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Il Ddl Falanga e quei dubbi sul fondo rotativo

Il Ddl Falanga viaggia spedito in Parlamento verso l’approvazione finale, ma in questi giorni tiene banco il dibattito su uno degli aspetti connessi alla fase applicativa della ormai prossima previsione legislativa. Legambiente esulta per le modifiche apportate al testo originario, che nell’ambito dei criteri di priorità imposti al pubblico ministero nell’esecuzione dei provvedimenti di abbattimento prevedeva che gli “immobili  di rilevante impatto ambientale o costruiti su area demaniale o in zona soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico ovvero a vincolo idrogeologico o a vincolo archeologico” venissero tirati giù dopo diverse altre categorie di manufatti. Una “classifica” che aveva scatenato l’indignazione degli ambientalisti, i quali hanno poi ottenuto nel passaggio alla Camera dei Deputati la modifica che impone in primis l’abbattimento degli ecomostri e dei manufatti abusivi costruiti in zone soggette a vincolo sismico. Realacci già parlava di “condono mascherato” dinanzi alla prima stesura, ora invece l’ex presidente di Legambiente è piuttosto soddisfatto. Tuttavia altri dubbi circondano quello che secondo alcuni magistrati resta il vero problema delle mancate demolizioni: l’assenza di autonomia finanziaria da parte delle Procure, dal momento che saranno sempre i Comuni ad avere la facoltà di chiedere finanziamenti per gli abbattimenti. E i Comuni, si sa, sono restii (e qui usiamo un eufemismo) nel procedere a tali richieste, sopratutto per timore di effetti negativi sul piano elettorale. Una tendenza che secondo alcuni p.m., tra i quali Nunzio Fragliasso, non porterebbe alcun sostanziale cambiamento circa la quantità degli immobili effettivamente abbattuti, che resterebbe percentualmente davvero infima, favorendo la percezione della sostanziale inefficacia degli ordini di demolizione. Le perplessità, secondo alcuni osservatori, sarebbero acuite dalla presunta insufficienza delle risorse economiche previste dal Ddl Falanga nel punto in cui istituisce un fondo di rotazione finalizzato all’erogazione di finanziamenti ai comuni per l’integrazione delle risorse necessarie agli interventi di demolizione delle opere abusive realizzate nei rispettivi territori, con uno stanziamento pari a 5 milioni di euro per l’anno 2016 e a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020. Cifre, da restituire in dieci anni, che secondo alcuni sarebbero insufficienti a procedere all’esecuzione delle ordinanze. Ma in realtà tali risorse sarebbero comunque integrative al precedente fondo di rotazione previsto dalla legge 326 del 2003 (il cosiddetto terzo condono) il quale prevede testualmente che “la Cassa depositi e prestiti e’ autorizzata a mettere a disposizione l’importo massimo di 50 milioni di euro per la costituzione, presso la Cassa stessa, di un Fondo di rotazione, denominato Fondo per le demolizioni delle opere abusive, per la concessione ai comuni [..] di anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi agli interventi di demolizione delle opere abusive anche disposti dall’autorità giudiziaria e per le spese giudiziarie, tecniche e amministrative connesse”. Una cifra dunque ben più corposa, anche se come detto i sindaci restano i destinatari del fondo. Intanto, la Commissione bilancio del Senato, che lo scorso mercoledì avrebbe dovuto rendere il parere sul disegno di legge, ha preferito il silenzio. Come già si legge nel resoconto sommario nella seduta precedente della Seconda commissione permanente, “il presidente D’Ascola comunica di aver appreso che la Commissione bilancio, per quanto riguarda la fase referente, non formulerà nella giornata di oggi alcun parere sul testo in esame e sui relativi emendamenti, riservandosi di esprimere il parere per l’esame in Assemblea. Fa presente inoltre che i termini regolamentari per l’espressione del parere medesimo risultano ampiamente decorsi”. E comunque, come fece notare lo stesso senatore Falanga nell’intervista pubblicata su Il Golfo una settimana fa, secondo l’articolo 81 del regolamento del Senato, il parere della Commissione bilancio non è necessario: la legge potrà quindi essere approvata ugualmente anche in caso di ipotetico parere contrario.

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