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Il body building nel sangue, Michele Capuano si racconta

L’ormai affermato campione ci parla di uno sport che vuole essere anche uno stile di vita, in grado di “accogliere” sia gli agonisti che gli appassionati. Tanti sacrifici, la vicinanza della famiglia e soprattutto tanti altri campioni forgiati. Tutto questo sempre nel segno di una impagabile passione, che resta il vero segreto

Come cambiano le cose, per chi va avanti facendo tesoro del suo percorso, bevendo a sorsi gocce di sudore, allenamento e tanto studio, questo è Michele Capuano, ormai affermato campione di body building. Guardo e riguardo la foto di qualche anno fa, quando a Budapest era lui a gareggiare e suo padre gli teneva le mani per incoraggiarlo, per dargli la giusta concentrazione prima di iniziare la competizione, e oggi a distanza di qualche anno, ritrovo la stessa foto, ma cambiano gli attori, è Michele Capuano a tenere la mano al suo allievo e collega Daniele Barbato. Un pizzico di ambizione condita con tanta umiltà, è stata questa la volontà con cui Michele Capuano ha guardato i suoi obiettivi, li ha studiati e pianificati.

Michele, è già capitato in passato di incontrarci per interviste e sempre in occasione di competizioni europee, prima per il tuo bronzo a Budapest e oggi per il successo degli atleti Passion Iron, Francesca e Daniele Barbato, posso dire che ormai siamo diventati il vostro portafortuna?

«Ormai è un rito portafortuna più che un’intervista! È una casualità davvero interessante, speriamo che la prossima volta sia per un’impresa ancora più grande! Questa volta abbiamo fatto davvero un qualcosa di unico, portando a casa ben 5 trofei, 3 primi posti e 1 titolo ASSOLUTO nelle categorie femminili. L’assoluto nel bodybuilding è il momento in cui i vincitori di tutte le categorie si confrontano, per far emergere il vincitore fra i vincitori, il campione assoluto! E Francesca è riuscita in questa strepitosa impresa vincendo l’assoluto al campionato Italiano e ripetendosi questa volta in contesto Europeo. Credo di avere pochi dei meriti di quello che è stato fatto, Francesca e Daniele sono ragazzi straordinari che si distinguono in ogni campo, è bastato solo dargli i mezzi per realizzarsi, e loro hanno saputo cogliere questa eccezionale opportunità».

Pratichi e promuovi il bodybuilding natural da tempo, ma dove nasce e quale è la sua storia?

«Questa disciplina nasce nell’800 quando i primi culturisti iniziarono a modellare il proprio corpo, attraverso l’allenamento, ispirandosi alla fisicità dell’età greco-romana. Per poi diffondersi definitivamente a partire dal 1970 con l’esplosione in popolarità anche grazie allo straordinario Arnold Schwarzenegger ed agli atleti della “golden era”. Canoni estetici a cui adesso si ispirano la maggior parte delle federazioni Natural odierne».

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Siete una realtà consolidata con i vostri continui risultati e avete anche una casa adesso! Il Passion Iron Studio, primo studio personal dell’isola e realtà di successo, come è nato questo progetto?

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«Il Passion Iron Studio nasce dall’esigenza di creare una realtà unica che possa raggruppare tutti coloro che vogliono intraprendere un percorso di cambiamento nella propria vita, che può avere diversi obiettivi, che vanno dallo star bene con se stessi ed il proprio corpo, al dimagrimento o all’aumento della massa muscolare e farlo in un ambiente esclusivo, frequentato da persone che si divertono a fare quello che fanno, perché non c’è nulla di più bello dello stare in compagnia e lavorare condividendo gli stessi obiettivi Credo che sia proprio questa la nostra grande forza».

Differenza tra agonista e appassionato?

