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Le campane (delle sconfitte civili) suonano per tutti noi

E’ veramente con grande piacere che mercoledì ho letto, su questo giornale, l’opinione di Benedetto Valentino dal titolo: “ Per chi suona le campane e…le manette”. L’approfondimento che ha fatto merita attenzione e riflessione. Parto dall’assunto, a mio giudizio molto veritiero, che Ischia fatica a leggere e interpretare i grandi e veloci cambiamenti del mondo moderno. La nostra isola sembra affetta da una grave forma di dislessia che le impedisce di decifrare quanto accade intorno, in Italia e nel mondo. Da questa giusta considerazione, però, Valentino fa discendere la conseguenza, con un salto troppo brusco, che l’economia ( siamo in recessione da molti anni) determina il decadimento morale e sociale e fa scattare la grande reazione giudiziaria. E’ il turbocapitalismo – a suo modo di vedere – che spinge gli appetiti individuali a commettere reati e a dovere rispondere individualmente alla giustizia. In politica nessuna più giustificazione di finanziamento illecito dei partiti, ma individuazione di precisi “ concussori”. Nell’imprenditoria nessuna giustificazione più per “lacci e lacciuoli urbanistici ed amministrativi”, che impediscono l’iniziativa privata, ma personale sconfinamento di leggi e regolamenti che vanno perseguiti dalla magistratura. C’è un però. Che quella marxiana non è l’unica chiave di lettura possibile della Storia. Non tutto è determinato dai cambiamenti economici. A volte ci sono guerre o rivoluzioni le cui motivazioni sono ideali ( lotta per la riconquista della libertà), religiose, culturali ( lotta all’oscurantismo). Allora mi chiedo, la crisi di Ischia è soprattutto economica che innesta decadimento morale o, viceversa, l’isola sconta una divaricazione – da sempre esistente – tra sviluppo economico, che adesso non c’è più ma che c’è stato impetuoso fino a 10-20 anni fa, e sviluppo civile e culturale, che non ha coinvolto la stragrande maggioranza degli ischitani? Le crisi economiche deprimono e innescano pericolose derive di indebitamento e di disseccamento dei pozzi della liquidità; ma le crisi culturali e morali agiscono al pari di potenti diserbanti che distruggono ogni possibilità di ricrescita dell’erba delle idee, dell’innovazione, della competizione turistico-ricettiva. La magistratura fa il proprio dovere, quando non si lascia tentare dal “ coupe de théatre”, ma non risolve le crisi morali e culturali del paese. Sulle macerie umane, né l’economia da sola né la magistratura riescono a costruire. La fenice morale deve risorgere autonomamente dalle ceneri; ad aiutarla può esserci soltanto la scuola, la lettura, lo studio, la conoscenza del mondo, il confronto civile. Sì, lo so, è un armamentario vecchio, ma è l’unico che esista. Richiede tempo, sì lo so, passione e pazienza, ma è l’unico che funziona. Certo ci sono sull’isola anche eccellenze culturali, ma che rimangono delle piccole isole rispetto all’intero corpo sociale e, per di più, queste isole di eccellenza culturale sono – per l’appunto – isole anche tra loro, compartimenti stagni, non riescono nemmeno a costituire un arcipelago. Il senso dell’unione, della collaborazione, dell’integrazione manca non solo al “ corpaccione” sociale dell’isola, ma anche alle isole di eccellenza. Detto ciò, capovolgo il ragionamento dell’amico Benedetto: non è – per caso – che la mancata crescita civile e culturale ha impedito alla classe imprenditoriale ischitana di interpretare i mutamenti del mondo e ha impedito di creare un modello di sviluppo credibile e sostenibile, un progetto di crescita su presupposti totalmente diversi da quelli precedenti, di sfruttamento del territorio, di abnorme aumento delle superfici costruite, di un numero eccessivo di camere d’albergo e di sottostima di servizi moderni ed essenziali? Per ritornare agli ultimi scandali isolani, a ben vedere, quasi tutti fluttuano al confine tra l’immorale e l’illegale. Potrebbero anche tutti concludersi con delle assoluzioni, in quanto il rilievo penale dei fatti appare incerto e gli elementi probatori ( al netto di intercettazioni telefoniche)  a volte insufficienti. Ma questo non solleva i soggetti da un pesante giudizio morale. E se per i reati sono previste delle pene, per i comportamenti immorali qual è la penale? Il giudizio della collettività? E se la collettività ha ugualmente una coscienza ottenebrata, ci sarà mai un giudizio di condanna morale? Quanto al suono della campana, evocato da Ernst Hamingway, ma immortalata in una splendida poesia dell’inglese John Donne, ricordiamo che: “ Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto…La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana; suona per te”. Ma tutto questo Valentino lo sa. Gestisce un Premio giornalistico internazionale, ha fatto l’editore, ha pubblicato giornali, libri. Sa che l’attenzione a queste espressioni culturali, ad Ischia, non è mai stata pari all’importanza e all’impegno che vi ha speso. Guai, però, a considerare che l’economia decida e determini tutto da sola. Dovremmo tutti, in questo caso, chiudere baracca e burattini!

 

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