CRONACAPRIMO PIANO

Oneri di costruzioni per 3.800.000 euro, il Pio Monte ricorre al Tar

L’ente morale contesta la determina con cui dal municipio di Casamicciola si chiede il pagamento degli oneri da versare per le opere che dovrebbero portare la struttura ormai dismessa a diventare un albergo di lusso. Ecco i motivi alla base dell’iniziativa, che innesterà inevitabilmente un braccio di ferro giudiziario

Per una volta non vanno a braccetto, circostanza abbastanza condivisibile quando di mezzo c’è la vile pecunia, come si dice in gergo. E così l’ente Pio Monte della Misericordia e il Comune di Casamicciola potrebbero presto incontrarsi dinanzi ai giudici del Tar Campania dal momento che il primo – nella persona del legale rappresentante pro tempore Alessandro Pasca di Magliano ha deciso di appellarsi alla magistratura amministrativa per l’annullamento della determina del 2 aprile 2020 del responsabile urbanistica con la quale è stato determinato l’importo del contributo di costruzione in relazione all’istanza di rilascio di permesso a costruire prot. n. 14228 del 2019. Nello specifico parliamo della somma da versare all’ente del Capricho che lo stesso aveva determinato in 3.779.412 euro, da versare per le opere che avrebbero portato al complesso termale extralusso che dovrebbe sorgere nell’area ormai dismessa, diroccata e cadente. Ma su che cosa si fonderebbero le ragioni dell’ente morale con sede nel capoluogo partenopeo e titolare della struttura casamicciolese?

NESSUN ONERE DA VERSARE, L’INTERVENTO E’ DI RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO

Cercando di non tediare troppo i lettori e di non scivolare eccessivamente nell’aspetto squisitamente tecnico, il Pio Monte sostiene che gli oneri richiesti dal Comune termale non sarebbero dovuti giacché nel caso di specie ci si troverebbe davanti a un’operazione di restauro e risanamento conservativo, che è da ritenersi gratuita e non assoggettata a contributo di costruzione anche per la disciplina regionale. Dettagli, questi, che sarebbero contenuti anche nella relazione asseverata che non a caso viene citata nei suoi passaggi più significativi all’interno del ricorso redatto dai legali dell’ente. Ricorso in un cui passaggio si legge a riguardo: “Da quanto emerge nella riportata relazione, l’insieme di opere da assentire, dunque, ha il pregio di riportare la struttura, in stato di dismissione, alla funzionalità precedente, senza modificarne volumetria, sagoma, prospetti, superficie, sì da consentirne nuovamente l’utilizzazione, nonché l’adeguamento del complesso agli elevati standard igienici e di qualità che richiede attualmente l’esercizio dell’attività ricettiva”.

Alessandro Pasca di Magliano

E poi si scende nel dettaglio spiegando che “in particolare, le opere consistono essenzialmente in interventi di consolidamento statico, di demolizione di superfetazioni, di restauro, di installazione di impianti, di risanamento funzionale, lasciando inalterato il carico urbanistico del complesso, in ragione del fatto che, come riportato nella relazione, la capacità ricettiva dello stesso, ora come allora, rimane di 150 posti letto. Alla luce di quanto esposto, pertanto, l’intervento ha natura di restauro e risanamento conservativo in quanto perfettamente sussumibile nell’art. 3 comma 1 lett. C) del TUED (Testo Unico in materia edilizia, ndr) e pertanto non assoggettabile a contributo di costruzione”.

IL TESTO UNICO DELL’EDILIZIA A SUPPORTO DELLA TESI DIFENSIVA

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La parte ricorrente, successivamente, ricorda pure che – per quanto restauro e risanamento conservativo costituiscano interventi edilizi non sottoposti al pagamento del contributo di costruzione – lo stesso TUED attribuisce alle regioni il povere di individuare con legge ulteriori interventi assoggettabili al pagamento di detti oneri. E a tal proposito rimancano che “la disciplina della Regione Campania, contenuta nella legge regionale n. 19/2001… non prevede l’obbligatorietà della corresponsione del contributo di costruzione per gli interventi di restauro e risanamento conservativo”. L’avvocato Enrico Soprano evidenzia inoltre che la normativa richiamata si limita a ribadire in due articoli della già citata legge regionale che l’obbligo del contributo di costruzione resta valido solo per gli interventi sottoposti a SCIA ove questo sia dovuta senza individuare ulteriori interventi soggetti a detto obbligo. E qui il legale scrive nel ricordo che “Orbene, considerato l’intervento normativo richiamato, e vista l’assenza di un’ulteriore normativa avente rango primario intervenuta nel tempo, deve ritenersi che gli interventi edilizi soggetti al pagamento del contributo di costruzione sono costituiti esclusivamente da quelli individuati dalla normativa nazionale. Ne deriva che gli interventi di conservazione – tra cui rientra il restauro e risanamento conservativo – sono gratuiti e non assoggettati a contributo di costruzione anche per la normativa regionale”.