«Più che differenze parlerei di analogie: ‘’cosa accomuna un appassionato e un agonista?’’. La risposta è la voglia di migliorarsi e cambiare il proprio stile di vita in meglio. Entrambi applicano questa linea guida ma a due livelli diversi, l’appassionato per migliorarsi, conciliando questo con il suo tenore di vita, (amici, cene, lavoro, allenamento) mentre l’agonista prova a migliorarsi nel rispetto degli obiettivi prefissati, cioè la gara e le regole a cui attenersi. Agonista e appassionato non fanno le stesse identiche cose ma entrambi hanno un obiettivo comune: il miglioramento di sè nel rispetto delle proprie priorità».

Spesso hai detto che quello che l’agonista fa, può essere utilizzato su un pubblico più vasto per ottenere risultati migliori sull’appassionato, ritieni ancora valido questo concetto?

«Lo vediamo fare in tutti i contesti. Il paragone più centrato è quello delle auto, tutto quello che viene montato su un auto in Formula 1 può essere utilizzato nelle auto d’uso comune per migliorare molti fattori (efficienza dell’impianto frenante, consumi, sicurezza, velocità) e lo stesso vale per l’appassionato che potrà usufruire della nostra esperienza in ambito agonistico per ottenere risultati migliori e per lavorare con un metodo più efficiente che gli permetta di migliorarsi al massimo delle sue potenzialità. Le gare sono il nostro campo di sperimentazione, i nostri clienti rappresentano il campo di utilizzo di quelle competenze. È per questo che otteniamo così tanti risultati e abbiamo questo numero strepitoso di persone che si rivolge a noi e che sono soddisfatte del nostro lavoro. Un metodo, per essere tale, deve far migliorare tutti quelli che lo utilizzano, altrimenti è solo fortuna».

Dietro una disciplina del genere e di risultati di questo tipo, quanto studio c’è?

«Per darti un idea del contesto, vorrei farti osservare come vanno le cose in questo ambito: chiunque può essere un personal trainer (anche con titoli della durata di un paio di giorni), aprirsi la partita iva ed iniziare ad occuparsi della salute e del movimento delle persone da un giorno all’altro. In un contesto così variopinto diventa difficile per il cliente comprendere chi è affidabile e chi non lo è, chi sceglie di formarsi continuamente e chi invece vive questa professione come un modo per fare soldi facili, e per questo spesso si fa la scelta del professionista sbagliato. Se vuoi capire facilmente chi è affidabile e chi è preparato basta chiedere di due cose titoli di studio e risultati. Il nostro team ad esempio è costituito solo da allenatori laureati o laureandi in Scienze Motorie, che si formano continuamente con corsi specialistici e che provvedo personalmente a formare sull’utilizzo del metodo Passion Iron, di cui diventano dei veri e propri ambasciatori. Essere allenatore Passion Iron è una grande opportunità, e come tale, richiede consapevolezza e competenze di alto livello, cose che miei fantastici collaboratori Giovanni Cinque e Daniele Barbato hanno, e continuano ad ampliare giorno dopo giorno, perché amiamo quello che facciamo e condividiamo questo ambizioso progetto. I risultati che portiamo sono la conseguenza di tutto questo lavoro e questo studio. Tu vorresti affidare le tue ambizioni e la tua salute a persone che lo ritengono un ripiego per portare a casa qualche soldino, oppure sceglieresti di metterti nelle mani di chi ha deciso di farne il lavoro di una vita?. E andiamo dall’altro lato adesso, dal lato di chi ha visto premiare i sacrifici e il frutto di un percorso iniziato qualche anno fa, ho lasciato Daniele Barbato dietro una macchina da caffè, ricordo che portava sempre un cappellino, biondo, occhi chiari, allora mi colpì la sua dolcezza e la sua determinazione, quando si toglieva il cappello, gli cadevano sulle spalle una cascata di riccioli biondi, e tanto per scherzare lo chiamavo Sansone, non sapendo di avergli affibbiato un nome che ha un suo perché. Daniele Barbato, è Campione Bodybuilding Juniores, dal caffè a stringere una coppa così importante è quasi storia».

