte considerando certamente il progetto, ma anche la solidità dell’operatore, il business plan, il contenuto delle convenzioni tra le parti, le fideiussioni. Accessibilità e mobilità sostenibile sono i due principi cardine, con particolare attenzione per la sicurezza di pedoni e ciclisti, l’aumento degli spazi naturali, naturalistici, per il parcheggio e l’eliminazione delle barriere architettoniche. L’interscambio con il trasporto pubblico locale deve potersi svolgere con facilità e in un contesto accogliente. Piazzale Maronti rappresenta un punto di connessione per il trasporto pubblico e la mobilità sostenibile particolarmente importante per l’accesso ad hotel, ristoranti, aree balneari e balneo termali. Penso che si debba aprire un dibattito con il Comune, un confronto ed un contraddittorio con tutte le categorie interessate e coinvolte siano esse di semplici cittadini, di commercianti, di operatori in genere, albergatori, imprenditori vari, oltre chiaramente a costruire tutte le tutele possibili in favore della collettività. Il promotore privato, fondamentalmente, persegue un obiettivo economico, un tornaconto finanziario a cui cerca di tendere proponendo anche un interesse pubblico. Quindi il rapporto di partenariato pubblico e privato va costruito, certamente, salvaguardando però i diritti e gli interessi dei cittadini: prima di tutto e sapendo dire anche dei no.

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La speranza per questo tipo d’incontro rimane viva. Per la voglia di sognare. Per la voglia di bello che è in ciascuno di noi. Per L’ attaccamento alla condivisione.

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Perché il confronto aperto è l’unica strada che possa sviluppare l’emancipazione delle coscienze  in grado di condurre al giusto, all’equilibrato. Al differente. Solo una coscienza dissetata della necessità di una libera riflessione potrà produrre risultati. Una coscienza vinta dai sentimenti subdoli che conducono al timore di essere obiettivi o alla facilità della convenienza al disinteresse, fa rimanere fermi e piccoli.

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