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Tutte le verità di Luigi Boccanfuso

Di Francesco Ferrandino

ISCHIA. Tranne una breve assenza a metà degli anni ’90, l’avvocato Luigi Boccanfuso è sempre stato molto addentro alla politica ischitana, che lo vede tra i protagonisti da oltre un quarto di secolo. Eletto per la prima volta in consiglio comunale quando ancora regnava Enzo Mazzella, negli anni successivi si è sempre presentato sotto le insegne di “Fratellanza e Lavoro”, un simbolo al quale resta tuttora legato. Dopo i dissapori che nel 2013 hanno portato alle sue dimissioni dalla compagine guidata da Giosi Ferrandino, l’ex vicesindaco spiega nel dettaglio le ragioni della sua uscita da una maggioranza che lui stesso contribuì a forgiare e a portare all’affermazione elettorale quasi dieci anni fa, puntando sulla candidatura di colui che all’epoca era il sindaco uscente di Casamicciola.

Avvocato, cosa pensa dell’attuale situazione politica e amministrativa del Comune di Ischia?

«C’è poco da pensare. C’è da prendere atto, piuttosto, del fatto che ci troviamo di fronte a un’amministrazione completamente paralizzata. La riprova di ciò è data dalla circostanza che gli assessori non sono messi nella condizione di poter lavorare perché ancora non si sono visti attribuire le deleghe. Un assessore al quale non viene assegnato il proprio campo d’azione diventa un assessore inutile: se non a sé stesso, sicuramente inutile per la comunità. In questo momento a Ischia non c’è un’amministrazione: c’è un sindaco che per motivi personali, legati alla sua carriera e alle sue vicende giudiziarie, ha interesse a conservare tale carica, ma di sicuro non sta lavorando per il territorio. Sono i fatti che lo dicono. E mentre il sindaco cerca di tenersi semplicemente a galla, tutti gli altri non si ribellano a questo andazzo perché pensano di coltivare un po’ di “preferenze” utili alla prossima tornata elettorale. Nel frattempo il paese è completamente abbandonato, e la cosa triste è costituita dal fatto che tra i cittadini e le varie categorie sociali sembra aleggiare un sentimento di rassegnazione piuttosto che di indignazione. A sua volta, la rassegnazione è sempre foriera di scenari ancor più “critici”: non si può che essere molto preoccupati».

Quindi vede grande discontinuità col primo mandato di Giosi?

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«Durante il primo mandato c’era un’altra sensibilità, un’altra attenzione verso il territorio. Sono state realizzate diverse cose positive, qualcuna ascrivibile soltanto all’opera del sottoscritto. Credo infatti di aver dato un grande contributo per quanto riguarda l’ordine pubblico, nella parte che attiene alle competenze direttamente riconducibili all’amministrazione comunale, come la pulizia del territorio, la lotta all’ambulantato e all’accattonaggio, un fronte sul quale ho speso giornate, mesi e anni d’impegno: stessa cosa nella difficile transazione che ha portato alla realizzazione del parcheggio di Sant’Alessandro, un’opera riconducibile esclusivamente all’impegno che ho profuso, e questo, vivaddio, lo riconosce lo stesso Giosi Ferrandino. Mi sono battuto anche per il trasferimento del liceo scientifico da Lacco Ameno al Centro Polifunzionale, in un’ala dell’edificio che rischiava di diventare un luogo abbandonato ricettacolo di degrado. Ricordo anche la gestione del contenzioso: avevamo ereditato una massa disastrosa sul contenzioso, con sentenze in giudicato che avrebbero esposto il comune a pagare milioni di euro, ma grazie a un lavoro certosino fatto dal sottoscritto con la grande collaborazione del dirigente Lello Montuori, fu possibile venire a capo della grande esposizione debitoria, anche attraverso una serie di transazioni, che ci consentì di evitare un secondo dissesto finanziario. Per tutti questi motivi, io ritengo che il primo mandato di Giosi fu tutto sommato positivo, lo prova anche il fatto che il sindaco fu rieletto con maggioranze bulgare, e non soltanto per il cosiddetto “caularone”, cioè l’intesa De Siano-Ferrandino che fu un accordo calato dall’alto, oltre che sostanzialmente fallito».

