CRONACA

Così il Decreto “Rilancio” ha fatto figli e figliastri

Un’analisi minuziosa e accurata che dimostra in maniera tristemente eloquente come si siano privilegiati gli interessi delle imprese a discapito di quelli delle classi più deboli

A CURA DEL PMLI – ISCHIA

PARTE SECONDA

Reddito di emergenza, colf e badanti

Su questi due capitoli siamo veramente alle briciole. Per colf e badanti, che tra l’altro a marzo non hanno avuto niente, è riconosciuta un’indennità di 500 euro per i mesi di aprile e maggio, ma solo per chi aveva in essere almeno un contratto di lavoro al 23 febbraio e per almeno 10 ore settimanali e che non risulti convivente col datore di lavoro. Restano fuori perciò da questo pur misero sussidio tutte le lavoratrici e i lavoratori irregolari del settore domestico, che sono una gran parte del totale, e che rientrano eventualmente solo nelle misure di regolarizzazione dei migranti previste nel decreto.

Per il Rem, istituito per aiutare i nuclei familiari in difficoltà esclusi dagli altri sussidi, è stato stanziato appena 1 miliardo. Consentirà di ricevere solo due mensilità da 400 euro (per persone sole) fino a 800 euro per le famiglie, condizionate ad un reddito Isee sotto i 15 mila euro, eventuali soldi sul conto corrente inferiori a 10 mila euro o 20 mila a seconda del nucleo familiare, e in ogni caso il reddito nel mese di spettanza deve essere inferiore al Rem.

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È evidente che un sussidio così basso, sottoposto a tante condizioni e soprattutto limitato a due mesi non può essere considerato nemmeno un pannicello caldo per alleviare la condizione di disperazione di milioni di famiglie già povere e rimaste senza alcun mezzo di minima sussistenza a causa della pandemia. Tanto più che le domande potranno essere presentate all’Inps da giugno, il che significa che prima di luglio, dopo 5 mesi di crisi, non avranno avuto ancora un aiuto. Occorre rivendicare invece un Reddito di emergenza di 1.200 euro per tutti i lavoratori irregolari e precari rimasti senza alcuna fonte di reddito, compresi colf e badanti, e per tutta la durata della crisi, il che allo stato attuale significa almeno fino alla fine dell’anno.

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Sanità e scuola

Molta enfasi è stata messa dal governo sui nuovi fondi stanziati per la sanità: 3,2 miliardi per consentire alle Regioni di potenziare la rete territoriale assistenziale e garantire l’assistenza in sicurezza alle Rsa, con la possibilità di stipulare contratti con gli alberghi fino al 31 dicembre per l’isolamento dei positivi e assumere con contratti a tempo fino a 8 infermieri ogni 50 mila abitanti per l’assistenza domiciliare (circa 10 mila unità a 30 euro l’ora per 35 ore settimanali, da stabilizzare nel 2021). Ma i 3,2 miliardi non compensano neanche il taglio di 4 miliardi dell’Irap alle imprese, che è la tassa che finanzia per la grossa parte le spese per la sanità. E comunque non rappresenta neanche il 10% dei 37 miliardi di tagli patiti dalla sanità negli ultimi dieci anni.

Ci voleva ben altro che questo rattoppo per segnare almeno un’inversione di tendenza rispetto alla criminale politica del passato. Invece si insiste ancora sulla strada della regionalizzazione e senza avviare una ripubblicizzazione della sanità privata, le assunzioni continuano ad essere precarie, non si parla di riaprire le centinaia di ospedali e presidi territoriali chiusi negli anni, e nel decreto è sparito perfino il promesso premio di 1.000 euro per i medici e gli infermieri, con la scusa che gli incentivi sono già previsti dalle Regioni.

E lo stesso vale per la scuola e l’Università. Il governo magnifica i 3 miliardi circa stanziati per questi due settori strategici, e in particolare l’assunzione di 4 mila ricercatori. Eppure la sproporzione coi 15 miliardi concessi alle imprese risulta evidente. Senza contare che l’intero pacchetto che va alla scuola, 1,45 miliardi, è interamente assorbito dalle spese per mettere in sicurezza gli ambienti e in parte per la didattica a distanza ed evitare la dispersione scolastica. E non ci viene risparmiata nemmeno la vergogna dei soldi alle scuole private, non si sa ancora quanti, per l’ammontare dei quali e anche per l’estensione a tutte le paritarie di ogni ordine e grado si sono spesi particolarmente i renziani.

Regolarizzazione dei braccianti migranti

Anche il compromesso raggiunto in extremis sulla cosiddetta regolarizzazione dei migranti, dopo il caparbio catenaccio di sapore razzista del M5S, è tutt’altro che dignitoso e soddisfacente. Poteva essere l’occasione per dare la possibilità a centinaia di migliaia di migranti costretti a vivere in clandestinità di iscriversi all’anagrafe, avere un’assistenza sanitaria e un permesso di soggiorno per cercarsi un lavoro, e nello stesso tempo per far uscire migliaia di braccianti, colf e badanti, lavoratori dell’edilizia e della logistica, dalla piaga del lavoro nero e del caporalato, e invece si è puntato solo a procurare braccia a buon mercato per l’agricoltura e per il tempo necessario a compensare la carenza di mano d’opera nei campi durante la crisi sanitaria.

