CRONACAPRIMO PIANO

Ergastolo ai fratelli Bianchi, Ferrandino: «Giustizia è fatta»

L’avvocato ischitano, che nel processo ha difeso il Comune di Artena costituitosi parte civile, commenta la sentenza della Corte d’Assise nei confronti degli imputati per l’efferato omicidio del giovane Willy Monteiro Duarte

Si è concluso ieri il processo nei confronti dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi. Ieri i due sono stati condannati all’ergastolo dai giudici della Corte d’Assise di Frosinone, perché ritenuti responsabili di aver massacrato di botte e ucciso il giovane Willy Monteiro Duarte. L’orribile episodio si verificò nel settembre 2020 a Colleferro. L’avvocato ischitano Massimo Ferrandino è stato uno dei protagonisti del dibattimento, dopo essere stato nominato legale del Comune di Artena, costituitosi parte civile in un processo che ha catturato l’attenzione della cronaca nazionale per l’efferata violenza con cui i quattro imputati avevano aggredito il 21enne, che era semplicemente intervenuto per difendere un conoscente a sua volta coinvolto in un’aggressione.

All’uscita dall’aula, dopo la lettura del dispositivo, l’avvocato Ferrandino ha brevemente commentato la sentenza: «Naturalmente c’è molta soddisfazione nell’accoglimento di questo risultato – ha dichiarato il penalista ischitano – che rappresenta il frutto di un lavoro molto faticoso, scrupoloso e professionale portato avanti da tutto l’ufficio del pubblico ministero in questi mesi. La parte civile in genere non commenta le sentenze, però questa volta voglio fare una piccola eccezione perché penso che con questa sentenza sia sepolta definitivamente quella strategia processuale che tanto era in voga negli anni ’80, e mi riferisco allo scaricabarile tra un imputato e l’altro. In questo caso, come è ormai consuetudine, non ha portato gli effetti sperati, anche nelle diverse sfumature: ricordiamo infatti che i due Bianchi hanno avuto l’ergastolo, mentre Pincarelli è stato condannato a 21 anni e Belleggia a 23. Siamo anche curiosi di vedere nelle varie motivazioni della sentenza i motivi di questa diversa gradazione tra i vari imputati».

«Grande soddisfazione per un risultato frutto di un lavoro molto faticoso, scrupoloso e professionale portato avanti da tutto l’ufficio del pm in questi mesi. Con questa sentenza viene sepolta definitivamente quella strategia processuale che tanto era in voga negli anni ’80, quella dello scaricabarile tra un imputato e l’altro»

L’avvocato ha anche avuto parole piene di affetto verso la vittima e la sua famiglia: «La mamma del povero Willy era molto provata, l’ho salutata sia all’inizio che alla fine della giornata, mi ha abbracciato e ringraziato, ma non è riuscita a rilasciare alcun tipo di dichiarazione perché comprensibilmente molto emozionata. Una famiglia di persone perbene, grandi lavoratori, come grande lavoratore era anche Willy, che aveva due passioni: la cucina e il calcio, oltre ad essere un brillante studente di scuola alberghiera. Era una promessa della cucina italiana. La vita di Willy era questa, come quella di tanti ragazzi italiani: un ragazzo beneducato, studioso, lavoratore e soprattutto sportivo, a differenza degli odierni imputati che invece avevano scelto la violenza, la sopraffazione e il non rispetto delle leggi come stile di vita», ha concluso l’avvocato Ferrandino.

«La mamma del povero Willy era molto provata, mi ha abbracciato e ringraziato, era comprensibilmente molto emozionata. Una famiglia di persone perbene, grandi lavoratori, come grande lavoratore era anche Willy, un ragazzo beneducato, studioso, lavoratore e soprattutto sportivo, a differenza degli odierni imputati che invece avevano scelto la violenza, la sopraffazione e il non rispetto delle leggi come stile di vita»

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Poco meno di due mesi fa, durante la discussione finale del dibattimento, il professionista isolano aveva rimarcato come negli imputati non si fosse mai riscontrato alcun segno di resipiscenza ma anzi scaricabarile, fino al travestimento di uno degli imputati (Belleggia ndr), a dispetto della foto segnaletica uno scolaretto in giacca, cravatta e occhialini: uno che invece aveva contribuito in modo determinante alla morte di Willy.

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In aula l’avvocato Ferrandino aveva spiegato che, a dispetto del fatto che sui media nazionali si sia parlato del “branco di Artena”, della “città della violenza”, in realtà i cittadini avevano timore di queste persone. Rivolgendosi alla Corte, ai giudici popolari ed ai giudici togati, Ferrandino fece una richiesta, quella di tenere bene a mente le parole con le quali è stata conferita la medaglia d’oro al valore civile allo sfortunato Willy, medaglia consegnata alla famiglia dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, concludendo il suo intervento proprio con le parole del Presidente. I pubblici ministeri della procura di Velletri avevano chiesto l’ergastolo per i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, mentre per gli altri imputati, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, gli inquirenti avevano invocato una condanna a 24 anni di reclusione per l’accusa di concorso in omicidio aggravato. Willy Monteiro, dichiararono i pm nella requisitoria, «è morto per lucida follia del branco. Tutta la superficie del capo è attraversata da contusioni e tracce di percosse». Quelle botte hanno provocato «infiltrazioni emorragiche nel cuore, nei polmoni, nella milza e nel fegato. Non c’è una parte del corpo di Willy che non fosse interessata da traumi». Il ragazzo provò a rialzarsi in piedi, «ma viene sopraffatto da quattro persone che si accaniscono su di lui. Willy che casca a terra e viene preso a calci e pugni per 50 eterni secondi. Resta a terra e che annaspa e che muore». Il corpo martoriato di Willy, pestato e ucciso nella notte tra il 5 e 6 ottobre del 2020, «è un corpo che parla», dissero i pm. Adesso, la sentenza di primo grado, che ha quasi integralmente accolto le richieste dell’accusa, non restituirà Willy alla sua famiglia e alla sua comunità, ma dona loro un po’ di sollievo e di fiducia nella giustizia.

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