CULTURA & SOCIETA'

Riecco i cavolfiori con la loro bellezza ad avvicinarci alla primavera: l’ortaggio ischitano, anche colorato, ricchezza delle nostre campagne

Già 400 anni prima di Cristo, Ippocrate descriveva i cavoli come “ortaggi dalle mille virtù”, mentre i romani li consideravano “rimedi universali”. I crauti in salamoia, per esempio, venivano dati ai marinai per prevenire lo scorbuto durante i lunghi viaggi. Per gli antichi, inoltre, i cavoli erano ottimi alimenti mineralizzanti, antidiabetici, disinfettanti e antireumatici

Febbraio 2023 è il mese della prima raccolta. Il Cavolo in questo periodo e per tutta la primavera che è quasi alle porte, è uno dei principali ortaggi che ha sempre arricchito la spesa delle massaie isolane, sopratutto di quelle dei Comuni a valle, tipo Ischia Capoluogo per esempio, anche perché nei terreni dello stesso Comune di Ischia si produceva in passato, una gran quantità di cavolfiori, specie quelli tradizionali bianchi, più che sufficienti per il consumo generale.

Un fatto nuovo di qualche anno, sta sconvolgendo la “normalità” della nostra semina in agricoltura almeno per quanto riguarda la piante del cavolfiore, da noi conosciuto sempre come il tradizionale cavolo bianco. Invece potremmo mangiarli addirittura colorati per effetto di una semina particolare ad inserto che sta già attirando l’attenzione di certi ischitani esperti per l’inattesa e moderna novità, per altro già praticata in altre parti d’Italia e all’estero. La semina dei cavoli colorati tecnicamente avviene nel mese di agosto, in terreno asciutti e caldi e si raccoglie nei mesi freddi a partire da questo febbraio. Il cavolfiore viola o giallo si caratterizza per il suo colore sgargiante. Chi l’ha visto in un mercato o direttamente in alta Italia non può dimenticarlo. Quanto prima lo vedremo in larga produzione nella nostra isola anche se in qualche occasione ha già fatto la sua comparsa.

E’ ricchissimo in sali minerali e, come tutte le crucifere, è molto utile nella prevenzione di malattie degenerative come il cancro. Si può utilizzare in molti modi in cucina ma c’è da tener presente che, purtroppo, con la cottura il colore tende a sbiadire. Il cavolfiore in generale, è verdura tipicamente invernale che però, si consuma anche in primavera fino a giugno con quei cavoli coltivati e curati nelle serre. La produzione dei cavoli sull’isola d’Ischia negli anni ’40 e ’50 è stata la più forte della Campania, arrivando addirittura a distinguersi nell’esportazione del prezioso ortaggio. I nostri vecchi mercati ortofrutticoli rionali di Piazza Luigi Mazzella a Ischia Ponte, Piazza Bagni a Casamicciola, Piazza San Gaetano a Forio e Largo del Pontile a Lacco Ameno erano punti di raduno dei contadini dell’entroterra isolana, per la vendita in proprio dei cavolfiori di tute le dimensioni, ed a volte anche di colore che non fosse quello solito del bianco.

Arrivavano dai terreni coltivati ad ortaggi in cui spiccavano i cavolfiori in filari ed a distesa, per una unica macchia verde dell’intero campo curato. I cavolfiori al mercato di Ischia Ponte arrivavano per lo più dalle “parule” di Porto d’Ischia estese fra via Alfredo De Luca e la zona di San Ciro a cominciare dai terreni coltivati dove oggi c’è il Grand Hotel Re Ferdinando (ex Jolly). Il cavolo o cavolfiore bianco, è una delle varietà più comuni della specie dei cavoli. Si presenta di forma tondeggiante ed ha infiorescenza compatta di peso variabile tra 1 e 1,5 chilogrammi. Grazie al perfetto equilibrio dei suoi componenti, il cavolo esercita un’azione benefica sulla salute di tutto l’organismo, e contiene poche calorie. Presenta ottimi livelli di potassio, è molto ricco di minerali, acido folico, fibre, calcio, ferro, fosforo e vitamina C.

Utilizzato da sempre per prevenire, curare o alleviare numerosissime malattie, infatti contiene principi attivi anticancro, antibatterici, antinfiammatori, antiossidanti e antiscorbuto. Sono depurativi e rimineralizzanti e favoriscono la rigenerazione dei tessuti. Possono essere consumati anche in caso di diabete Ne viene utilizzato anche il succo per scopi terapeutici. Il Cavolo bianco gratinato si consuma come contorno, lessato e condito con olio e aceto (o limone), conservato sottaceto, gratinato con la besciamella, fritto con la pastella, come condimento per la pasta o nelle minestre. Quando è particolarmente tenero e fresco, il cavolfiore è ottimo anche crudo: tagliato a fettine molto sottili e unito ad altre verdure in insalata. Crudo è anche più digeribile e salutare, perché conserva inalterate tutte le sue sostanze benefiche. Il modo migliore per mantenerne tutte le proprietà nutrizionali è quello di cuocerli stufati o a vapore, per non più di venti minuti.

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CAVOLFIORE CUCINATO

La cottura in acqua, specialmente se prolungata, distrugge gran parte delle vitamine, li rende poco digeribili e di odore sgradevole. Per evitare che l’odore piuttosto forte del cavolfiore durante la cottura si propaghi per tutta la casa, basta seguire il seguente trucco: mettere all’interno della pentola una fetta di pane con tanta mollica imbevuta di aceto o limone, e l’odore brutto del cavolo cucinato sparisce. Usavano questa tecnica le nostre mamme e le nostre nonne nelle vecchie e tradizionali cucine che rappresentavano per la famiglia riunita ischitana il sacrario ove si trattavano tutti i prodotti ortofrutticoli provenienti dalle terre isolane. Chi non lo faceva, rendeva l’abitacolo della cucina e la casa stessa per più di mezza giornata infrequentabile. Tanto era forte il brutto odore che si sprigionava dalla pentola e si propagava in tutto l’ambiente.

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CAVOLFIORI COLORATI

Nella storia,conosciuto fin dall’antichità, il cavolo era considerato sacro dai Greci; i Romani lo utilizzavano per curare le più svariate malattie e lo mangiavano crudo, prima dei banchetti, per aiutare l’organismo ad assorbire meglio l’alcool. Si sostiene la presenza di questa pianta già dal VI secolo a.c.; Plinio cita il cavolo broccolo come elemento importante sui deschi dei romani più ricchi, e notizie certe danno il cavolo coltivato in Spagna dagli arabi, che lo introdussero dalla Siria attorno al XII secolo. Nei mercati inglesi e francesi veniva commercializzato già nel 1600 e dall’Inghilterra fu portato in India all’inizio del 1800. In Italia fu fatto arrivare molto presumibilmente dai veneziani, che lo acquistavano nell’isola di Cipro, e proprio attorno a Venezia, riseminando i semi delle piante più belle, cominciò per tutta Europa il miglioramento genetico di questa pianta che solo successivamente venne esportata e coltivata nel Centro e Nord del continente.

antoniolubrano1941@gmail.com

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