Restano infatti fuori dalla regolarizzazione i lavoratori dell’edilizia e della logistica. I permessi di soggiorno per ricerca lavoro sono limitati a 6 mesi e a chi aveva già un permesso di lavoro scaduto prima dello scorso 31 ottobre, il che fa scendere da 600 mila circa a meno di 200 mila il numero dei migranti aventi diritto. Tutti gli altri restano nella clandestinità. Quanto ai braccianti che possono chiedere la regolarizzazione d’accordo col proprio datore di lavoro (che però non deve aver riportato condanne per caporalato, sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’emigrazione clandestina), è probabile che saranno costretti a pagare al posto loro la sanzione forfettaria di 500 euro per coprire i contributi non versati se vogliono avere il permesso di soggiorno per lavoro.

Per protesta contro il deludente accordo sulla regolarizzazione il sindacato Usb Lavoro Agricolo ha indetto uno sciopero dei braccianti per il 21 maggio. Il sindacalista Aboubakar Soumahoro lo ha annunciato con questo tweet: “Noi braccianti, delusi dalle misure del decreto, non raccoglieremo la frutta e la verdura il #21 maggio 2020: sarà sciopero degli invisibili. Non vanno regolarizzate le braccia, ma gli esseri umani”. Siamo completamente d’accordo, e chiediamo anche noi la regolarizzazione di tutti le lavoratrici e lavoratori migranti e il permesso di soggiorno per tutti i migranti che si trovano sul nostro territorio.


Il caso emblematico della Fca-Fiat

Non può non balzare agli occhi, in questo decreto che dovrebbe rilanciare la vita del Paese in ginocchio, che tanto di manica larga è stato il governo con il padronato, al netto dei pur necessari aiuti ai milioni di piccole aziende commerciali e artigiane prostrate dalla crisi, quanto continua ad essere avaro verso la sanità pubblica, la scuola pubblica, il Sud, gli strati più poveri e disagiati della società, i migranti. Ne è un esempio eclatante, come il taglio indiscriminato dell’Irap, la garanzia dello Stato concessa secondo il Decreto Liquidità attraverso la Sace ad un prestito bancario da 6,5 miliardi acceso dalla Fca su Intesa Sanpaolo. È un insulto alla decenza che un’azienda che ha spostato la sede legale in Olanda e la sede fiscale a Londra per non pagare le tasse al fisco italiano pretenda pure gli aiuti di Stato italiani, tanto più che la Fca sta per incassare 5,5 miliardi derivanti dalla fusione con Peugeot, di cui 1,5 miliardi andranno direttamente alla famiglia Agnelli-Elkann.

La cosa è talmente scandalosa da aver creato divisioni nella stessa maggioranza, con LeU e il PD Orlando che spingevano per porre ulteriori condizioni alla concessione della garanzia, come l’obbligo di rientro della sede in Italia (ipotesi stoppata dalla Commissione europea perché contraria alla “libera circolazione dei capitali”), o almeno l’estensione del divieto di staccare dividendi da un anno a tutti i sei anni di durata del prestito. Ma sia Conte che Gualtieri si sono eretti ad avvocati di parte di Fca anziché degli interessi della collettività, sostenendo che quei soldi saranno impiegati in Italia, per pagare i fornitori e i dipendenti degli stabilimenti italiani, che non si può impedire a un’azienda quotata in borsa di distribuire dividendi per anni, e che semmai chiederanno garanzie sul mantenimento degli investimenti (fermi da anni) e sull’occupazione (come se non ci fosse l’esempio di Arcelor-Mittal a dimostrare quanto queste possano valere di fronte alle decisioni di una multinazionale).

Anche questa scandalosa vicenda conferma la giustezza della nostra parola d’ordine, insegnataci da Lenin, della nazionalizzazione delle grandi aziende e della grandi banche, mai come adesso così attuale e lungimirante rispetto all’uso degli enormi stanziamenti di soldi pubblici per sostenere le imprese capitaliste private, a cui stiamo assistendo da parte del governo trasformista e liberale Conte al servizio del capitalismo e del regime neofascista. Una necessità e un’urgenza tanto più impellenti nel mezzo di questa emergenza sanitaria ed economica in cui è piombato il Paese: è evidente a tutti quanto sia, per esempio, utile l’intero comparto della ricerca e produzione di un vaccino e di medicinali decisivi per vincere la diffusione del covid-19 solo se viene strappato dalle grinfie degli speculatori e delle multinazionali mossi unicamente dalla ricerca del massimo profitto e interamente statalizzato, cioè controllato dalla collettività e indirizzato unicamente al benessere e alla tutela della salute della popolazione.

FINE – LA PRIMA PARTE E’ STATA PUBBLICATA VENERDI’ 22 MARZO

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