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Caccia al corallo rosso

Di Guglielmo Taliercio

PROCIDA – Il Corallo rosso è a rischio estinzione nel Golfo di Napoli ed è proprio l’isola di Graziella uno dei luoghi maggiormente esposti a questo fenomeno. Nello specifico la causa non è da ricercare in fattori  naturali (modifiche climatiche, cambio delle correnti) bensì, come accade di sovente, frutto della “mannaia” umana. Infatti, secondo quanto denuncia l’Italian Underwater Photography Society (Iups), associazione di fotografi e cineoperatori subacquei che promuove la conoscenza e la tutela del mondo marino, intere colonie, per altro ricadenti nell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”,  vengono intrappolate nelle reti, frutto di pesca illegale.

“Gli scatti – spiega Eduardo Ruspantini sul sito dell’Iups – fatti negli ultimi due mesi testimoniano la situazione della parete di Punta Pizzaco, uno dei fondali coralligeni più spettacolari del mediterraneo, deturpato da decine di metri di reti abbandonate. Le reti fotografate ricoprono per alcune decine di metri in verticale le rocce intrappolando tra le maglie intere colonie ramificate di Corallo rosso molti già spezzati e danneggiati. Queste reti sono presenti solo da alcuni mesi, ce ne sono perlomeno tre lungo la parete e da mesi sono state segnalate”.
L’Iups denuncia altresì che “da sempre – si legge – nei fondali di Procida e Ischia viene svolta l’attività illecita di pesca del Corallo, ma nell’ultimo anno e mezzo abbiamo avuto l’evidenza visiva del prelievo per il conseguente chiaro depauperamento delle colonie di Corallo rosso presenti a Punta Pizzaco a Punta Solchiaro sempre a Procida e Punta Sant’Angelo a Ischia (una zona a tutela integrale, dove sono consentite solo immersioni sportive guidate e contingentate come numero)”.
Secondo le ricognizioni effettuate da Ruspantini “la pesca è avvenuta sia a profondità appena superiori ai limiti ricreativi di 38-45 metri, sia a profondità più elevate tra 45 e 70 metri. Certamente il Corallo è stato anche pescato, nel caso di Punta Solchiaro e Punta Sant’Angelo, a profondità prossime ai 100 metri anche se in questo caso non ho avuto per ora la possibilità di constatarlo personalmente. Ed infine abbiamo tutti i motivi per credere che il Corallo sia stato pescato anche in piena zona A di riserva integrale che include la Secca della Catena, tra Procida e Ischia, chiusa da anni alle immersioni e quindi naturalmente fuori dal controllo che la presenza dei subacquei sportivi e professionisti garantisce”.

Quasi superfluo ricordare che andare a “caccia” del Corallo rosso, oltre che causare un danno ambientale rilevante, rappresenta un reato penale perseguibile anche nella successiva fase di lavorazione e commercializzazione, in quanto frutto di attività illecita a monte.

Sull’argomento abbiamo interpellato gli organi istituzionali deputati al controllo i quali, però, hanno preferito non rilasciare dichiarazioni, probabilmente, per non inficiare l’esito di indagini di Polizia Giudiziaria in corso.

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