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Il giudizio negativo sull’attuale compagine di Giosi Ferrandino è dipeso anche dalla rottura dei rapporti personali con il Sindaco e alcuni suoi assessori?

«No, assolutamente. La rottura non è avvenuta sul piano personale, bensì sul piano politico-amministrativo. La conferma di ciò è data dal testo della mia lettera di dimissioni: io non sono uscito in punta di piedi né ho sbattuto la porta per presunti screzi di natura personale. Io sono andato via nel momento in cui ho capito che si stava operando in una maniera tale che non si producevano benefici per il paese, ma che piuttosto esponeva a seri rischi gli assessori sul piano della responsabilità personale. Infatti, a seguito del mio testo di dimissioni è nato un processo penale (sui fatti riguardanti la frana a Cartaromana, n.d.r.)  in cui tuttora il sindaco è coinvolto. Sono andato via per lo stile amministrativo che veniva portato avanti. Non a caso, dopo la mia rinuncia, è iniziata una serie di grane giudiziarie fino alle vicende di cronaca ben note (processo CPL Concordia sulla metanizzazione, ndr). Direi quindi che la mia è stata una “intuizione”, che mi ha permesso di capire qual era il momento di dire basta, visto che non c’erano più le condizioni di fare il bene del paese. I fatti successivi mi hanno dato ragione».

Negli ambienti della maggioranza si sussurra che Lei mal sopportava il fatto che il dirigente dell’ufficio tecnico, arch. Silvano Arcamone, rispondesse solo al Sindaco e che più volte non abbia dato l’assenso ad alcune sue iniziative, nonostante Lei fosse il vice-sindaco: sarebbe quindi questo il motivo per cui Lei lo avrebbe preso di “mira”:

«È noto che il sindaco Ferrandino predilige il rapporto con i dirigenti, piuttosto che il rapporto con i politici, termine col quale intendo riferirmi sia agli assessori che ai consiglieri comunali. Probabilmente, quando il sindaco firma un decreto di nomina a questi dirigenti, inserisce tacitamente ma chiaramente la condizione secondo cui ciascuno di essi deve rispondere solo a lui. Ciò costituisce un fatto gravissimo, e le spiego subito il motivo: quando gli elettori votano, non scelgono soltanto il sindaco, ma anche le persone  che dovranno coadiuvare il primo cittadino. Nel mio caso, io non ero un assessore “esterno”, perché infatti mi ero dimesso dal consiglio comunale, in cui ero stato eletto, per ricoprire tale carica. Quindi avevo un’investitura popolare: è ovvio che, nell’ambito delle deleghe che mi vengono assegnate, io debba godere di una certa autonomia d’azione. Se invece tale autonomia viene fortemente compressa sia dal sindaco che dal dirigente che si considera “funzionale” solo al sindaco stesso, è evidente che si produca un aborto giuridico-amministrativo, che non può essere tollerato da chiunque abbia una dignità. Forse, chi ha bisogno della politica per sopravvivere, può anche subire tutto ciò, ma non è certo il mio caso. Fra l’altro, più volte avevo avvertito gli interessati esprimendo la mia disapprovazione per un comportamento che ho sempre giudicato scorretto. Siccome ogni mio invito cadeva nel vuoto, ho saputo trarre le debite conseguenze. Se dovessi tornare indietro, lo rifarei».

Nei giorni scorsi è sorta una vivace polemica tra il consigliere Carmine Bernardo e il vice Sindaco Enzo Ferrandino: quale delle due posizioni condivide?

