LE OPINIONI

IL COMMENTO Politica e tentazione al silenzio

DI GIUSEPPE LUONGO

Alla politica si accede per rottura e discontinuità rispetto allo stato di natura e persistere in questo stato non porta ad altro che al massimo dell’entropia, in quanto la natura è solo teatro di conflitto e di collisione. La politica è pensata come programma artificiale proprio come contrapposizione a quello naturale. Nel Cinquecento la politica come programma artificiale segna la formazione dei grandi stati nazionali moderni e in Francia i politici erano funzionari che sostenevano gli interessi del sovrano contro le pretese dei partiti religiosi, intendendo con la sovranità esprimere il potere assoluto dello stato. All’origine di questo modello alternativo allo stato di natura vi è il profondo mutamento del rapporto uomo-natura, prodotto dagli effetti della rivoluzione scientifica galileo-cartesiana; non solo cogito ergo sum ma a questo si accompagna protego ergo obligo, ossia la stretta relazione tra protezione e obbedienza. Mal’obbligo politico ha il suo fondamento nel consenso volontario e nel patto convenuto. L’effetto di tale rivoluzione è il cambiamento della nozione di natura e con essa cambia anche la ragione. La natura, secondo Galileo, è scritta nel linguaggio della matematica, secondo un complesso di leggi e regole. Il mondo politico non è pensabile senza razionalità, ritenendo di poterlo affidare alla dialettica e alla retorica anziché alla logica e al calcolo.

Salvatore Veca

L’immagine antropologica del modello della politica è mutata rispetto a quello aristotelico perché i requisiti di uguaglianza e libertà dopo Galileo sono chiaramente antiaristotelici. Infatti, se l’individuo aristotelico era immerso in un mondo di relazioni di ineguaglianza, l’individuo “moderno” è libero, isolato e uguale. La natura è solo conflitto reale o virtuale e senza stato non vi è salvezza. “Ogni modello di politica ha una metafisica tacita che per lo più coincide con una determinata immagine antropologica” dice Salvatore Veca. Quindi bisogna aspettarsi che il modello politico cambi al cambiare dell’antropologia. L’uomo aristotelico che vive in un mondo dove vigono regole di inuguaglianza, la famiglia è un sistema stratificato con l’economia strettamente legata a tale modello, la politica che muove dalla economia è il terminale di un sistema di ineguaglianza, definendone gli spazi operativi.Questo modello politico viene sostituito con il diffondersi del cristianesimo, in seguito alla conquista dell’uguaglianzad ei cittadini, fino alla rivoluzione scientifica nel Seicento, quando l’uomo diviene artefice del suo destino. Nel secolo successivo, ritenuto che la natura è solo conflitto senza stato, si sviluppa un intenso dibattito sullo stato che dovrebbe essere realizzato, al quale parteciparono Hobbes, Locke, Rousseau, Kant. Il rapporto conflittuale tra gli individui si risolve con la ragione entro l’universo politico che regola il conflitto prodotto da uguaglianza e libertà. Questo obiettivo è raggiunto se la politica è effettivamente autonoma, ovvero se si tiene fuori dalla politica ciò che politico non lo è.

L’interesse spinge gli individui della società ad avanzare la richiesta della libertà dalla politica, ma la società diviene tale solo attraverso la via politica. In mancanza di questa i conflitti sarebbero distruttivi. Una volta trovato un equilibrio in base al consenso sulle regole del gioco politico, occorre anche realizzare una struttura di poteri che si equilibrano. Questo problema aveva già impegnato Hobbes e lo stesso Spinoza, ritenendo che un affetto non poteva che essere frenato o rimosso da un altro affetto opposto. Nell’Ottocento la rivoluzione industriale fa associare a Marx il rapporto economia/politica alla storia naturale della produzione, pensando di dedicare Il Capitale a Darwin nel 1867. La lotta delle classi è il percorso aggiornato del conflitto previsto da Hobbes in rapporto alla riproduzione materiale della società. Ma il naturalismo di Marx con la critica all’economia politica intende portare ad un livello elevato la critica alla politica. Marx con la sua contrapposizione ai meccanismi che consentono il modo di produzione capitalistico e quanti sostengono tale percorso producono la condizione per il mutamento della società, in quanto la politica non è interessante, avvicinandosi così al pensiero di Hegel. In buona sostanza, paradossalmente, il modello che emergerebbe da Hegel e Marx sarebbe una riabilitazione del modello di Aristotele.

Carl Marx

La disattenzione alle problematiche della politica nel nostro Paese con la diminuzione della partecipazione al voto, crescente negli ultimi decenni, non può attribuirsi solo a una normale evoluzione per una democrazia matura come la nostra, ma dovrebbe allarmare i politici che tendono a svolgere sempre meno quel ruolo che è assegnato alla politica, vale a dire il contrasto al conflitto e allo sviluppo del caos e dell’entropia del sistema. Siamo in presenza di un cambiamento antropologico che necessita di un nuovo modello politico, mentre emerge sempre più quello aristotelico delle disuguaglianze. Il percorso storico e filosofico del modello politico è complesso e articolato, dove chi scrive questa breve nota non è un addetto ai lavori, ma cittadino con brevi esperienze sul campo.

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