LE OPINIONI

IL COMMENTO Ischia giudica Procida ma non conosce se stessa

Il Comune di Lacco Ameno, seguito da altri, aveva diretto il Faro sull’isola di Procida. L’intento era naturalmente quello di simboleggiare una solidarietà e una partecipazione al prestigioso obiettivo, poi raggiunto, di Capitale della Cultura 2022. Ma la simbologia, se vista all’inverso, potrebbe significare anche che da Ischia si punta un fascio di luce su una realtà che è già di per se stessa ben individuabile, mentre il punto di partenza della luce è avvolto nel buio di un’identità ormai incerta. Lo scrittore napoletano Maurizio de Giovanni, in un commento sulla vittoria di Procida, ha detto: “Noi di Napoli, sappiamo com’è Procida”. Ecco il punto: l’isola che ha vinto ha un volto ben riconoscibile e condiviso largamente da procidani e non. Per De Giovanni, Procida è “un arcobaleno di pastelli che fa sentire a casa”. E’ un luogo in cui, contrariamente ai luoghi dove imperano glamour e ricercatezza o insegne e menù disegnati in lingua straniere, uno si sente stranamente a casa fin dal primo momento. “Noi lo sappiamo com’è Procida – incalza de Giovanni – E sappiamo che più che altro, Procida è un’idea. Ecco il punto: Procida è un’idea ben precisa. Ischia lo è altrettanto?

Gli ischitani di Ischia, Forio, Barano e degli altri Comuni hanno coscienza di un’identità comune, si sentono compartecipi di un destino comune, sono – tra di loro – solidali come i procidani o invece il maggiore sviluppo economico-turistico di cui hanno goduto e il pieno ingresso nel circuito della globalizzazione ha frantumato ogni collante? Mi spaventa e mi delude leggere, nei tanti commenti sui social: “Ma in fin dei conti, Procida che merito ha? Non ha le risorse naturali di Ischia. Non ha terme, non ha monti, boschi, pinete, non ha una storia turistica paragonabile a quella di Ischia. Si decanta “Il Postino” mentre Ischia è stata location di decine e decine di film. Si decantano Concetta e Pepe Barra quando Ischia ha avuto una storia canora e musicale eccellente, basti pensare a Ugo Calise (a cui è stata dedicata la piazzetta di Punta Molino). Se Procida ha la processione dei Misteri e la Sagra del Mare, Ischia ha la Festa agli scogli di Sant’Anna. Se Procida ha, dal 1939, la Graziella di Alphonse de Lamartine, Ischia ha il Corteo Storico di Sant’Alessandro e una frequentazione storica ricchissima di letterati ed artisti. Se Procida ha il Palazzo D’Avalos, prima Reggia e bagno penale borbonico, poi penitenziario per ergastolani, Ischia ha il fascinoso Castello Aragonese (anche se Procida ha avuto la forza e il coraggio di acquisire al proprio patrimonio pubblico il Palazzo di Terra Murata). Mi spaventa e mi delude questo tipo di giudizio, non perché queste affermazioni siano false, ma perché non colgono l’essenza del problema. Forse, ha ragione Ciro De Angelis, noto stilista ischitano, che su Facebook ha detto: “Molti di quelli che giudicano, mostrano di conoscere Procida solo come scalo”. Eh sì, perché non colgono l’essenza, non riescono a vedere che Procida e i procidani hanno un’anima; Ischia l’anima se l’è persa per strada.

L’isola d’Ischia, di per sé, è bellissima (lo storico americano dell’Arte, Bernhard Berenson, la definì “epitome del mondo”) e nemmeno l’abusivismo edilizio è riuscito a renderla brutta. Non è quello il problema. Il vero problema, la vera differenza con Procida è il rapporto tra territorio e popolazione. La venerazione della maggior parte degli ischitani (c’è un’altra parte che ha maggiore sensibilità) per la propria isola è di ordine estetico, quella dei procidani è di ordine etico. I procidani abituati all’imbarco, alla navigazione, hanno guardato storicamente mondi diversi e hanno introiettato la diversità e la complessità del mondo nell’anima della loro piccola isola. I procidani hanno praticato più pesca che agricoltura. La pesca abitua alla condivisione, alla spartizione del pescato, ai pericoli e alla paura delle incognite del mare, che necessariamente richiedono l’aiuto reciproco. L’agricoltura (che Ischia – al contrario – ha praticato più della pesca) per quanto nobile sia, porta all’isolamento, alla difesa del proprio terreno, alla chiusura più che all’apertura agli altri. Procida ha una identità e ciò ha consentito all’Amministrazione comunale e a tutto il Consiglio comunale di scegliere un Direttore della candidatura, Agostino Riitano, capace di dare forma e sostanza al progetto identitario e culturale che Procida persegue. Sono nati, da questo cambio, 44 progetti culturali, 240 artisti che si esibiranno nel 2022, cinque sezioni di programma (Procida Inventa, Procida ispira, Procida include, Procida innova, Procida Impara). Procida ha un’identità e l’anno 2022 la rafforzerà. Ischia fa fatica a delineare la propria identità, anche avendo alle spalle una storia antica e lusinghiera. Perché è schiacciata da un lato dai particolarismi territoriali e da un altro lato dall’eccessiva penetrazione dei guasti del turismo di massa e dal consumismo della società globalizzata.