In questo percorso quanto ha contato la tua famiglia?

«Far parte di una famiglia che ti incoraggi e ti supporti in questo percorso non è per nulla scontato. Il loro sostegno è un tassello fondamentale sia durante la preparazione che il giorno del debutto; sentirli esultare dagli spalti o sapere che seguono la competizione da casa tramite social è qualcosa di impagabile».

Che caratteristiche deve avere un campione per poter gareggiare?

«Consapevolezza, Determinazione e Passione. Consapevolezza di sé, del proprio potenziale, dei propri limiti e dell’impegno che questo sport richiede. Determinazione. Forse la caratteristica più importante senza la quale non si potrebbe far fronte alle difficoltà che questo magnifico sport implica. Passione. Come per altri sport anche nel bodybuilding, é la passione che stimola e guida l’atleta nel percorso e che lo sprona alla continua ricerca del miglioramento. La meraviglia di questo sport é che l’atleta si ritrova a gareggiare contro l’avversario più temibile, se stesso».

C’è un limite di età ?

«Il bodybuilding e quindi le attività sportive che usano sovraccarichi come strumento allenante sono tutte attività che hanno dimostrato avere un forte ruolo antiaging, prevenendo gli effetti dell’invecchiamento grazie al forte stimolo di preservare la massa muscolare rendendola più tonica ed altri effetti sul rinnovamento cellulare. In ambito agonistico esistono le categorie master che accolgono gli atleti con più esperienza e che spesso portano sul palco fisici strepitosi! Basti pensare che il campione assoluto della Benelux Cup (la competizione europea di cui stiamo parlando) è un over 50! Questo può far capire quanto si possa migliorare nonostante l’età. Basta solo avere voglia di cambiare la propria vita, un passo alla volta».

Per chi intraprende questo percorso, cosa va pianificato? La frequenza degli allenamenti, il regime alimentare, il riposo?

«Prima di pianificare bisogna porsi degli obiettivi che portino al miglioramento della propria struttura fisica. Il culturismo si basa su un percorso di miglioramento personale; ognuno di noi ha la possibilità di costruirsi la migliore versione di sé, ed è questa l’anima di questa disciplina e non bisogna gareggiare per poter seguire questa filosofia di vita. Basta solo applicarla a tutti i campi della propria vita: ‘’Sii il meglio che puoi essere in ogni contesto, cerando di migliorarti sempre”. Dell’allenamento non basta pianificare solo quante volte allenarsi, è necessario valutare anche il modo in cui ci si allena e la qualità di quell’allenamento! Puoi svolgere un esercizio per 100 ripetizioni e non riuscire a generare neanche lontanamente uno stimolo corretto se non si lavora sul MODO in cui si svolge l’esercizio, sulla tecnica e sulla qualità del movimento. Dopo questo va pianificata la giusta frequenza di allenamento e la giusta quantità di lavoro da dedicare ad ogni distretto muscolare, tenendo conto di cosa si vuole migliorare nell’atleta e del regime alimentare che sta seguendo».

Chi adotta questa disciplina, decide di abbracciarla come stile di vita, ma può essere considerata un buon modello di vita?

«Se si vuole praticare questa disciplina è necessario che la si abbracci come stile di vita perché questa non si limita alle ore passate in sala attrezzi ma coinvolge l’atleta h24. Questa frase puó spaventare, ci fa sembrare quasi schiavi di questo sport, ma è esattamente il contrario. Diventando uno stile di vita si riesce a vivere questa disciplina tutto l’anno con sostenibilità, e con momenti di flessibilità. Ovviamente questi momenti di flessibilità sono alternati a lunghi periodi di alta rigidità ma i grandi obiettivi richiedono sempre dei sacrifici. È anche questo che rende affascinante questa disciplina. Molto spesso mi ripeto che se fosse semplice probabilmente non mi piacerebbe».

Che significato ha la gara per te, e cosa provi quando ti confronti con atleti di quel livello?