«Non essendo presente in consiglio, ho soltanto potuto leggere i resoconti dagli organi di stampa. Fra l’altro non vorrei alimentare polemiche sterili, funzionali solo al gioco delle parti. Voglio quindi attenermi al dato politico. Credo che il vicesindaco Enzo Ferrandino sia molto nervoso, perché si è reso conto che la sua ventilata candidatura a sindaco come espressione di continuità con l’attuale amministrazione lo sta politicamente indebolendo. Una circostanza, questa, che quindi forse spiega tale nervosismo, rinvenibile anche in certe sue reazioni verso i consiglieri d’opposizione, a volte piuttosto provocatorie e facili alla degenerazione. Penso che Enzo Ferrandino, proprio nell’ottica di una futura candidatura, non avrebbe dovuto accettare di interpretare il ruolo di erede dello stile amministrativo di Giosi Ferrandino. Anzi, credo che già all’indomani del risultato delle elezioni europee, avrebbe dovuto assumere un atteggiamento più “critico” e più autonomo, dimostrando di avere un diverso modo di intendere la pubblica amministrazione rispetto a quello che ha caratterizzato l’azione del sindaco, specialmente nel suo secondo mandato. Forse Enzo è il primo a esserne consapevole, ma gli eventi lo hanno avviluppato in questa ragnatela».

A un anno dalle elezioni, quale prospettiva politica immediata vede all’orizzonte di Ischia? 

«Credo che per fare una valutazione compiuta debba passare ancora altro tempo. In questo momento il quadro politico generale è molto confuso, anche a seguito dell’inchiesta sui rifiuti che ha coinvolto il senatore De Siano, che non ha mai fatto troppo mistero di voler coronare la sua carriera politica diventando sindaco di Ischia. Le ultime vicende giudiziarie sembra abbiano rallentato o compromesso tale prospettiva».

Quindi, secondo Lei, con l’inchiesta sui rifiuti, e la relativa richiesta di arresto da parte del Gip, sembrerebbe che l’ipotesi di De Siano candidato a Ischia sia tramontata.

«Guardi, sulla possibilità di una candidatura di De Siano a Ischia, più che parlare di ipotesi tramontata, io la definirei “congelata”. Molto dipende dagli sviluppi futuri dell’inchiesta. Se gli addebiti rimarranno circoscritti a quello che già sappiamo, in tutta onestà credo si tratti di ben poca cosa, e il senatore potrà venirne facilmente fuori senza troppi danni: in tal caso una candidatura a Ischia sarebbe ancora fattibile. Se invece dovessero emergere altri elementi d’accusa, allora credo che la sua carriera politica subirebbe gravissimi contraccolpi. Vedremo».

Si dice che anche Lei fosse tra i promotori della candidatura del senatore alle prossime elezioni comunali ischitane.

«È vero, ma solo in parte. Mi spiego: io sono interessato a valutare tutte le alternative all’amministrazione uscente. L’ipotesi De Siano era una di queste, e quindi mi sono impegnato a capire i particolari di  questa possibilità, con quali uomini e soprattutto con quali programmi per il paese.  Se avessi ravvisato l’esistenza di un progetto concreto, avrei anche potuto appoggiarlo. Ma da qui a dire che io fossi un attivo promotore di tale candidatura, ce ne passa».

Ha avuto modo di farsi un’opinione generale sull’inchiesta-rifiuti deflagrata poco più di un mese fa?