Già molti anni fa, il filosofo Umberto Galimberti scriveva su Repubblica un saggio dal titolo “L’ansia di sapere chi siamo davvero”. In questo saggio (e stiamo parlando del 2007) il filosofo poneva il problema di che cosa ne è della nostra identità, in un’epoca caratterizzata dallo sfaldamento di tutte le appartenenze (territoriali, culturali, religiose, ideologiche, di genere) che erano stati i perimetri in cui avevamo costruito le identità. “La storia, fatta di presente, passato e futuro, sembra abbia perso – sosteneva Galimberti – la sua capacità di costruire identità, sostituita in questo dalla Tecnica, che ha risolto l’identità di ciascuno nella sua < funzionalità>. Mentre la storia inseguiva l’idea di ‘progresso’, la tecnica insegue solo l’idea di ‘sviluppo’, cioè un incremento quantitativo e non qualitativo. Ecco cosa è successo ad Ischia: la storia lusinghiera che apportava “progresso” ha – con rapidità – lasciato il posto all’economia, per lo sviluppo “quantitativo”. Ora che si fa? Ora dobbiamo smetterla con i paragoni tra noi e Procida e forse non è il momento nemmeno di scaraventare sui nostri Sindaci tutta la responsabilità della débacle di Ischia rispetto alla consorella Procida (Capitale della Cultura 2022) e Capri (sulla strada della candidatura per il 2024). Certo, le Amministrazioni comunali isolane non sono state capaci nemmeno di dare seguito alla brillante iniziativa del Circolo Sadoul di spingere Ischia come Patrimonio dell’Umanità, con uno splendido saggio a cura del caro Pietro Greco (giustamente onorato in questi giorni) e dal prof. Ugo Leone. Tuttavia dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che la responsabilità di uno scarto enorme tra le potenzialità di Ischia e la visibilità che riusciamo ad ottenere, è una responsabilità collettiva.

Tutti noi (certo con le debite eccezioni e con le dovute gradazioni di colpa) siamo responsabili di un livello etico e culturale non all’altezza della storia che abbiamo alle spalle e delle bellezze che la Natura ci ha regalato. Onoriamo Procida per quello che ha saputo fare, collaboriamo con essa come meglio possiamo e verifichiamo se ci sono ancora spazi per integrare i progetti già esistenti, al fine di una migliore compartecipazione di tutta l’area Flegrea. Mentre dico questo, voglio ricordare che già operatori culturali di Ischia hanno intrecciato, nel recente passato, virtuose forme di collaborazione (Michelangelo Messina con l’allora Assessore al Turismo, l’indimenticabile mio nipote Fabrizio Borgogna, prematuramente scomparso, a cui è intitolata la stazione marittima di Procida e al quale deve necessariamente andare il pensiero di Procida per quello che Fabrizio ha dato al turismo di Procida). Non solo, anche attualmente e ancor prima che Procida risultasse vincitrice, c’è una grande idea che sta portando avanti Giovanni D’Amico e l’Associazione Tifeo, per valorizzare il legame storico-letterario tra Ischia e Procida, con uno spettacolo teatrale-musicale sulla boccaccesca relazione tra Gianni da Procida e Restituta Bulgaro d’Ischia (novella V del Decamerone). E a proposito dell’intreccio culturale tra le due isole, bene ha fatto il Sindaco di Lacco Ameno Pascale a sottolineare come sia stata scelta l’ischitana attrice Lucianna De falco a fare da voce narrante nello spot di presentazione per l’assegnazione del titolo di Capitale della Cultura. E bene ha fatto Francesco Del Deo, in qualità di Presidente ANCIM, ad aver auspicato la massima sinergia possibile tra le isole minori, per la buona riuscita del Progetto culturale di Procida e ad aver sottolineato il ruolo attivo e convinto del Ministro Franceschini, in passato e nel presente, a favore della Cultura delle isole. E ho citato i Sindaci di Lacco Ameno e Forio che, per altri versi il Golfo ha individuato come l’accoppiata della “splendid isolation”, come quelli che lavorano in coppia contro Ischia, Casamicciola e Barano. L’ho detto e lo ribadisco: questi sono tatticismi che non mi affascinano. Mi piace giudicare sulle idee. E l’idea, per esempio, di stringere un patto con Procida e con l’attivo ed intraprendente Sindaco di Bacoli per attivare un circuito turistico-culturale dell’area Flegrea, non è affatto una cattiva idea. E se l’idea è buona, chi impedisce ai Comuni di Ischia, Barano, Casamicciola e Serrara di condividerla e di compartecipare? Non sono stati invitati? E si facciano parte attiva! Le tattiche lasciano il tempo che trovano: le idee progettuali, se buone, vanno perseguite a tutti i costi. Tornando a Procida e alla Cultura, è verissimo quanto è scritto nello slogan scelto da Procida per la competizione: “La cultura non isola”. E solo la cultura può unire, nell’isola e tra le isole. Altro che alleanze tattiche a due o a tre Comuni!

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