«A parer mio la sfida non inizia sul palco. La vera gara, ciò che ti forgia, è il percorso che ti porterà su quel palco. Non ho alcuna fretta di arrivare a quella data: mi godo ogni giorno, ogni allenamento, ogni cambiamento che percepisco nel mio corpo. Il giorno del debutto penso solo a divertirmi, essere lì è il vero premio. Quando sono sul palco ripenso sempre a com’ero quando iniziai ad allenarmi, poi guardo gli atleti con cui sono arrivato a confrontarmi ed è li che mi sento ripagato degli sforzi fatti. L’adrenalina non ti fa percepire la stanchezza e sentire le urla dagli spalti di chi è li a tifare per te, sentire il supporto di chi ti segue da casa tramite le dirette social, rendono solo più magico quel momento. E poi c’è lei, Francesca Barbato, uno scricciolo di donna che racchiude la forza di una pantera, anche lei fresca di coppa e Assoluto ha conseguito il titolo di campionessa Bikini FNBB ed ora è il volto della federazione».

In questo percorso quanto ha contato la tua famiglia?

«Credo che la famiglia svolga un ruolo incisivo nella vita dell’atleta. Essa diventa il tuo punto di riferimento primario; d’altronde, nessuno potrebbe capirti meglio di chi ti vive giorno per giorno. Durante tutta la preparazione ho trovato in loro supporto, forza e determinazione necessari per proseguire nel percorso e, se avessi avuto l’opportunità di averli con me il giorno della competizione, sono sicura che avrei impugnato ed alzato in cielo il trofeo con tutti loro».

Come hai gestito i tuoi allenamenti nel periodo prima della gara?

«L’allenamento é stato programmato su quattro giorni settimanali. Ci è bastato calibrare gli stimoli allenanti sulla mia persona: lavorando sulle gambe per migliorare le proporzioni estetiche. Difatti, contrariamente a quanto si pensi sull’allenamento, la qualità “batte” la quantità».

C’è stato un momento critico nella tua preparazione?

«La preparazione affrontata per la Benelux Cup é stata di gran lunga la più ardua. Si può dire che ha rappresentato una vera e propria sfida contro tutti quei limiti che sino ad allora mi avevano spaventata. Ad un mese dalla gara, infatti, la stanchezza ha iniziato ad essere incisiva tale da spingermi a pensare di voler abbandonare il percorso intrapreso. Qui è entrata in gioco la mia famiglia e i miei preparatori che mi hanno ricordato che non esistono momenti lineari nella vita della persona e quello che ci diversifica é la nostra capacità di saper reagire provando a tirarne fuori il meglio».

Che significato ha la gara per te, e cosa provi quando ti confronti con atleti di quel livello?

«La gara é la realizzazione di un sogno. Ho lavorato anni per dimostrare a me stessa che i limiti sono astratti. L’ho fatto per provare che sono più forte di quanto io possa pensare e la preparazione ne è la prova. Quando pensavo di non riuscire, facevo leva immaginandomi su quel palco come Francesca: sorridente, forte e sicura di ciò che vuole. L’emozione che si prova nel confrontarsi con atleti di tale livello é impagabile. Entrano in gioco una serie di emozioni contrastanti fra loro, ma che lasciano il posto alla felicità, proprio quando arriva il “tuo momento”. Lí si ha la possibilità di provare che tutti i sacrifici e l’impegno attuati ripagano sempre”. “Your only limit is you.” Conclude,sullo spunto offertogli da Francesca, l’ideatore e Allenatore Capo di Passion Iron, Michele Capuano, siamo noi a decidere cosa vogliano e cosa vogliamo raggiungere, non sono le circostanze ad impedirci qualcosa, le circostanze le creiamo noi. A volte è più facile restare nelle vie di mezzo, ma le vie di mezzo non portano da nessuna parte. Crederci sempre, con questo spirito lavora il team di Passion Iron, già con gli occhi puntati per la prossima sfida».

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