LE OPINIONI

IL COMMENTO Il mal di vivere, la sociologia e l’ipocrisia della religione

Siamo ad una settimana dall’ennesimo suicidio ad Ischia, per il quale abbraccio il papà della vittima, mio caro amico e tutti i parenti. Tragico episodio avvenuto, peraltro, nel luogo simbolo della nostra isola, a causa di un disagio di difficile interpretazione e contrasto. Al di là della profonda pietà umana per chi è rimasto incagliato nei grovigli della mente e della psiche umana, abbiamo il dovere di porci qualche interrogativo che trascende la singola vicenda. E’ d’uopo la domanda: perché ad Ischia, realtà turistico economica ipermatura, con problemi di crescita incontrollata, il suicidio è così frequente? Certo, la risposta dovrebbe essere affidata non ad un semplice opinionista ed osservatore della realtà isolana, come il sottoscritto, ma ad uno psicologo,  a uno psichiatra, meglio ancora ad un sociologo, a un antropologo. E questo mi porta a parlare di grandi vecchi della psichiatria e della sociologia e della scomparsa recente di tre sociologi eminenti che hanno improntato la sociologia italiana ed europea. I tre sociologi, scomparsi di recente, sono: Marc Augé, Francesco Alberoni e – da ultimo – Domenico De Masi. Lo psichiatra in vita, il grande vecchio della psichiatria italiana, è Eugenio Borgna ( 93 anni), il cui allievo più illustre è il filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti. Borgna e Galimberti condividono l’idea di fondo che le malattie mentali non esistono, nel senso che i farmaci, in molti casi, alleviano sì il disagio, ma molto più importante è interpretare il significato nascosto delle parole, entrare con discrezione nell’anima e nel cuore del sofferente, capire che c’è una soglia di mistero in ogni mente . 

In un’intervista di Borgna al Corriere della Sera del 10 agosto, Borgna disse: “Chi vuol fare lo psichiatra dovrebbe leggere Giacomo Leopardi. Ma anche Emily Dicckinson e Giovanni Pascoli”. E, con questa sensibilità, Borgna ha dialogato per ore ed ore con i suoi pazienti. L’analisi che fa Borgna è definita scientificamente “antropoanalisi” e psichiatria fenomenologica: il disagio mentale non è solo un problema neurologico e non va curato solo con farmaci. Ma ci ponevamo il problema del perché a Ischia aumenta il disagio psicologico e mentale. E qui ci sovviene l’antropologo francese Marc Augé, scomparso a luglio. Augé viene considerato “l’esploratore dei non-luoghi”. Lo studioso francese ha analizzato tutti quei luoghi creati artificialmente (Centri commerciali, Stazioni ferroviarie, aeroporti ecc.) che accentuano la solitudine e impediscono relazioni vere tra persone. Direte: ma che c’entra con Ischia il non-luogo? C’entra, eccome! Non è stata forse trasformata artificialmente la realtà di un’isola di contadini e pescatori in macchina per adescare quanti più turisti è possibile, in un mero rapporto mercificato  produttore-consumatore, che prescinde dalle effettive relazioni umane? E non è Augé che ha descritto la società divisa in tre categorie: i potenti, i consumatori, gli esclusi? E dunque, se a Ischia non sei un potente, né un consumatore, degradi a “ escluso” sociale. Augé era francese, ma amava Napoli e stimava Ernesto De Martino, antropologo napoletano. Amava Capri, forse non conosceva Ischia e praticava “il piacere di vivere”, fare gite in barca, frequentare la libreria-editrice La Conchiglia di Ausilia e Riccardo Esposito ( Ausilia è morta pochi giorni fa). 

