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Ristorante stangato dal Comune, il Tar conferma la chiusura della cucina

Le misure non regolamentari del locale avevano indotto il Comune a inibire l’attività. Il titolare aveva inoltrato ricorso, ma il presidente della Terza Sezione ha rigettato l’istanza cautelare

Il Comune chiude la cucina del ristorante, il Tar conferma. È questo l’esito dell’istanza cautelare avanzata dai legali di fiducia del titolare del ristorante “Crù di Nunzio Calise”, e poi respinta dalla Terza Sezione del Tar Campania. Per il momento, dunque, e almeno fino alla trattazione di merito fissata a ottobre, l’esercizio ristorativo resta sospeso. Il ristorante era stato oggetto di accertamenti da parte del Comune di Ischia, che dopo apposito procedimento amministrativo aveva ordinato l’inibizione dell’attività dopo aver accertato irregolarità strutturali del locale cucina. Il titolare del ristorante aveva chiesto al Dipartimento Prevenzione dell’Asl un’autorizzazione in deroga, ma l’apposita commissione aveva poi comunicato che “non è possibile consentire altezze minime inferiori a quanto stabilito dalla norma in quanto non sono state riscontrate le necessità tecniche aziendali che rappresentano le condizioni indispensabili per la superficie richiesta”.

La cucina non raggiunge l’altezza minima consentita dalla legge. La Commissione dell’Asl aveva respinto la richiesta di deroga

Di conseguenza era scattata inesorabilmente l’inibizione con ordinanza del responsabile Suap. Il titolare aveva quindi fatto ricorso al Tar, ma il Comune di Ischia si è costituito in giudizio, producendo una dettagliata memoria redatta dal legale di fiducia dell’ente, avvocato Alessandro Barbieri: innanzitutto, secondo il professionista, “l’operato del Comune di Ischia è assolutamente immune da vizi. Il provvedimento inibitorio dell’esercizio pubblico costituiva atto dovuto e vincolato, alla cui adozione l’Ente non avrebbe assolutamente potuto sottrarsi. I locali dell’esercizio commerciale, oggetto di ispezione a parte dell’ASL, violano infatti le altezze minime stabilite dal D.lgs. 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il Comune di Ischia, adottando tutte le garanzie procedimentali stabilite dalla Legge, ha debitamente comunicato al Sig. Calise l’avvio del procedimento volto all’inibitoria dell’attività commerciale, sin dalla prima ispezione eseguita dall’ASL in data 11 agosto 2022”. Inoltre, “a seguito del successivo rigetto, da parte dell’ASL, della istanza di autorizzazione all’esercizio in deroga alle altezze minime stabilite dal D.lgs. 81/2008, il Comune ha provveduto alla definitiva inibitoria dell’attività. Vertendosi, dunque, in una ipotesi di chiara violazione delle norme poste a presidio della salute dei lavoratori e della sicurezza sui luoghi di lavoro, il Comune non avrebbe potuto consentire la prosecuzione della suddetta attività di ristorazione, se non in violazione della legislazione vigente, avente chiaro carattere imperativo. Recita infatti l’art. 64, comma 6 D.lgs. 26 marzo 2010, n. 59: “L’avvio e l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande è soggetto al rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro.” Il provvedimento inibitorio adottato dal Comune è dunque frutto di un’attività assolutamente vincolata, derivante dall’accertata inesistenza dei requisiti prescritti dalla Legge per l’idoneità dei luoghi di lavoro e dall’impossibilità di ottenere una autorizzazione in deroga”. Secondo il Comune, dunque, il ricorso era infondato.

L’inesistenza della prognosi di buon esito del ricorso imponeva quindi, per l’ente di via Iasolino, il rigetto della domanda cautelare (anche monocratica). Inoltre veniva ritenuto indimostrato (proprio perché non provato neppure attraverso una allegazione) il pregiudizio grave ed irreparabile che la perdurante efficacia dei provvedimenti impugnati avrebbe determinato a carico del ricorrente. La stessa domanda risarcitoria avanzata dimostrerebbe che si è al cospetto di un danno in ogni caso ristorabile e la cui tutela non può trovare accoglimento sotto forma di sospensione (anche inaudita altera parte) dell’atto gravato.

La trattazione collegiale in camera di consiglio è stata fissata agli inizi di ottobre

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Inoltre, si leggeva nella memoria del Comune, non può trovare tutela ordinamentale chi con il proprio comportamento (noncurante delle regole in materia di salute dei lavoratori e di sicurezza dei luoghi di lavoro) si sia procurato un danno. Fra l’altro, va considerato che, in un bilanciamento di contrapposti interessi, appare preminente quello tutelato con i provvedimenti gravati, in considerazione del preminente interesse dell’ordinamento alla tutela della salute dei lavoratori e alla sicurezza sui luoghi di lavoro (anche in considerazione dell’apparente inidoneità dei locali, anche dal punto urbanistico, allo svolgimento dell’attività di ristorazione). Il presidente della Terza Sezione, dottor Santino Scudeller, è sembrato condividere i rilievi del Comune, e con apposito decreto ha rigettato l’istanza di misure cautelari monocratiche avanzate dal titolare del ristorante, fissando per la trattazione collegiale la camera di consiglio del prossimo 4 ottobre.

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