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Pizzagate, a Porta a Porta il “duello” a distanza tra Veccia e Briatore

Il nostro concittadino, proprietario di un locale a Tor di Quinto, ha spiegato: «Il costo di una buona pizza? Dipende da molti fattori». Gino Sorbillo: «Una collaborazione con Flavio? Ci penso». Briatore: «Occorre creare un brand internazionale per esportare i nostri prodotti e talenti»

L’isola torna protagonista in tv grazie al “pizzagate” che sta tenendo banco negli ultimi giorni, e che vede protagonisti l’imprenditore cuneese Flavio Briatore e uno dei piatti principe della gastronomia napoletana. Ospiti della storica trasmissione di Rai 1 “Porta a Porta”, condotta dall’inossidabile Bruno Vespa, sono stati – oltre all’ex team manager della Renault, in collegamento audiovisivo – il pizzaiolo Gino Sorbillo (proprietario e anima dell’omonima catena di pizzerie) e il nostro Ivano Veccia, vincitore del campionato della miglior pizza capricciosa e proprietario di una pizzeria a Roma. A completare il parterre anche l’attore Sergio Assisi (in studio) e la conduttrice Simona Ventura (da casa).

Vespa addenta la capricciosa di Ivano Veccia

A prendere subito la parola è stato Briatore, che ha spiegato dal proprio punto di vista la genesi del polverone che lo ha riguardato: «Io le guerre non le faccio per una pizza. C’è stato un mucchio di video che son girati in questi giorni, video di ragazzi pizzaioli che venivano da noi (da Crazy Pizza, ndr) per fare delle critiche completamente infondate. Ho fatto un post ed è scoppiata la rivoluzione». Briatore è poi passato a tessere le lodi del capoluogo partenopeo: «Napoli è una città che adoro, anzi che amo. Molti ragazzi che lavorano per noi sono napoletani. Ripeto: io le guerre non le faccio né per una pizza, né per la mozzarella né per il patanegra. Se qualcuno pensa di fare comunicazione attaccandosi al treno Briatore e poi al treno Sorbillo, sbaglia. Credo che molta gente abbia approfittato di questa vicenda per avere un secondo di notorietà. Il casino l’hanno fatto loro, non l’ho fatto io».

Alle affermazioni di Briatore ha quindi replicato con il consueto garbo Gino Sorbillo, che ci ha tenuto a precisare che «la nostra pizza, quella tradizionale, è un pasto completo, può essere buona anche “sempliciotta” come la facciamo noi. Poi ci sono i casi, come quello di Crazy Pizza, dove ci si spinge con degli ingredienti particolari. Anche le pizze vendute a prezzi popolari sono pizze soddisfacenti».

È stato poi mandato in onda un servizio sul “Pizza village”, la cui decima edizione è in corso di svolgimento a Napoli, che in questi giorni ospita sul lungomare Caracciolo anche il campionato mondiale del pizzaiuolo. Al termine del contributo, il noto pizzaiolo Errico Porzio, ribadendo il concetto che «la pizza è del popolo», ha voluto dare un suggerimento al buon Flavio: «Caro Briatore, apri un punto vendita a Napoli e metti la pizza a cinque euro. Ti faccio vedere che la gente veramente impazzisce (chiaro il riferimento al brand dell’imprenditore piemontese, ndr)».

Vespa, rivolgendosi a Ivano Veccia, ha chiesto quale fosse la differenza tra le pizze. Veccia – che tra le altre cose vanta un passato da disc jockey – ha affermato: «Le differenze sono tante. La domanda è: “quanto può costare una buona pizza?”. A mio avviso, la risposta migliore è: “dipende”. Dipende dal posto dove si trova il ristorante. A Napoli le materie prime costano sicuramente di meno rispetto a Roma e ad altre città. Il tipo di servizio che si dà al cliente: nella mia pizzeria riusciamo a fare 200-250 pizze perché non giriamo ai tavoli. Va da sé che non possiamo far stare una persona con una margherita a quattro o cinque euro».

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Briatore è poi nuovamente intervenuto: «Non pretendo di essere un pizzaiolo. Abbiamo fatto dei ristoranti dove vendiamo anche pizze. Abbiamo un costo del personale che si aggira attorno ai 40mila euro all’anno. Abbiamo locali a via Veneto a Roma, a Londra siamo vicini a Harrods, e quindi gli affitti sono molto alti. Non è l’ingrediente che costa, è tutto il resto a costare, ossia i servizi che offriamo alle persone. La clientela è variegata: può andare da Sorbillo o può venire da noi, poco importa. L’importante è che il prodotto sia buono, ci sia la qualità e poi ognuno cerca di fare quello che può. Sorbillo a Roma vende una margherita con la bufala a 13 euro, noi a 15. Pertanto, non vedo dove sia lo scandalo. Viva la pizza!».

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Le parole di Briatore sono state accolte con favore da Sorbillo, che ha infatti dichiarato: «Condivido quello che dice, Briatore. Ci terrei soltanto con grande rispetto a dirle che le pizze che vendo e che altri vendono a cinque euro non sono fatte male. Mi creda, non sono utilizzati prodotti di scarsa qualità. L’importante è che si faccia pizza. Se si fa pizza in tutte le sue espressioni e forme, ne beneficia l’intero comparto. Siamo una famiglia dell’Italia della pizza». Alla domanda del conduttore su una possibile collaborazione a Napoli con Briatore, Sorbillo ha risposto: «Non si può mai sapere, magari ne parliamo. Chissà…».

Briatore, che aveva aperto le danze, le chiude “bacchettando” gli addetti ai lavori: «Non siamo riusciti a creare una catena di pizzerie internazionali. Parliamo di Napoli, del riconoscimento Unesco, però non siamo riusciti a creare un brand internazionale per la pizza italiana. Consiglio a tutti di cercare di capire come si può fare per crearlo. Occorre creare un brand internazionale per esportare le nostre pizze, i nostri talenti, i nostri prodotti».

Nel corso della trasmissione, Sorbillo e Ivano Veccia sono stati con le mani nella farina e hanno preparato una pizza (rispettivamente una classica margherita e una capricciosa). Anche Briatore, seppur a distanza, ha mostrato ai telespettatori la pizza con il patanegra, celeberrimo prosciutto iberico. Simpatico il siparietto che ha visto protagonista indiscusso Bruno Vespa: il conduttore, “infrangendo” i rigidi protocolli Rai, ha assaggiato con gusto un trancio della pizza di Ivano. Lo storico talk show, che va in onda da oltre 26 anni, si è concluso sulle note dell’indimenticato Giorgio Gaber. Il titolo della canzone? Beh, “’a pizza”, naturalmente!

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