CRONACA

Liceo del Made in Italy: Buona iniziativa, ma ancora una volta a “costo zero”

Per la Uil Scuola Rua il Made in Italy esiste perché esiste un mercato straniero che guarda alla nostra cultura. E’ l’Italia che crea il made in Italy. Non il contrario

La Uil Scuola Rua in merito alla proposta di legge di iniziativa governativa, che coinvolge tredici diversi ministeri e il cui testo è all’esame della Commissione Parlamentare “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del Made in Italy”, parte da una premessa di merito: quando si parla di made in Italy si parte da una posizione esterna. Insegnare il made in Italy presuppone un’ottica esterna da cui guardare la realtà.I nostri licei, per cultura, formazione, struttura, esperienza sono l’Italia.Sono espressione autentica del nostro Paese. Sono il Paese.Nella scuola, la più significativa espressione del made in Italy è rappresentata dalle scuole italiane all’estero. Sono gli istituti che rappresentano, a partire dalla lingua, la carta d’identità del nostro Paese all’estero. Non hanno però quel pieno sostegno da MiM e Maeci che la loro funzione richiede.Meno di un anno fa la Uil Scuola Rua ha preso parte alla Conferenza interministeriale, sotto l’egida della Farnesina dedicata all’attrattività dell’Italia nel mondo. Occasione nella quale è stato ribadito la funzione strategica della promozione del nostro sistema formativo all’estero e della diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo.

“Abbiamo accolto e sostenuto – sottolinea Segretaria nazionale Francesca Ricci – l’intento del governo di avviare un percorso riformatore del sistema della formazione italiana nel mondo mettendo a disposizione la grande esperienza del nostro personale in servizio all’estero, per promuovere all’estero la nostra lingua, la nostra cultura ed il nostro stile di vita.

Per realizzare tale obiettivo, occorre utilizzare le risorse disponibili, e quelle che più volte richieste per pieno utilizzo di tutte le potenzialità del sistema delle scuole italiane all’estero: dagli Istituti italiani di cultura, alle scuole statali italiane all’estero, ai lettorati di italiano nelle università straniere, ai corsi di lingua per i nostri connazionali residenti all’estero fino ad arrivare alle scuole bilingue.Rivendichiamo da tempo un provvedimento legislativo organico che istituisca una cabina di regia interministeriale, salvaguardando la centralità dell’intervento pubblico statale e nazionale attraverso l’impiego di personale della scuola, in possesso di adeguata esperienza e professionalità, e la cui selezione deve avvenire attraverso la mobilità professionale disciplinata dalle norme contrattuali.Per quanto attiene all’esame del testo del Disegno di legge oggetto dell’audizione odierna, si valuta positivamente il «richiamo alle conoscenze economiche e giuridiche», «agli strumenti per la ricerca e l’analisi degli scenari storico-geografici e artistici», alle «lingue straniere», ai «processi di internazionalizzazione».

Ugualmente positivo è il richiamo ai principi di «autonomia delle istituzioni scolastiche» e alla previsione di «ampi spazi di flessibilità per l’adeguamento dell’offerta formativa alla vocazione economica e culturale del territorio».

Va annotato negativamente, invece, che l’istituzione dell’opzione del Made in Italy sia realizzata – ancora una volta a costo zero – «nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente».Viene, infatti, puntualmente specificata «l’assenza di nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato poiché non ne derivano incrementi di organico né del personale docente, né di personale scolastico, né di dirigenti scolastici.

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Si fa con quel che si ha. Come se la docenza fosse materia intercambiabile e le professionalità della scuola potessero essere agevolmente orientate ai «principi e strumenti per la gestione d’impresa», alle «tecniche e strategie di mercato per le imprese del made in Italy».

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A parità di spesa e condizioni si agisce anche rispetto all’insegnamento delle lingue straniere: a definire il quadro di intervento è la «clausola di invarianza per il «potenziamento dell’apprendimento integrato dei contenuti delle attività formative programmate in lingua straniera veicolare (CLILL)».

Si pone altresì come una connessione del tutto strumentale l’istituzione di una Fondazione «Imprese e competenze per il Made in Italy con il compito di promuovere il raccordo tra le imprese che rappresentano l’eccellenza del made in Italy e i licei del Made in Italy”. Fondazione il cui ruolo è tutto da definire se, come previsto nel disegno di legge «il potenziamento delle competenze trasversali e per l’orientamento, non determina un incremento del monte orario dei Pcto ma valorizza il peso dell’attività «laboratoriale e esperienziale».

Francesca Ricci

Centrate queste osservazioni, appare fondato tornare al punto da cui siamo partiti: il Made in Italy esiste perché esiste un mercato straniero che guarda alla nostra cultura. E’ l’Italia che crea il made in Italy. Non il contrario.

Imbrigliare la scuola in percorsi che, invece di fare tesoro delle esperienze e delle professionalità presenti, ne utilizzano la struttura, significa trasformarla da mezzo di creatività in copia della realtà, da momento geniale e innovativo, in un percorso dritto sui binari della produttività.

Si potrebbe arrivare – conclude Francesca Ricci – a citare De Gregori quando osserva che la differenza tra il bufalo e la locomotiva salta agli occhi.Pensare di orientare il nostro modello scolastico, che è il fautore della nascita del nostro modello culturale, della nostra evoluzione e sviluppo, in un programma orientato “agli specifici settori produttivi del made in Italy”, “in funzione di un rapido accesso al lavoro” come prescrive il disegno di legge significa limitarne le prospettive, e schiacciarne le potenzialità. Il tutto a parità di investimenti”.

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