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IL LEGALE: “ANCHE IL REGOLAMENTO COMUNALE CI DA’ RAGIONE”

Ma secondo il Pio Monte c’è da sottolineare anche un altro aspetto, quello legato cioè alla circostanza secondo cui il Comune di Casamicciola con la determinazione impugnata avrebbe violato la normativa introdotta con il suo RUEC (Regolamento Unico Edilizia Comunale). A seguire viene riportata anche una sintetica descrizione delle opere da qualificare in quel contesto che secondo il ricorrente avvalorerebbe le proprie tesi e darebbe quindi ragione. Più avanti si spiega che le opere in esame assumono tutti i caratteri per far parte dell’ambito suesposto dal momento che l’intervento “non altera l’aspetto esteriore dell’immobile; non altera la superficie utile dell’immobile; conserva la sagoma e la facciata originaria; non ha ad oggetto attività di demolizione e ricostruzione; consiste tutt’al più in un insieme di opere costituenti manutenzione straordinaria, che è inclusa all’interno della categoria del restauro e del risanamento conservativo; non dà luogo ad un organismo edilizio diverso dal precedente; non comporta nemmeno traslazione lorda di superficie di pavimento; è diretto alla conservazione, al recupero ed alla ricomposizione di reperti e di spazi, sia interni che esterni, di per sé significativi o che siano parte di edifici, ambienti e complessi meritevoli di tutela. Ne deriva che l’intervento edilizio da assentire non può essere assoggettato al contributo di costruzione in quanto non solo è intimamente inerente allo ius utendi del titolare ma è volto, in via esclusiva, a mantenere, restaurare e risanare la struttura del complesso”.

SE RICOSTRUZIONE C’E’, E’ “LEGGERA” E NON “PESANTE”

Ma c’è dell’altro. Un secondo motivo di ricorso vede il Pio Monte ritenere che “anche nella denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere che, anche nella denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere che quello oggetto del contendere sia un intervento di ristrutturazione edilizia, in ogni caso la determina sarebbe da ritenersi illegittima. Questo perché, secondo l’avv. Soprano, la tipologia edilizia sarebbe da ricomprendere nell’ambito della ristrutturazione “leggera” e pertanto non sottoposta al pagamento del contributo di costruzione. Non può rientrare secondo il ricorrente nella categoria “pesante” non comportando modifica della volumetria e nemmeno mutamento della sagoma dell’edificio.

Il terzo motivo di ricordo è quello nel quale si evidenzia come il provvedimento di imposizione del pagamento del contributo di costruzione è comunque illegittimo nella parte in cui condiziona il rilascio del permesso di costruire al pagamento del relativo importo. Questa viene ritenuta una vistosa anomalia perché, si legge nel ricorso, “non è comprensibile come sia possibile paventare l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio in caso di mancato pagamento, considerato che avrebbe ad oggetto un provvedimento che, inevitabilmente, non è mai stato rilasciato”. E poi ancora si aggiunge che “è dunque evidente che la stessa norma nazionale prevede che il contributo venga disposto durante l’esecuzione dell’intervento, non potendo costituire il medesimo condizione per il rilascio dello stesso titolo abilitativo. Ciò significa, peraltro, che anche il mancato pagamento del contributo di costruzione, ove dovuto, non può costituire presupposto di annullamento del titolo edilizio, in quanto la relativa inadempienza può essere perseguita solo con l’attività sanzionatoria all’uopo prevista”. Un elenco di motivazioni per i quali il legale del Pio Monte chiede l’accoglimento del ricorso. E’ chiaro che ci si prepara ad una battaglia giudiziaria, inevitabile quando balla un “malloppo” del genere tra chi ha interesse ad incassarlo e chi non ne vuol proprio sapere a quanto pare di versarlo. E siamo appena al primo capitolo…

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