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Lacco, è giusto che il Comune si auto affidi il porto

Ieri salta la seduta di consiglio comunale, presente in sala consiliare il solo Domenico De Siano: appuntamento lunedì alle 14.30 quando l’argomento dell’approdo diportistico sarà discusso accompagnato da un parere pro veritate redatto dall’avvocato Bruno Molinaro. Che nella sua esposizione trae conclusioni nette e perentorie

L’argomento sarà discusso nel prossimo consiglio comunale di Lacco Ameno, lunedì in seconda convocazione alle 14.30. La seduta in programma ieri è saltata, andata deserta visto che all’orario convenuto si è presentato il solo Domenico De Siano. Sarà centrale la questione porto e in particolare si discuterà anche di un parere pro veritate richiesto per conto del Comune di Lacco Ameno all’avvocato Bruno Molinaro dal responsabile di settore Vincenzo D’Andrea. Il quesito attorno al quale ruota il predetto parere è fin troppo chiaro: “Può ritenersi legittimo il provvedimento con il quale il Comune, senza il preventivo esperimento di una gara, stabilisce di auto affidarsi la gestione diretta, o tramite società in house o azienda speciale, del porto turistico (specchi acquei, aree e beni costituenti l’approdo turistico) e dei servizi funzionali alla nautica da diporto (ormeggio, disormeggio, alaggio, varo, ecc.)?”. Insomma, una volta ottenuto il dissequestro dell’approdo fino a qualche tempo fa gestito da Marina di Capitello l’ente guidato da Giacomo Pascale punta ad ottenerne la gestione diretta e siccome l’argomento dovrà essere discusso e votato in consiglio meglio farlo dopo aver raccolto il parere di un esperto che sarà ovviamente oggetto di dibattito proprio nella seduta di lunedì pomeriggio.

Molinaro risponde in maniera chiara e perentoria al quesito scrivendo in primis quanto segue: “Accettato l’incarico, rispondo affermativamente al quesito formulato, sulla base delle mie conoscenze de iure condito e tenuto conto dell’ampia giurisprudenza formatasi in materia. È sufficiente, a tal fine, richiamare in primo luogo la Direttiva 2014/23/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione. Tale Direttiva, recepita dall’Italia con d.lgs. del 18 aprile 2016, n. 50, stabilisce, infatti, all’art. 2 (Principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche), che: ‘La presente direttiva riconosce il principio per cui le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l’esecuzione dei propri lavori o la prestazione dei propri servizi in conformità del diritto nazionale e dell’Unione. Tali autorità sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici’”. Dette autorità possono decidere di espletare i loro compiti d’interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli a operatori economici esterni”.

Molinaro si sofferma poi anche sulla giurisprudenza formatasi in materia e ricorda: “A non diverse conclusioni approda anche la giurisprudenza formatasi in materia. Come chiarito dal T.A.R. Liguria, Sez. I, con sentenza del 9 novembre 2021, n. 946, all’esito del giudizio promosso da una impresa individuale nei confronti del Comune di Portofino, l’affidamento della gestione di un porto turistico si caratterizza per il fatto che, accanto alla concessione di beni demaniali marittimi, impone la prestazione di servizi funzionali all’esercizio della nautica da diporto (ormeggio, disormeggio, alaggio, varo, etc.). Si tratta, quindi, di una figura complessa e peculiare (sebbene non isolata, potendo talvolta la concessione di un bene pubblico risultare servente alla prestazione di un servizio al pubblico: cfr., tra le tante, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 13 giugno 2017, n. 6985), nella quale profili in tema di concessione di beni pubblici coesistono con aspetti attinenti all’affidamento di servizi pubblici. Di qui l’astratta convergenza della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e degli appalti pubblici, nonché della normativa in materia di demanio marittimo (codice della navigazione e relativo regolamento di esecuzione) e delle regole concernenti l’autorizzazione delle attività economiche. Nella prassi – ricorda il TAR – accade sovente che, per gestire l’approdo direttamente oppure tramite una società in house o mista, i Comuni si auto affidino in concessione il compendio portuale”.

“Può ritenersi legittimo il provvedimento con il quale il Comune, senza il preventivo esperimento di una gara, stabilisce di auto affidarsi la gestione diretta, o tramite società in house, del porto turistico e dei servizi funzionali alla nautica da diporto”

Poi c’è la parte finale, riservata alle conclusioni, oggettivamente molto più tecniche ma che comunque rendono chiaro quale sia il parere dell’avvocato Bruno Molinaro che così si esprime: “In conclusione, richiamate ancora una volta le Direttive UE 2014/23/UE e 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, nonché l’univoca giurisprudenza, anche del Consiglio di Stato, formatasi in materia, confermo che è senz’altro legittimo il provvedimento con il quale il Comune, senza il preventivo esperimento di una gara, stabilisce di auto affidarsi la gestione diretta, o tramite società in house o azienda speciale, del porto turistico (specchi acquei, aree e beni costituenti l’approdo turistico) e dei servizi funzionali alla nautica da diporto (ormeggio, disormeggio, alaggio, varo, ecc.). La fattispecie, infatti, non ricade, con ogni evidenza, sotto l’egida della direttiva 2006/123/CE (c.d. Bolkestein), con conseguente insussistenza dell’obbligo di selezione tra gli eventuali candidati sancito dall’art. 12 della medesima direttiva (e recepito nell’art. 16 del d.lgs. n. 59/10). Invero, la non operatività della normativa in parola risulta, oltre che dai rilievi innanzi svolti e dalla granitica giurisprudenza citata, anche dai ‘considerando’ n. 8 e n. 21 della stessa direttiva 2006/123/CE. Il n. 8 precisa che le relative disposizioni non obbligano gli Stati a liberalizzare i servizi di interesse economico generale, sì che i predetti servizi 9 possono essere somministrati dagli enti pubblici (senza attivare una procedura concorrenziale tra loro ed i potenziali fornitori privati). Il n. 21, inoltre, esclude dal campo applicativo della direttiva i servizi portuali, nei quali devono ritenersi compresi anche quelli afferenti alla portualità turistica. In tali sensi il chiesto parere”.

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