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RIEPILOGO – G7 a Ischia, c’è chi dice no: la marcia (pacifica) dei contestatori

È durata poco meno di due ore la manifestazione autorizzata dalla Prefettura di Napoli, che ha permesso a circa un centinaio di persone (135 secondo i dati ufficiali diffusi dalle forze dell’ordine) di raggiungere l’isola d’Ischia, che fino al pomeriggio di oggi sarà teatro del G7 dei ministri dell’Interno (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Giappone e Unione europea). Del meeting in programma stamane all’hotel “Punta Molino” scriveremo in maniera più diffusa nell’edizione cartacea di domani e in quella online del nostro quotidiano. In questo servizio, invece, vi daremo conto di quanto accaduto nella tarda mattinata di ieri tra il porto d’Ischia e l’inizio di via Iasolino, all’altezza dell’ingresso della chiesa di Portosalvo.

TRAGHETTO IN RITARDO A CAUSA DEI CONTROLLI, I MANIFESTANTI SBARCANO ALLE 13,15. Procediamo con ordine. L’arrivo dei manifestanti sul porto del Comune capofila era previsto per le 11.30, ma il mezzo della Caremar ha accumulato un ritardo di oltre novanta minuti. A procrastinare lo sbarco dei contestatori napoletani del G7 sono stati i capillari controlli effettuati dalle forze dell’ordine sul porto di Napoli. Gli agenti della Polizia di Stato, agli ordini del questore Antonio De Iesu, hanno provveduto ad identificare 135 persone, alle quali è stato concesso di imbarcarsi sul traghetto che di lì a poco sarebbe salpato alla volta dell’isola verde.

L’ARRIVO AL PORTO E LA SALSA DI POMODORO VERSATA IN ACQUA. Benché si trovassero ancora a bordo del mezzo della compagnia di navigazione Caremar, i manifestanti hanno iniziato a intonare cori contro il ministro dell’Interno Marco Minniti, reo di sposare politiche antipopolari, non propriamente democratiche e lesive dei diritti dei migranti (uno degli striscioni recitava: “No G7, per un mondo senza confini”). Tra le accuse mosse al numero uno del Viminale anche quella di aver sprecato in questa specifica circostanza ingenti risorse economiche, che avrebbero dovuto essere destinate ai meno abbienti e, nel caso di Ischia, a coloro che nel terremoto del 21 agosto hanno perso non soltanto la casa, ma anche il lavoro: non bisogna dimenticare, infatti, che buona parte degli isolani vive di lavoro stagionale o di attività commerciali che, per forza di cose, basano le proprie fortune sui flussi turistici.

Tornando alla manifestazione, è doveroso sottolineare che a differenza di quanto previsto negli scorsi giorni, per tutta la durata del corteo i partecipanti hanno tenuto un comportamento encomiabile. Volendo trovare il pelo nell’uovo, l’unico gesto sopra le righe – se proprio così vogliamo definirlo – è rappresentato dalla salsa di pomodoro (simboleggiante il sangue dei migranti) che alcuni contestatori hanno gettato sia sulla banchina olimpica (dove c’erano decine di polizotti in tenuta antisommossa) sia nello specchio acqueo di quello che un tempo era l’unico lago presente sull’isola d’Ischia. Oltre alle forze dell’ordine, sulla banchina era presente anche il sindaco Enzo Ferrandino. Il primo cittadino, come di certo ricorderete e come riferito anche da “Il Golfo”, avrebbe voluto vietare la trasferta dei contestatori, e ciò per evitare che qualche eventuale esaltato potesse creare disordini o, peggio ancora, danneggiare gli esercizi commerciali, la casa comunale e le private abitazioni. Per fortuna, la massiccia presenza di tutori dell’ordine ha scongiurato che questo scenario potesse verificarsi sulla nostra isola, che non è affatto abituata alle violente guerriglie urbane che sovente si verificano nelle grandi città in occasione di eventi di piazza o di meeting politici come il G7.

LA MARCIA LUNGO LA RIVA SINISTRA E IL «QUI NON SI PASSA» DELLA POLIZIA. Il corteo organizzato dai Centri sociali, a onor del vero, ha avuto un itinerario tutto sommato assai ridotto. Bisogna rammentare ai nostri lettori, infatti, che la Prefettura di Napoli – nella persona della dottoressa Carmela Pagano – ha sì autorizzato lo svolgimento alla manifestazione (diritto peraltro sancito dalla Carta costituzionale), ma il percorso concordato con gli organizzatori non prevedeva l’accesso al centro del Comune di Ischia.

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Dopo aver percorso la riva sinistra ed essere giunti a pochi metri dalla chiesa di Portosalvo, gli anti-G7 hanno preteso di proseguire lungo via Iasolino. Ma la Prefettura, com’è noto, aveva prescritto alle forze dell’ordine che in questi giorni presidiano l’isola di tenere i manifestanti a non meno di un chilometro di distanza da piazza degli Eroi, cuore del Comune capofila e luogo non molto distante dal “Punta Molino”, l’hotel scelto dal Ministero dell’Interno italiano per ospitare l’importante riunione.

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I contestatori hanno cercato di opporsi a questo diktat, affermando l’antidemocraticità del divieto di percorrere via Iasolino e quindi il centro di Ischia. Onde evitare che qualche manifestante decidesse di fare di testa propria generando disordini, i celerini hanno bloccato l’accesso non solo a via Iasolino, ma anche alla vicina via Quercia. Nonostante l’intervento di alcuni oppositori locali (tra i quali figurano il professor Nicola Lamonica di Autmare e il professor Gianni Vuoso del Pmli), i membri del reparto mobile della Polizia di Stato sono stati irremovibili, non concedendo ai contestatori di procedere oltre.

I manifestanti, resisi conto di non poter marciare lungo via Iasolino, hanno quindi deciso di dare vita ad un presidio, durante il quale vari esponenti dei Centri sociali hanno esposto le ragioni che li hanno condotti a Ischia per contestare il G7. Poco prima delle ore 15.00, e dopo aver consumato un pasto frugale portato da casa, i manifestanti hanno lasciato l’ingresso di via Iasolino e sono tornati alla banchina olimpica del porto d’Ischia, dove hanno atteso il traghetto delle 15,20 che li avrebbe riportati sulla terraferma in largo anticipo rispetto a quanto inizialmente previsto dagli organizzatori del corteo ischitano.

Francesco Castaldi

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