CRONACA

PARLA L’AVVOCATO «Adesso il legislatore rompa gli indugi»

L’avvocato Molinaro, al quale abbiamo chiesto una sua opinione su come rendere concretamente praticabile l’obiettivo dell’housing sociale in presenza di demolizioni giudiziali incombenti, si è così espresso:

L’housing sociale, quale causa di incompatibilità con la esecuzione dell’ordine giudiziale di demolizione, non può essere frutto di delibere consiliari di indirizzo, prive di specificità e concretezza, o addirittura a carattere seriale La conservazione può essere, infatti, disposta solo in casi particolari e sempre che le opere non contrastino con rilevanti interessi urbanistici, paesaggistici e di rispetto dell’assetto idrogeologico. Del resto, questo è l’orientamento espresso dalla Cassazione in alcune recenti sentenze”.

«La conservazione può essere, infatti, disposta solo in casi particolari e sempre che le opere non contrastino con rilevanti interessi urbanistici, paesaggistici e di rispetto dell’assetto idrogeologico. Del resto, questo è l’orientamento espresso dalla Cassazione in alcune recenti sentenze»

Cosa fare allora?

Ritengo che il legislatore debba rompere gli indugi, stabilendo una volta per tutte che la decisione di un comune finalizzata alla conservazione di un immobile abusivo per esigenze di housing sociale, che dia comunque garanzie sotto il profilo della sicurezza, costituisce la regola e non l’eccezione, sicché la stessa non può essere sindacata da alcun giudice e, dunque, nemmeno dal giudice penale, se non per dolo, trattandosi di decisione frutto di discrezionalità amministrativa in linea con i principi di matrice europea in materia di servizio pubblico essenziale.

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E poi?

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A mio avviso, una iniziativa legislativa che vada in tale direzione può rappresentare, nell’immediato, una soluzione non traumatica, anche se certamente non la migliore, al problema della gestione, sul versante sanzionatorio, dell’enorme patrimonio edilizio abusivo italiano, affidata il più delle volte ad iniziative repressive improvvisate, senza criterio e a macchia di leopardo, che finiscono quasi sempre per colpire i soggetti più vulnerabili con conseguente violazione del principio di proporzionalità ripetutamente affermato dalla Corte Europea e dal gennaio del 2020 anche dalla nostra Cassazione”.

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