«L’idea che mi sono fatto è che i due maggiori professionisti della politica che l’isola ha espresso, cioè Domenico De Siano e Giosi Ferrandino , a un certo punto si sono fatti prendere dal delirio dell’onnipotenza, commettendo alcune leggerezze che presentano anche delle analogie e che hanno determinato le note conseguenze di natura giudiziaria. Sono sempre stato molto critico nei confronti dei “professionisti della politica”. La storia isolana degli ultimi quarant’anni (o anche di più) dimostra che ogni volta che un politico locale dismette i panni del politico per vocazione e amore verso il territorio, per indossare quelli del politico “in carriera”, sono invariabilmente iniziati i guai. Non a caso, se analizziamo i casi dei sindaci di tutte le località turistiche della Campania, come ad esempio Capri, Sorrento o Positano, scopriamo che tutti i sindaci che si sono limitati a una carriera “locale” impegnandosi al servizio del proprio territorio, sono coloro che hanno ottenuto i migliori risultati amministrativi. Coloro che invece hanno pensato di poter scalare le alte cariche politiche (e tra questi inserisco De Siano e Giosi), hanno cominciato a operare male, anche perché poi diventa prevalente l’interesse verso la propria personale carriera rispetto agli interessi collettivi del territorio. Iniziano a stipulare  compromessi, intraprendendo una serie di relazioni, contatti e rapporti con determinati fenomeni e realtà extraisolane che poi sfociano inevitabilmente in processi e grane giudiziarie».

Lei crede possibile che la magistratura possa riconoscere eventuali responsabilità solo in capo al dottor Rumolo, da sempre fedelissimo collaboratore del senatore De Siano, senza che quest’ultimo sapesse nulla di quanto accadeva?

«La storia giudiziaria italiana insegna che quando si vuole “incastrare” un “pesce grande” si colpisce quello piccolo nella speranza che quest’ultimo possa fornire agli inquirenti elementi determinanti per arrivare all’obiettivo più grande. Questa potrebbe essere una chiave di lettura “strategica” della vicenda, soprattutto se gli inquirenti ancora non hanno acquisiti elementi davvero decisivi».

Secondo Lei, chi tra i papabili dell’opposizione si candiderà a Sindaco contro l’annunciata compagine guidata dal vicesindaco Enzo Ferrandino?

«Guardi, se io facessi ora dei nomi, li esporrei a conseguenze negative: come dice il proverbio, “chi entra papa in conclave ne esce cardinale”. Comunque c’è più di qualcuno che potrebbe ambire al ruolo di candidato, ma le ripeto che fare i nomi in questo momento sarebbe del tutto controproducente: di fatto diventerebbe più una cattiveria che un’attestazione di stima».

Lei è intenzionato a candidarsi a Sindaco, magari alla guida di un’adeguata compagine?

«La risposta sta nella domanda: in questo momento io non prendo in considerazione tale prospettiva perché ritengo che non esistano le condizioni per allestire una compagine adeguata, di cui Ischia ha comunque gran bisogno.  Fare il sindaco ostaggio dei consiglieri comunali che, come diceva l’amico Peppe Brandi, “ogni mattina vengono in municipio con la borsa della spesa”, cioè per fare i propri interessi, la ritengo in tutta onestà una prospettiva molto avvilente e scoraggiante. Quindi al momento non sono minimamente sfiorato da quest’idea. Poi, nella vita le cose possono cambiare in modo inaspettato e indipendentemente dalla volontà dei singoli, quindi non si può ipotecare il futuro ma, ora come ora, io credo che non esistano le condizioni per fare un’esperienza di questo tipo, né per costruire un’alternativa seria. C’è ancora davvero tanto da lavorare, per costruirla. Attenzione: io non parlo tanto delle persone, ma dello “stile”. Infatti io combatto lo “stile amministrativo” che certe persone incarnano. Le contrapposizioni non sono mai di natura personale, bensì di natura ideologica: non è possibile tollerare un certo modo di intendere la pubblica amministrazione. Nell’attuale compagine amministrativa, esistono alcuni consiglieri comunali che hanno speso cinque anni soltanto per portare avanti le proprie pratiche personali presso l’ufficio tecnico, senza mai interessarsi di un qualsiasi problema del paese. Ciò non è più tollerabile. Ischia non può più andare avanti da classi dirigenti formate da questa tipologia di persone. Questo è il motivo per cui ho rotto con Giosi, e per cui adesso sono interessato soltanto a progetti realmente alternativi a questo modo di intendere la politica».

 

 

 

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