LE OPINIONI

IL COMMENTO L’impresa firmata dall’Ischia Calcio

DI GIOVANNI SASSO

Vincere non è mai facile. Sembra una frase fatta, ma nel caso dell’Ischia Calcio, non lo è. Per una squadra isolana, per giunta in una categoria come l’Eccellenza campana, trattasi di vera e propria impresa. Aggiungerei, una grandissima impresa! Un’esperienza bellissima, esaltante, gratificante vivere questa cavalcata a stretto contatto con dirigenza, staff tecnico, collaboratori e soprattutto loro, i gladiatori gialloblù. Coinvolto in corso d’opera dal presidente Taglialatela e dal d.s. Lubrano, ho avuto il privilegio di raccontare attraverso le note “a botta calda”, i vari comunicati e qualche foto/video, questa splendida affermazione di una squadra che definirei una vera, grande famiglia. Un gruppo guidato da un allenatore che diciassette anni fa aveva già provato una gioia simile, indossando la fascia di capitano. Buonocore nel 2005/06 fu la ciliegina sulla torta di una squadra costruita per abbandonare le scene regionali dopo sette annate da incubo. Stavolta il discorso era diverso. Molto diverso. A giugno c’era un presidente che aveva appena rilevato la gestione D’Abundo e un direttore sportivo in attesa di capire come e cosa aggiungere su una base affidabile, competitiva, ma non in grado di “vincere”. Grazie alla testardaggine, alla determinazione di Pino Taglialatela, una stagione decisamente “interlocutoria” si è trasformata in ben altro. Convincere Lello Carlino a riprendere un discorso dopo otto anni (a ulteriore dimostrazione del suo amore per questa terra), ha dato il “la” a quel che poi si è materializzato.  

Giorno dopo giorno, ho potuto constatare che stava venendo fuori un’Ischia di tutto rispetto, ma le sagome in primis di Pompei e Albanova (Napoli United, Ercolanese, Villa Literno e Pomigliano comunque di tutto rispetto) erano comunque imponenti. Seguo l’Eccellenza campana fin dal primo anno della sua reintroduzione (1990) e posso affermare, senza tema di smentita, che quello terminato qualche giorno fa è tra i quattro-cinque campionati più difficili in assoluto. Di solito ai nastri di partenza sono in tante a gonfiare il petto, a sognare obiettivi ambiziosi, salvo poi fare un passo indietro di fronte alla prova del campo. In questa stagione, organici alla mano, erano ben otto – dico otto – le squadre in grado di battersi per le prime cinque posizioni che valgono il salto di categoria e le posizioni play-off. E se due di queste sono venute meno, è per avvenimenti che a settembre nessuno (o quasi) avrebbe pronosticato, che hanno intaccato la sfera societaria e non tecnica. Le più accreditate, si sono date battaglia fino alla penultima giornata, con la sorpresa Casoria che ha chiuso alle spalle dell’Ischia. E qui mi riallaccio al discorso dell’impresa, tecnico-sportiva ma soprattutto economica perché l’Ischia ha vinto spendendo il giusto, senza cifre folli. Chi è dell’ambiente conosce la portata degli investimenti fatti in terraferma, sa bene che il budget del club gialloblù è inferiore a tante altre protagoniste del girone, nemmeno paragonabile ad esempio a chi ha trionfato nell’altro raggruppamento. Per tale ragione, il retrogusto di questo successo – possibile grazie al sostegno dei sempre calorosi e meravigliosi tifosi gialloblù (lo hanno confermato nell’ultima di campionato) – è semplicemente sublime. Abbinare il risultato del campo a quello economico, non capita tutti i giorni. 

Ho avuto il piacere di vivere una simile simbiosi nel 95/96, quando un’Ischia assai “isolana”, giovane ma “cazzuta”, si rese protagonista di una stagione da applausi. Merito dei condottieri Rispoli (ciao mister) e Impagliazzo, di una società che si faceva apprezzare per sacrifici e calore paterno. Per questo motivo di recente ho paragonato l’Ischia di oggi con quella Ischia: non un semplice gruppo ma una vera e propria famiglia. In cui ci si voleva bene per davvero, tutti remavano in un’unica direzione, dove il problema di uno era il problema di tutti. Non si dice una sciocchezza quando si afferma che le vittorie si costruiscono sì sul campo ma soprattutto nel chiuso delle quattro mura, nei rapporti, nell’immedesimarsi.

Raccontare un successo stando dall’altro lato della barricata, ha sempre un sapore speciale. Specialmente quando lo stemma dell’Ischia ce l’hai tatuato sul cuore. L’ultima esperienza di sette anni fa – l’annata in Lega Pro, iniziata col piede giusto ma conclusasi con una retrocessione purtroppo annunciata al giro di boa – fu assai traumatica. In circa dieci mesi ne avevo viste (e subite) davvero troppe per immaginare un ruolo diverso da quello che ho sempre occupato. E quando parlo di “troppe”, potrei aprire una serie di capitoli tale da far perdere la voglia di entrare in uno stadio anche al più sfegatato degli ultras. Ma mi hanno chiesto ben altro: ritorniamo a quello che è stato, alla bellezza di accompagnare un gruppo fantastico verso un traguardo sognato, agognato, ma difficile. L’Ischia è appena ritornata sui palcoscenici nazionali e quella ferita si è finalmente rimarginata. Florio è l’anello di congiunzione tra quell’anno horribilis e quello della riscossa. Quel senso di rivalsa che è emerso quando mi è stato chiesto di ributtarmi nella mischia. Mai avuto dubbi sulla bontà del lavoro impostato dal presidente, capace di creare un ambiente speciale. L’Ischia è in D grazie alla grande passione di Taglialatela, unita alla sua voglia di risvegliare l’entusiasmo di un’isola intera. Quando conosci da sempre le persone che fanno parte del progetto, tutto diventa più semplice e maggiori sono le possibilità di riuscita. Pino è uno di queste. Con Lubrano, i fratelli Buonocore, “Taratà”, Mennella, Enzo il segretario e tutti i collaboratori, si rischia di sfondare una porta aperta. A proposito di porte: la promozione dell’Ischia, ribadisco speciale per come è stata conquistata, rappresenta una grande occasione per gettare le basi in chiave futura. Non sprechiamo questa impresa, teniamo alto il livello di entusiasmo, alimentiamo questo progetto. E’ un invito a chi ha la possibilità di contribuire alla causa. Non sono tantissimi, ma nemmeno pochi. L’Ischia ha bisogno di tutti. Per continuare a sognare.

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