Per un antropologo, tuffarsi nel piacere della vita è il modo migliore per capire, di converso, la sofferenza e il disagio. Ad agosto è morto Francesco Alberoni ( 93 anni), altro sociologo illustre, che passa come il “sociologo dell’amore” e in particolare dell’innamoramento, quella fase cioè capace di accendere un’energia straordinaria. Lo “statu nascenti” era inteso come quella scintilla che s’accende in un rapporto di coppia ma si estende più in generale alle relazioni umane che oscillano tra la stabilizzazione di un rapporto e la forza creatrice che modifica e riassesta il rapporto stesso. E’ questa scintilla relazionale che muove il mondo ed è caratterizzata dall’eterno scontro tra Eros e Tanatos, amore e morte. Quando prevale Tanatos e non s’accende la scintilla creatrice della vita, l’individuo si spegne, si “deprime” e, i n alcuni casi, si “sopprime”. Pochi giorni fa si è spento il sociologo napoletano Domenico De Masi (85 anni) per un fulminante cancro al pacreas. All’epoca in cui ( 1961-1968) insegnava Sociologia Generale alla Federico II di Napoli, ero studente a Scienze Politiche ed estimatore del prof. Francesco Compagna e dello storico Giuseppe Galasso, con i quali De Masi collaborò, con entusiasmo e competenza, alla rivista Nord e Sud. Se Alberoni fu il sociologo dell’Amore, De Masi è stato il sociologo della Disuguaglianza, del Lavoro, del Reddito Universale, dell’Emarginazione. Assolutamente rivoluzionario il pensiero dell’Ozio Creativo. Contrapponeva al “negotium” (lavoro,affari) “l’otium” ovvero il necessario ritaglio di tempo libero da dedicare alla riflessione, al pensiero, alla riconciliazione con gli Uomini e con la Natura. Credeva molto nello smart working, capace di liberare il lavoratore dalla schiavitù della dipendenza dal “ luogo di lavoro”. Per un periodo è stato considerato l’eminenza grigia dei 5 Stelle, ma la sua finezza culturale era inafferrabile per i più del Movimento popolare. In un certo qual senso, con la scomparsa di questi tre sociologi, è come se fosse morta la sociologia. E se la sociologia appare “ morta”, la Religione, a Ischia, appare appannata ed incapace di scelte fondamentali per il progresso etico e civile degli isolani. Prova ne è un nebuloso comunicato, scritto a quattro mani (anzi a due teste), dei Vescovi Pascarella e Villano, che decidono di non decidere sul mistero dell’apparizione della Madonna di Zaro. Un non credente, ma estremamente rispettoso della religione cattolica, come il sottoscritto, si sarebbe adeguato a qualunque fosse stato il giudizio finale della Commissione diocesana sull’eventuale natura soprannaturale del fenomeno. E invece no! Dal 2014 al 2020 la Commissione ha lavorato sul fenomeno. Dell’esito di tali indagini nulla sapevamo e nulla è stato detto. E’ vero che ci sono passaggi, prima di arrivare alla conclusione, che prefigurano una diffidenza verso il “consumismo spirituale”, verso la ricerca di “straordinario” che sarebbe proprietà solo di alcuni eletti e non di tutti, tuttavia si preferisce il “rinvio” all’affondo su una vicenda di cui si conoscono personaggi ed interpreti. Silenzio assoluto dal 2020 al 2023. Oggi si decide di nominare una nuova Commissione. Questo non fa bene alla Comunità religiosa e, più in generale, non fa bene alla Comunità isolana. 

Il mal di vivere, il disagio mentale e morale ,che si va diffondendo, di tutto ha bisogno fuorché di “ipocrisia”, la paura cioè di alienarsi la simpatia e la militanza di strati di popolazione più dedita alla superstizione (o addirittura alla speculazione) che alla Fede. Il disagio di molti ischitani “esclusi” affonda le radici in tutto questo: economia, religione, etica. Al mondo dell’informazione spetta stimolare tutte le agenzie educative , a partire dalla famiglia, passando per i centri sociali di aggregazione, le Parrocchie e rilanciando il ruolo della Scuola, che non deve piegarsi a modelli aziendalistici e funzionali direttamente al mondo delle imprese e del lavori. Lo stimolo che la stampa scritta può iniettare è quello della profondità di riflessione, della com-passione per i più fragili, dell’inclusione e del rigetto dell’Odio, che sprizza in molti social. Fratelli tutti, direbbe Francesco! E la stampa può smascherare la tendenza, sempre più pronunciata, a contrabbandare, dietro il vessillo della “libertà individuale”, della ”abiura del buonismo” e della sottrazione al presunto “pensiero unico”, un vero e proprio egoismo amorale, un dis-amore per gli altri e per i diversi.

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