CULTURA & SOCIETA'

Una giornata nel Museo Contadino di casa D’Ambra vini a Panza: catalogati tutti gli attrezzi anticamente utilizzati nella viticoltura ischitana

La viticoltura è stata per secoli l’economia prevalente dell’isola d’Ischia. Ancora nel 1950, la “superficie vitata” dell’isola era quasi di 3000 ettari a fronte dei 600 censiti agli inizi degli anni 2000. Nell’ultimo decennio si è registrata però un’inversione di tendenza, tanto che più di qualcuno ha cominciato a parlare della necessità di un ritorno alla terra, non tanto come esempio virtuoso della cosidetta “decrescita felice” quanto, piuttosto, come “nuovo” volano per il turismo.Chi è interessato ad approfondire la storia rurale dell’isola più grande del Golfo di Napoli non può perciò esimersi da una visita al Museo del Contadino che si trova a Panza, frazione del comune di Forio dove tuttora vengono prodotti i vini di maggior pregio dell’intera isola d’Ischia.vinicola più antica e importante dell’isola d’Ischia, con alcuni dei suoi vini da anni inseriti nei circuiti nazionali DOC e IGT.

All’interno del Museo sono stati catalogati tutti gli attrezzi anticamente utilizzati nella viticoltura ischitana, come la pietratorcia, l’enorme masso tufaceo a forma di campana che si usava per spremere nuovamente gli acini d’uva dopo che erano stati pigiati la prima volta con i piedi, immergendosi quasi a mezzo busto all’interno di profonde vasche di lapillo rinominate “palmenti”. Non solo. Sono esposti anche diversi modelli di solforatrice, attrezzo indispensabile per la cura e la prevenzione della filossera e, soprattutto, del mal bianco, le temibili malattie della vite che mettevano sistematicamente a rischio l’esito della vendemmia. Furono tre fratelli liparesi, Gaetano, Antonio e Giuseppe Sanfilippo, a introdurre sull’isola d’Ischia la pratica della solforazione della vite, salvando quello che lo storico locale Giuseppe D’Ascia – riferendosi ai vigneti sparsi per l’isola -, aveva enfaticamente definito “un fetido ed appassito Lazzaro”. Correva l’anno 1855 e nonostante l’intervento risolutore dei fratelli Sanfilippo, di cui addirittura beneficiarono i reali borbonici, i tre non ottennero alcun guadagno dal loro intervento, anzi, si trovarono addirittura indebitati per avere anticipato tutte le spese per l’acquisto dello zolfo.
La storia però è anche altro. Nel caso del Museo del Contadino è anche la bellissima ricostruzione presepiale del centro storico di Forio, che occupa quasi metà della sala. Le chiese di Santa Maria di Loreto, di San Vito Martire, del Soccorso, per non parlare dei palazzi storici che danno sul corso Francesco Regine, sono state riprodotte magnificamente in scala, dando l’impressione di “starci dentro” anche a chi ha poca dimestichezza coi luoghi.In abbinamento alla visita al Museo, c’è la degustazione dei pregiati vini D’Ambra, tutti realizzati con le uve autoctone biancolella, forastera e per ‘e palumm.

michelelubrano@yhaoo.it

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