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Asilo conteso, le due strade del Comune per l’ultimo round

Si valuta la possibilità concreta di ricorrere al Consiglio di Stato contro il verdetto del Tar, contemporaneamente si attende il responso dell’Agenzia del Demanio sulla effettiva titolarità dell’immobile

Per l’asilo conteso della Sentinella forse non è ancora detta l’ultima parola. La controversia legale che ha opposto il Comune di Casamicciola alla Diocesi di Ischia era giunta alla sentenza della Quinta Sezione del Tar che alcuni giorni fa aveva condannato l’ente del Capricho, dichiarandolo soccombente. A proporre ricorso, come si ricorderà, erano stati il vescovo Pietro Lagnese e don Gino Ballirano (entrambi difesi dall’avvocato Bruno Molinaro) con l’intervento ad adiuvandum dell’associazione “I.sole d’amore onlus” (i cui legali rappresentanti erano assistiti dall’avvocato Miriam Petrone) contro il Comune di Casamicciola nella persona del sindaco pro tempore. L’obiettivo dei ricorrenti era quello di ottenere l’annullamento dell’ormai nota ordinanza di requisizione firmata il 28 novembre 2017, con il Comune che dopo il terremoto intendeva ottenere l’immobile per poterlo adibire a plesso scolastico vista la carenza di strutture a seguito del sisma.

Il verdetto potrebbe però essere impugnato dal Comune con ricorso al Consiglio di Stato. E con motivazioni che adesso sono al vaglio dell’ente del Capricho, chiamato a valutare questa ipotesi. Il collegio, come alcuni ricorderanno, ha dichiarato improcedibile l’impugnativa proposta “in ragione della sopravvenuta carenza d’interesse poiché, da un lato, è venuto meno l’efficacia dell’impugnata ordinanza, avendo quest’ultima disposto la requisizione in uso del cespite conteso fino alla data, oramai decorsa, del 27 novembre 2019; dall’altro, è incontestato, oltreché documentato per tabulas, che in esecuzione dell’ordinanza cautelare n.308 del 27.2.2018 l’immobile requisito è stato restituito alla piena disponibilità dei ricorrenti”.

Secondo le prime valutazioni che si stanno facendo sul verdetto, il Tribunale avrebbe esaminato le ragioni relative all’impugnativa principale alla stregua del criterio della soccombenza virtuale, con la conseguente decisione sulla condanna alle spese di lite, e in particolare la sentenza dopo aver dichiarato il difetto di legittimazione dell’amministrazione statale, ha affermato la fondatezza dei motivi di ricorso in quanto innanzitutto il provvedimento contingibile e urgente sarebbe stato adottato “allorquando era decorso un notevole lasso di tempo dal verificarsi dell’evento sismico, (..) ovverossia in presenza di un’oramai stabilizzata condizione di penuria e deficienze strutturale degli edifici scolastici”, e poi in assenza di una precedente verifica relativa all’idoneità dell’immobile requisito all’uso scolastico. Argomentazioni che avevano indotto il Tribunale a condannare il Comune alla refusione delle spese di lite, oltre al compenso per il verificatore.

Tuttavia, la sentenza avrebbe completamente omesso di considerare le argomentazioni difensive del Comune relative al tempo in cui si è verificata la situazione emergenziale che aveva imposto l’adozione del provvedimento di requisizione, e le risultanze incerte dell’istruttoria processuale che non consentivano il pieno accertamento dell’idoneità dell’edificio a essere destinato a uso scolastico, come fra l’altro aveva argomentato il difensore del Comune in una memoria difensiva insieme ad alcune osservazioni tecniche.

Quindi, sembrerebbe esistere la fondata possibilità di ricorrere contro il verdetto di primo grado, rivolgendosi al Consiglio di Stato con un ricorso basato su circostanze ampiamente argomentate e documentate dinanzi al Tar ma il cui esame è stato omesso.

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LA SECONDA STRADA. Resta comunque fondamentale una circostanza che potrebbe essere decisiva, a prescindere dal ricorso, vale a dire la definizione del procedimento ancora pendente presso l’Agenzia del Demanio riguardante gli accertamenti per definire la reale titolarità dell’immobile: se tale procedimento dovesse infatti essere definito a favore del Comune, la questione sarebbe risolta alla base. Di qui la necessità di “pungolare” per l’ennesima volta il Demanio: sono infatti oltre due anni che il Comune attende una risposta. La richiesta dell’ente del Capricho, come qualche lettore ricorderà, si fonda su una serie di verifiche eseguite negli anni scorsi, dalle quali emergerebbe che con un atto risalente al 1962 e firmato dal notaio Francesco Nonno il parroco pro tempore della Parrocchia della Maddalena accettava la donazione dell’immobile in questione. L’anno successivo la Cassa del Mezzogiorno concesse alla Parrocchia l’esecuzione dei lavori relativi alla costruzione di un asilo infantile per un importo di lire 29.494.800, somma che successivamente venne elevata a 48.698.480 lire. Una somma concessa interamente a fondo perduto e non in quota parte. La legge n. 1073 del 1962 all’articolo 15 ultimo comma, prevede che “Lo Stato si riserva la proprietà degli edifici di cui al presente articolo per la quota parte corrispondente al contributo concesso. La manutenzione degli edifici grava sugli enti ed edifici che gestiscono le scuole (quale corrispettivo di locazione per la quota di proprietà dello Stato), il contributo può essere riscattato con quote ventennali senza interessi”. L’ente comunale fece presente  che nel caso del finanziamento concesso dalla Cassa per il Mezzogiorno alla Parrocchia si sarebbe accertato che i 48 milioni e rotti di vecchie lire hanno coperto l’intero importo dei costi necessari alla costruzione dell’opera e di tutto quanto necessario per rendere funzionale l’asilo, compresi arredi e impianti, il tutto come risultante dagli atti contabili consultati presso l’Archivio Generale dello Stato di Roma, all’Eur. Da qui ne conseguirebbe che lo Stato non è comproprietario di “quote” ma dell’intero edificio.  Di fatto, lo Stato potrebbe avere interesse a che venga accertato se la Parrocchia abbia provveduto a chiedere il riscatto, nei termini previsti di prescrizione del diritto e se abbia provveduto al pagamento dell’intero importo; in caso di mancato esercizio del diritto di riscatto da parte della Parrocchia di S. Maria Maddalena, si potrebbe teoricamente arrivare a dichiarare formalmente la proprietà dello Stato sull’intera struttura.

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