CRONACA

L’ultimo intervento pubblico e quel “testamento” politico

Un mese prima di morire, il 16 febbraio 2020, giorno del suo 80° compleanno, in occasione della presentazione dei suoi primi due volumi discritti scelti, nella sede nazionale del PCIM-L Forio, Domenico Savio tenne il suo ultimo intervento pubblico. Nel quale ripercorreva le tappe salienti della sua vita.

“Senza conoscere il passato non è neppure possibile prevedere e prevenire il futuro, nel passato affondano le radici dello sviluppo futuro dell’umanità”.

“E’ dovere di ognuno di noi preservare e ravvivare costantemente la memoria storica del passato, anche per evitare il ripetersi degli errori e dello sviluppo sociale distorto di esso”.

Domenico Savio negli studi Rai
Domenico Savio negli studi Rai

“Ogni uomo o donna cosciente che abita sulla Terra lascia una eredità socialmente importante della sua esistenza da preservare e trasmettere alle future generazioni – attraverso lo scritto o altro mezzo di conservazione e divulgazione di massa -, come il frutto del suo lavoro manuale e intellettivo, il sapere artistico e letterario, la conoscenza scientifica, costantemente alla ricerca di nuove scoperte sino all’esplorazione dell’intero Universo e delle leggi che ne regolano l’esistenza, l’impegno per il miglioramento dell’organizzazione sociale e della coesistenza, la lotta sociale per raggiungere livelli sempre più alti di convivenza collettiva, fraterna, ugualitaria e altruistica, il passaggio da un’epoca inferiore, in termini di rapporti sociali tra gli individui, a un’altra superiore, per quanto attiene l’adozione e l’applicazione dei principi della solidarietà e della mutuo soccorso, sino al raggiungimento di una convivenza umana pienamente e concretamente fondata sulla totale uguaglianza economica e sociale tra tutti i membri della comunità. La democrazia e la libertà sono effettivamente tali solo quando tutti gli individui godono delle identiche condizioni materiali della vita. Spetta o ognuno di noi nella vita contribuire a preservare e tramandare alle future generazioni tale patrimonio di conoscenze e di emancipazione sociale”.

A partire da questi assunti universali ho pensato, con la sincera e leale modestia che accompagnano sempre l’esistenza di un coerente comunista, ovvero di un marxista-leninista – di ciò ne sono testimoni quanti hanno avuto la possibilità di incontrarmi, conoscermi e giudicarmi – che forse anche il mio esistere sulla Terra abbia qualcosa da trasmettere alle future generazioni, si tratta di semplice materiale di conoscenza e di valutazione, nient’altro, che viene sottoposto al giudizio del lettore senza alcuna presunzione, ma semplicemente come possibilità di riflessione e di approfondimento di cose dette, scritte o sostenute nel corso di infuocate battaglie ideologiche, politiche, culturali e sociali. Il lettore potrà liberamente valutarle o meno, accoglierle o respingerle, consigliarle o ignorarle, utilizzarle o sconsigliarne l’utilizzo, ma importante è consentire a chi lo voglia di poterle trovare, leggere, conservare, commentare e farne l’uso che ritiene più consone e rispondente alle proprie idee e alle proprie battaglie di vita per costruire un mondo migliore, per me comunista.

Sono nato e ho vissuto l’infanzia a margine del Rione baraccale Umberto I di Monterone, con accesso da piazza Cerriglio. Dove regnava una miseria nera, vi erano bagni in comune, dire bagni è un eufemismo, la puzza irrespirabile si sentiva fin dalla piazza.

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Per rendere evidente lo stato di bisogno delle famiglie lavoratrici che abitavano il Rione vi voglio raccontare un episodio vissuto direttamente. Intorno ai dieci anni una domenica mattina di maggio i miei genitori mi mandarono nel nostro terreno della Pennanova a raccogliere un fascio di piselli freschi per cucinare a mezzogiorno pasta e piselli, un pranzo festivo e pregiato per quei tempi. Ma dalla discesa dei Tironi a oltre piazza Cerriglio i baccelli dei piselli erano stati quasi tutti staccati da un gruppo numeroso di ragazzi affamati del Rione baraccale. Ritornai a casa con le ginocchia in parte sgusciate per una caduta conseguente al tirare dei ragazzi del fascio da dietro e quasi senza piselli. Non ho mai nutrito rancore per quello episodio, ma ne ho tratto insegnamento di vita, scelta di vita per stare sempre da parte dei più deboli socialmente e per contribuire a costruire una società migliore per tutti, che per me è la società prima socialista e poi comunista, che può essere realizzata solo con la rivoluzione socialista della classe lavoratrice operaia e dell’intellettuale d’avanguardia.

