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Quando Nicola Iacono divenne proprietario dell’isolotto di Vivara

Di Antonio Lubrano

Dalla Via delle Terme a Ischia, dove prese in moglie Leonida della estesa famiglia Lauro di Porto d’Ischia, ai Maronti, dove impiega tutte le sue migliori energie giovanili nella lavorazione della terra, dalla quale trae prodotti e profitti per un presente che promette altresì nuove esperienze di vita nel lavoro e nelle legittimi aspirazioni di arrivare il più in alto possibile, tra vantaggi ed inevitabili disagi. Questo, in sintesi, è uno degli spaccati di vita di Nicola Iacono, meglio conosciuto col soprannome di Nicola ‘e Maruont,  che appena  dopo l’ultimo conflitto mondiale, tra lo stupore degli ischitani e della stessa sua  famiglia, conclude uno  di quegli affari tra i più audaci che si potessero pensare e allo stesso tempo realizzare in quel particolare tempo di fermento sociale per Ischia e per la Nazione intera. Riuscì ad entrare in possesso, attraverso una convenzione con l’Ente proprietario, nientemeno che del dirimpettaio isolotto di Vivara. Superò un iter burocratico complicato,  vincendo l’asta indetta dal proprietario che era l’ospedale Civico Albano Francescano. L’Ingegnere Minutolo di Procida fu incaricato della stima. L’isolotto era abbandonato da quarant’anni. La prima asta fu vinta da un procidano. Nicola Iacono rilanciò sulla stima stabilita su insistente  pressione di suo cognato Ferdinando Mattera e di Vincenzino Pirozzi appassionati cacciatori come lui. Per legge fu indetta l’asta successiva dal notaio De Luca di Napoli. Tutto finì per il meglio con la soddisfazione piena di Nicola che da quel momento era possessore unico ufficiale di Vivara. Le condizioni di pagamento furono le seguenti: importo annuale di base di settecentomila lire oltre a dazioni in natura già contemplate del Capitolato e cioè: trenta quintali di legna da ardere, tre quintali e venti  kilogrammi di olio, un barile di vino bianco ed uno di vino rosso “del migliore che produce il fondo”, tre quintali di patate, sessanta carciofi, cinquanta chili di fave secche, cento chili di frutta fresca assortita, sedici conigli, due Capponi a Natale, e due galline a Pasqua, cinquanta uova a Pasqua. Tutto questo ben di Dio, Nicola Iacono doveva consegnarlo ogni anno a Procida presso la sede dell’ospedale civico locale. Il contratto di fitto fu  firmato da Nicola  presso lo studio del notaio Francesco De Luca il 14 marzo del 1947, repertorio 800, progressivo 455. Nicola Iacono fiducioso in ciò che di buono poteva venir fuori da  quell’” affare”, prese possesso di Vivara il tre febbraio del 1947, il giorno di San Biagio. Con lui v’erano la moglie

 

 

Leonida, il figlio primogenito Domenico ancora in fasce e una ventina di operai ai quali Nicola pagava un salario di cento lire al giorno. L’impresa si presentò già durissima, per il lavoro da praticare senza risparmio a cominciare dalle prime luci dell’alba. Nicola con  la moglie Leonida in attesa di dare alla luce il secondo figlio che fu una femmina e che chiameranno Lucia, presero alloggio a Procida alla Chiaiolella presso una brava donna del posto di nome Mariuccia. Poichè a quel tempo l’isolotto di Vivara non era ancora collegato con Procida, bisognava raggiungerlo con la barca. Per questo Nicola si accordò, attraverso un impegno mensile,  con un barcaiolo-pescatore della Curicella, il conosciuto Fracalà, il quale serviva Nicola ed il suo seguito con soddisfacente dedizione. Nicola in quegli anni in cui tenne Vivara, curò molto la coltivazione delle viti, producendo uva in quantità e vino di ottima qualità. Una mattina di Aprile, col tempo splendido,  Nicola che ormai con la sua famiglia viveva tra Procida e Vivara, si recò a Ischia, per portare un campione del suo vino prodotto nei vigneti di Vivara, ai fratelli d’Ambra sul porto. L’Incontro con D’Ambra fu cordiale e producente tanto che invitò i fratelli Mario, Salvatore e Michele e  Agostino lauro con cui era imparentato, tutti appassionati cacciatori, a fargli visita a Vivara per una  distensiva battuta di caccia visto che in quei giorni l’isolotto era infestato di quaglie che “entravano” a tutte le ore già dal primo mattino. Nicola Iacono era contento e orgoglioso di quella interessante esperienza di vita di poco lontano dai “suoi” Maronti a Ischia. Proprio in quel mese di aprile nacque a Procida sua figlia Lucia. Vivara ormai per Nicola e la sua famiglia che a mano a mano cresceva, era diventata la sua casa, il suo spazio d’esistenza dove pensava, amava, pregava e lavorava. L’estate del 1948 per Nicola e famiglia fu una estate felice. Riceveva visite di amici e parenti di Ischia e di Barano per scampagnate ed allegre gite in barca. I terreni di Vivara producevano buona frutta di stagione, e legumi e verdura di ogni specie.  “L’isolotto era per me, avrebbe lasciato detto Nicola, come un bastimento ancorato in rada, da dove si vede il mare da tutti i lati…”. E sul quel “bastimento” chiamato Vivara, “imbarcatosi”  per sua scelta, dopo un impeto di entusiasmo e di fiducia in ciò che faceva, Nicola incominciò a vivere giorni non più felici. “La sera, ha lasciato scritto Nicola a commento di quella esperienza da lui voluta, mi recavo a caccia per procurare qualcosa che completasse la cena…Mia moglie impastava farina rossa  per ricavare i famosi scagniuozzi da mangiare…ero molto preoccuparto, non sapevo da dove far uscire i soldi per pagare l’affitto…Il primo anno affrontammo un lavoro bestiale…ci rifacemmo l’anno dopo con un buon raccolto di olive…Producemmo olio in quantità che fu acquistato da mio cognato Ferdinando che ci forniva i generi alimentari…Dopo in conti non tornarono più…Ferdinando si mise di traverso e subentrò con altri nel possesso di Vivara…mi indebitai, stavo perdendo tutto, anche la mia proprietà di Ischia…Mio padre Domenico tremava ed io con lui…Fui contento di lasciare Vivara dopo aver venduto tutto ciò che avevamo per saldare i debiti… Partimmo da  Vivara con poche cose, oltre alla ricchezza più grande  rappresentata dalla mia famiglia che intanto, era cresciuta ancora. Leonida, mia moglie aveva dato al mondo il ventinove di settembre del 1949 un altro procidano, Michele, nato come Lucia alla Chiaiolella”. Nicola tornò ai Maronti a lavorare la sua terra. Successivamente, proprio ai Maronti  aprì un ristorante, il Nettuno dove si poteva gustare il migliore coniglio  di fosso alla cacciatore cucinato dallo stesso Nicola. Nel 1968 ai Maronti, in luogo del ristorante Nettuno, Nicola Iacono fa sorgere l’hotel Parco Smeraldo. Il piccolo Michele nato a Procida, diventerà dopo Assessore al Turismo del Comune di Banano d’Ischia. Da Vivara ai Maronti, ovvero ,una parabola alla fine, meravigliosamente  ascendente.

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