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Rispetto di competenza e incompetenza: regole fondanti della civiltà giuridica

Dell’avvocato Genny Tortora

La settimana scorsa, in occasione della pubblicazione dell’articolo (su questo giornale) dal titolo “ Incolpevoli Ingiustizie”,  ebbi modo di argomentare in merito ad un intervento pubblicato sul Corriere della Sera, edizione campana, dal titolo “la Procura Incompetente” a firma del prof. Luigi Labruna.

L’illustre giurista, così esordiva a seguito alla decisione del tribunale del riesame di Napoli che individuava nel Giudice di Modena la competenza a conoscere della vicenda “Ischia – CPL – Metanizzazione “ e che fin a quel momento era stata ritenuta, dalla stessa procura, di dominio del Giudice di Napoli e che aveva arrestato undici persone.

L’emerito professore in tal senso argomentava “…Perché il mancato rispetto delle norme sulla competenza del giudice non rappresenta la inosservanza di una mera regola processuale (cosa che già di per sé sarebbe grave). Costituisce gravissima violazione del principio, solennemente affermato dalla Costituzione all’articolo 25, secondo cui «nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge»: cioè, dal giudice legalmente istituito «prima» della commissione del fatto. Si tratta di un principio di civiltà giuridica formalizzato per la prima volta nella rivoluzione francese, e universalmente recepito dai testi costituzionali dei paesi democratici quale elemento insopprimibile del «garantismo giudiziario». Esso è, tra l’altro, espressamente sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (articolo 6) e dalla Convenzione europea per la loro salvaguardia. Occorre che dica altro?..”

L’articolo “ incolpevoli ingiustizie” non voleva esser profetico ovvero anticipare di qualche giorno ciò che poi è accaduto in data 20 ottobre u.s. dinanzi al tribunale di Napoli 1 sez. col. b) ove, quella stessa procura nei medesimi soggetti che, avevano strenuamente indagato per circa tre anni e che si ritenevano competenti per l’intera vicenda (della metanizzazione ad Ischia) tanto da ottenere l’arresto di undici persone si “ sconfessasse” chiedendo al tribunale di trasmettere il processo che si svolge nei soli confronti di due imputati presso il tribunale di Modena ritenuto, stavolta da loro stessi, competente a decidere.

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L’onestà intellettuale mi esime dal commentare, in questa sede, l’opinione del tutto personale rispetto al quasi epilogo delle vicenda metanizzazione. Ma da giovane studioso del sistema processual – penalistico, vorrei provare a far comprendere, a coloro che non hanno approfondito la tematica, di cosa si sta discutendo, ossia, cosa significa esser Incompetenti?.

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Abbandonando, in tale sede, riferimenti dogmatici – filosofici, sperando di far comprendere le basi del ragionamento, possiamo iniziare col dire che la competenza altro non è che: la conoscenza che un determinato giudice può e deve avere di un fatto umano al fine di giudicarlo.

Tale giudice, determinato a conoscere di un fatto, in costituzione è individuato come “Giudice Naturale”. In altri termini, possiamo dire che per ogni fatto umano accaduto esiste in astratto un giudice “ che si definisce naturale” in quanto lo stesso è individuato prima che quello stesso fatto è commesso. Questa autorità giudiziaria, competente a conoscere è individuata nel Tribunale. Pertanto, possiamo esemplificare dicendo che per ogni fatto umano che accade esiste un pre-determinato Tribunale chiamato a conoscere di quel fatto e di conseguenza competente ad indagare ed a giudicare.

La regola più semplice per determinare quale sia il tribunale competente a conoscere di un fatto è quella che si individua nel luogo o territorio ove il fatto si è verificato (per esempio di un furto commesso a Napoli sarà competente il tribunale di Napoli, di una truffa commessa a Milano sarà competente il tribunale di Milano).

In tanti si chiederanno, il perché, tante volte si sente dire che quel dato tribunale o giudice era incompetente, se la regola è così semplice?

Le cose si complicano un po’ ma proviamo a renderla un po’ più comprensibile.

Non tutti conosceranno la differenza fra indagine e processo. L’indagine è quel momento in cui si cerca di capire se un fatto denunciato è accaduto mediante la ricerca di elementi; il processo è quel momento in cui si tenta di comprendere se ciò quel fatto accaduto è stato commesso o no da quell’imputato e per cui vi sarà una sentenza di assoluzione o di condanna.

Ritornando alla questione iniziale, ovvero all’individuazione della competenza a conoscere di un fatto, dobbiamo dire che nella fase delle indagine la competenza la “ decide “(in un primo momento, forse quello più importante) il Pubblico Ministero (che chiariamo subito, non è un giudice bensì una parte pubblica a cui competente l’accusa che si pone alla stregua della parte privata della difesa sullo stesso piano). Tale esercizio o potere che il pubblico ministero ha di attribuire la competenza ad un fatto per un determinato luogo si definisce “ Iscrizione del registro degli indagati”. Presso ogni tribunale del nostro paese esiste un registro degli indagati ove chiunque cittadino può recarvi per sapere se egli stesso è iscritto nell’apposito registro degli indagati in un procedimento penale. Capirete, quindi, che se un pubblico ministero ritiene di esser competente per un fatto accaduto iscrive quel fatto nel registro degli indagati ove esercita la propria funzione. Da quel momento quel tribunale è competente a conoscere di quel fatto ed in astratto a giudicarlo.

Come avete, spero, ben capito, dinanzi al rispetto delle regole che determinano la competenza del giudice naturale (iscrizione nel registro degli indagati) mai si dovrebbe avere l’ardire di indagare, arrestare, giudicare e condannare, qualora si dubiti anche  per un attimo della propria competenza a conoscere di un fatto. Anche perché esistono regole ben precise che aiutano il pubblico ministero a cambiare rotta, ovvero, qualora nella fase delle indagini ovvero in un momento successivo all’inizio delle stesse, se si è scoperto di non esser più competente è possibile, anzi, direi doveroso trasmettere gli atti al giudice che si ritiene competente. Il sistema ispirato da un garantismo delle regole ben studiato che non dovrebbe consentire grandi errori in quanto la competenza che si definisce “ fluttuante” nelle indagini preliminari”  – attribuita nel momento iniziale dal pubblico ministero – è sempre verificabile dal giudice in qualsiasi altro momento del procedimento, del processo. Pertanto, esiste una precisa equazione riassumibile dal concetto che per un PM poco attento dovrebbe esistere un giudice più attento che in qualsiasi momento decide sulla competenza, o, viceversa per un giudice delle indagini preliminari poco attento esiste un PM che successivamente nel processo suggerisce ad un altro giudice di verificare l’esatta competenza.

Or bene, in conclusione, dobbiamo e possiamo dire che la competenza è una questione di civiltà giuridica, poiché designa chi è il “Giudice Naturale”, l’uomo, individuato dalle regole costituzionali (e non quelle create caso per caso) a sapere, conoscere, di un fatto, a giudicarlo. Quella regola che rende legittimo l’arresto di una persona che sarebbe illegittimo ogni qualvolta interviene prima di una definitiva sentenza di condanna, poiché è scritto in costituzione la presunzione di non colpevolezza prima della sentenza definitivita). Immaginerete, a questo punto, che dimenticarsi di verificare se si è competenti a chiedere un arresto o giudicare una persona potrebbe suonare come un tradimento di quella fiducia che deve sempre esistere fra il semplice cittadino e chi amministra la giustizia.

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