LE OPINIONI

IL COMMENTO Ischia 2.0, adesso è ora di ripartire

DI LUIGI DELLA MONICA

Ho trattato nelle ultime settimane temi di amarezza, tristezza e cordoglio.
Non posso cancellarli o rimuoverli con un colpo di spugna, ma riflessioni sul dopo terremoto ed alluvione vanno affrontate. Il morale e la vivibilità dell’isola, vuoi dalla precarietà delle “deportazioni” in massa delle famiglie con immobili non agibili durante l’allerta meteo, vuoi dalla chiusura a singhiozzo della statale litoranea, sono scesi ai minimi della resilienza. Non voglio ardire di pensare che si possa paragonare gli isolani a dei morti viventi, ma sfido chiunque a pontificare e massimizzare sui sistemi ricreativi di aggregazione sociale, durante questa fase epocale di dolore e di resistenza alla furia omicida della natura. Ischia riparte da uno, costituto dal sisma dell’agosto 2017, le cui ferite economiche sono ancora aperte nella carne viva e riparte da due, che altri non è che la frana del 26 novembre 2022, presente e incancellabile dalla brutale contemporaneità.

Ischia è in guerra, con un invisibile mostro famelico che non si placa: la natura. La comunità di un’isola è talvolta opaca da decodificare agli occhi di un forestiero, che vive tutto servito sul piatto d’argento. Spesso abbiamo letto sui social, con fare baldanzoso dei tipici leoni da tastiera, oppure in lettere democraticamente pubblicate da questo giornale, che il sig. Rossi o Pinco denunciava disservizi o porcherie che non avrebbe mai perdonato all’isola, sulla quale non avrebbe fatto più ritorno, invocando anatemi su di noi. Mi pare che quelle maledizioni ci hanno preso sul serio. Ora dopo la pulizia ancora in corso delle strade, il lavoro febbrile e privo di indugi degli addetti all’emergenza, le lacrime di sangue che sono scolpite nei nostri cuori per le vittime, è il momento di risorgere e ripartire. Come ha professato il capo di Stato ucraino, mai arrendersi, come ricordava Wiston Churchill, il quale ultimo posso definirlo senza torto il più geniale dei Premier degli ultimi 150 anni, dobbiamo combattere quartiere per quartiere, strada per strada, vicolo per vicolo, resistere alle forze della natura e voltare pagina.

Ora il Mondo, a prescindere dalla risibile pubblicità post campionato di calcio F.I.F.A. da poco conclusesi che vorrebbe rilanciare il turismo in Qatar, è ansioso di ammirare il risorgimento e la rinascita dell’isola. Per questo motivo, abbiamo avuto diverse disdette di prenotazioni e molte invece sono state le conferme, oppure le nuove richieste. Al cospetto di questa opportunità di lavoro, un territorio a vocazione turistica non può certo tirarsi indietro e lo spettacolo duramente e dolorosamente deve andare avanti. Purtroppo è così. Leggevo qualche giorno fa una polemica molto accesa sulla bacheca facebook di alcuni DJ e musicisti casamicciolesi ed ischitani, perché si contestava loro il fatto di avere organizzato in regime di lutto per la alluvione feste danzanti di Natale e Capodanno. Non voglio diventare fazioso, ovvero criticare questi followers che non conosco, che peraltro non hanno il coraggio di palesarsi oltre ad una pungente e scomposta polemica su di una impersonale ed inanimata piattaforma social, ma mi viene da pensare allora gli artisti dell’intrattenimento, le strutture alberghiere non interessate dall’emergenza alluvione dovevano chiudere per lutto a data da destinarsi? Dovevano cancellare le prenotazioni e rifiutarne di nuove, con lo slogan fuori gli ingressi o sulla home page del sito ufficiale “Non venite ad Ischia”.

In un modo o in un altro dobbiamo riprendere la nostra coralità ed il nostro modo di amare gli ospiti, i turisti, i forestieri che sbarcano da noi per ammirare le nostre bellezze naturali, che negli ultimi anni ci hanno strappato vite innocenti. Viva la memoria del passato doloroso per non commettere mai più errori di sottovalutazione del rischio e del pericolo, ma necessità di porre il punto zero e rimettersi in gioco. Non ci illudiamo che, riprendendo una intervista su questo giornale di qualche mese fa al Presidente dell’Area Marina Protetta il quale definiva i pescatori sentinelle dell’ambiente marino, l’amore per l’agricoltura isolana è tramontato da diversi decenni. Conosco molti miei coetanei che comprano frutta ed ortaggi al supermercato, ma sono possidenti di piccoli appezzamenti di terra proprio adiacenti all’area franata dove non hanno mai piantato nemmeno una cigas. Gli agricoltori sentinelle del territorio sono una comunità quasi estinta, salve naturalmente quelle piccole aziende da poco implementate e pubblicizzate anche dai media nazionali. Le parracine, i terrazzamenti di origine greca, sono un rimedio di economia ad alta redditualità ecosostenibile idonee a prevenire le frane, per offrirci uno sviluppo alternativo alla ossessiva ricerca di posti letto ed incrementare la quantità di produzione del vino su scala mondiale.

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Ho scoperto la miniera d’oro culturale della enologia, in Basilicata, precisamente in Vulture, una area compresa fra il fiume Ofanto in Irpinia ed il Tavoliere delle Puglie, che per inciso venne valorizzata dal Gioacchino Murat, lo stesso che a Castellabate in Cilento disse che lì non si moriva. Il Vulture è un vulcano spento, come il nostro Epomeo, da cui si attinge acqua minerale (nessuno di voi beve queste acque imbottigliate?) ed in cui si produce vino aglianico di pregiatissima qualità, anche biologico. Devo questa iniziazione culturale ad una serata trascorsa proprio ieri sera, in Rapolla (Pz) nella cantina di un architetto, tale Antonio Luigi Cascarano, che dopo aver girato in lungo ed il largo il jet set romano, si appassiona in età matura alla vigna di sua nonna e con 1500 piantine, piccole sue figlie generose, produce un vino aglianico che addirittura esporta in Francia! Da questo esempio, mi è venuto il pensiero di esortare gli isolani a riappropriarsi dell’orgoglio contadino che può preservare il nostro territorio anche dal rischio idrogeologico e non solo. Un altro esempio, scusate se pecco di campanilismo verso Napoli, ci viene dai 200 giovani laureati che hanno vinto il concorso come netturbini, consapevoli che un lavoro presuntivamente umile (l’Italia è una Repubblica Democratica fondata sull’onesto lavoro) è la base di partenza per amare un territorio e dal di dentro poi cambiarlo per aspirare a posti di responsabilità più congrui rispetto ai loro studi accademici.
Ischia riparti, è arrivato il momento.

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