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A 13 anni mi iscrissi alla FGCI, la gloriosa Federazione Giovanile Comunista Italiana divenendone dirigente isolano, iscrivendovi circa 160 giovani lavoratori e tenni il primo comizio della mia vita dal tetto di una antica cantina nella piazzetta di Buonopane, rimasto come allora e sopravvissuto alle mutazioni del tempo. A 18 anni entrai nel PCI, il Partito Comunista Italiano – erede del PCd’I, il Partito Comunista d’Italia Sezione della Terza Internazionale o Internazionale Comunista, fondato da Gramsci e Altri a Livorno il 21 gennaio 1921- rimanendovi sino al 1976, quando quel grande e glorioso PCI delle lotte operaie, della lotta clandestina al nazi-fascismo, della Resistenza, della guerra civile al fascismo e al nazismo e della costruzione dell’Italia socialista oramai era stato immesso, dai gruppi dirigenti imborghesiti, sulla strada del partito interclassista, della via italiana al socialismo, del revisionismo, del trasformismo e delle ammucchiate a sinistra, già a partire da Togliatti per proseguire con Berlinguer, Occhetto, eccetera, ovvero era stato già trascinato nell’immondizia del capitalismo e dell’imperialismo economico e militare.

Una delle copertina del quotidiano Il Golfo dedicata a Domenico savio, ed. del 9 febbraio 2006
Una delle copertina del quotidiano Il Golfo dedicata a Domenico savio, ed. del 9 febbraio 2006

A 19 anni da dirigente fui ammesso dal Partito a frequentare la prestigiosa scuola ideologica e politica “Palmiro Togliatti” delle Frattocchie a Roma, fu esperienza esaltante, dove crebbe in me la passione rivoluzionaria per la lotta di classe e il socialismo.

Sono stato: collaboratore (dal 1 marzo 1972) del glorioso quotidiano l’Unità, fondato da Antonio Gramsci il 12 febbraio 1924 e poi de Il Settimanale d’Ischia (1976-1983); Fondatore dei periodici comunisti “l’Uguaglianza economica e sociale” e Comunismo” (1984-2004); Fondatore, con altri compagni del Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista il 3 dicembre 1999.

Gli scritti scelti ordinati e raccolti si riferiscono al solo periodo 2000-2019. Il piano dell’Opera consiste in 4 Volumi previsti e pubblicati a scopo ideologico, politico e culturale senza fini di lucro. I primi tre volumi contengono una raccolta parziale di scritti ideologici, politici e sociali, il quarto le battaglie territoriali, prevalentemente delle isole di Ischia e Procida. Il primo volume contiene 71 file, 54 fotografie e 467 pagine, il secondo volume contiene 81 file, 47 fotografie e 490 pagine.

I primi due volumi sono stati stampati con un mio personale contributo straordinario al Partito di €.3.611,20=, che sono stati gli ultimi spiccioli della mia esistenza lavorativa e pensionistica. Ogni contributo ricavato andrà al P.C.I.M-L. (Associazione senza fini di lucro, art. 1, comma due dello Statuto) per le sue attività politiche, culturali ed editoriali, ovvero per la stampa dei volumi 3° e 4°.

Il mio augurio è quello di poter vedere stampati pure i volumi 3° e 4°, è l’ultimo obiettivo della mia esistenza, è il completamento della mia vita dedicata alla causa del comunismo. La pubblicazione degli scritti scelti dei quattro volumi, gli scritti già pubblicati sulla stampa e sul web e quelli che rimarranno inediti, le trasmissioni televisive, la pubblicazione dei periodici comunisti “l’Uguaglianza economica e sociale” e “Comunismo”, la fondazione del Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista, il mio pensiero scritto e parlato, i comizi e le tante battaglie ideologiche, politiche e sociali combattute a livello locale, nazionale e internazionale – con tante perse e qualcuna vinta, amarezze, sacrifici personali e della mia famiglia (a partire da quelli di mia moglie Maria, che saluto con sommo affetto, perché ha compreso e sostenuto il mio incessante impegno politico e sociale fuori dalla famiglia), incomprensioni, delusioni, avversità e calunnie da parte dei nostri nemici di classe, ma tutto questo anche con grandi soddisfazioni e larga stima popolare – a difesa dei diritti e dei bisogni di vita delle masse lavoratrici e per la costruzione della società socialista lungo la strada dell’edificazione di quella comunista costituiscono gli strumenti, per quanto possano essere utili, coi quali mi accommiaterò dalle generazioni mie coetanee e mi consegnerò alle prossime generazioni per costruire un mondo nuovo di uguaglianza e dignità esistenziale per tutte le donne e gli uomini che continueranno ad abitare questo pianeta.

Però di una cosa mi sento di essere certo, di aver vissuto da comunista per il comunismo!

Domenico Savio

Forio (Città Metropolitana di Napoli), 16 febbraio 2020

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