LE OPINIONI

IL COMMENTO Libertà? Turismo, dunque sono

DI RAFFAELE MIRELLI

È possibile ripensare l’impegno di rivalorizzazione, di mantenimento dell’isola non solo negli spazi urbani, cementati e asfaltati, ma anche nelle zone di rilievo naturalistico della nostra isola? Ci riflettevo durante una dalle tante passeggiate del fine settimana. La maggior parte delle aree rurali del nostro territorio è totalmente abbandonata. Dopo la grande attività del CAI e delle guide turistiche, che tanto si prodigano per mantenere la decenza di questi luoghi, e alla luce delle tantissime campagne pubblicitarie messe in atto in questi mesi, si denota un’immagine del territorio stridula. Pubblicizziamo prodotti della natura e non ci prendiamo cura della natura? A quanto pare aspetto fondamentale del nostro territorio. Dall’incuria delle pinete, che sembrano essere dei grandi monumenti all’abbandono, ai sentieri più nascosti, la situazione non sembra esattamente felice. Perché investire solo nelle zone urbane e non presentare un grande progetto di rifacimento, cura e soprattutto mantenimento degli spazi verdi? Sembra che questi siano totalmente dimenticati. Se l’isola vuole presentarsi al mercato come “isola del benessere”, non sarebbe il caso di interrogarsi sulla gestione di nuovi spazi che – solitamente – non vengono nemmeno pensati come luoghi di benessere?

Il mio timore è che si stia pensando solo alla pubblicità di un luogo, pubblicità che fa a pugni con la realtà. Una questione posta già precedentemente: lo stare bene implica una serie di fattori verso i quali siamo davvero manchevoli. Stare bene, in un posto che ci permette di stare bene. Non stiamo, invece, vendendo l’anima al diavolo? Anche il Ministero del Turismo ha lanciato una campagna pubblicitaria del nostro paese che – a parer di molti personaggi pubblici – denigra il nostro patrimonio storico-culturale: tutto si sta appiattendo sulla narrazione gastronomica. Persino la Venere di Botticelli tiene in mano una pizza, un cocktail, lasciando sullo sfondo la bellezza autentica di un luogo che, nelle sole didascalie proposte ossia quelle del cibo e quindi del bisogno, annienta uno stile di vita – quello italiano – che comprende tantissime altre cose, tra cui il desiderio. Stiamo cedendo la via al consumismo, perdendo la capacità di desiderare le alture dello spirito. “Consumo, dunque sono” affermava un sociologo. E la direzione sembra proprio questa. Anche per la nostra isola. Eppure, tutto questo – ne sono sicuro – ha una data di scadenza ben definita.

Prendiamo in esame Ischia: isola greca, prima fra le colonie del mediterraneo. Espressione di grande cambiamento culturale, per vocazione. Espressione di poesia, filosofia, mito, usanze che compongono la nostra storia. Patrimoni che perdurano nel tempo. Certo la coppa di Nestore è legata al “consumo rituale” del vino. Ed è proprio questo che stiamo eliminando, la ritualità delle nostre tradizioni che accompagnano l’essere mediterranei. Mangia, bevi e…. sì la questione diventa molto triviale. Sono convinto che bisogna invece trovare un accordo tra i diversi settori e le diverse forme di narrazione, evitando di monopolizzare l’attenzione su quei prodotti di estremo consumo. Il mercato ci vuole come servitori di un padrone, che si presenta e che poi ci abbandona. Questa stessa questione si lega al modus vivendi degli isolani, i quali abbandonano il campo da ottobre ad aprile, risorgendo ogni anno con ferite sempre più visibili. Non sappiamo vivere bene in questi mesi e spesso, per farlo, dobbiamo abbandonare l’isola. Allora perché non cambiare l’ordine di racconto e di vita del nostro territorio? Perché non pensare a progetti di mantenimento della natura e non del mattone, dell’asfalto? Perché – lo ripeto da tempo – non “sfruttare” (perdonate la forza del termine) le catastrofi naturali per richiedere il riconoscimento della nostra isola come un patrimonio di rara fragilità, da mantenere? Perché insistere su aspetti troppo frivoli? Spingere le persone al lavoro stagionale senza progettare un’isola capace di sviluppare “bene” anche nei mesi diversi da quelli che il protocollo stabilisce? A Ischia si mangia si beve e si fischia? Sì, è così. Ma è primitivo, fa parte di un processo biologico, primitivo, senza tempo, che non contiene la progettazione. Poi ci si pensa l’anno venturo.

Con questo non intendo mettere in difficoltà il reparto dell’accoglienza, ma ridefinire le priorità delle nostre amministrazioni che devono puntare necessariamente su una reale politica verde, del benessere dei cittadini e non solo dei turisti. E se la natura ci sta presentando il conto, perché allora non l’ascoltiamo? Perché, invece, continuiamo nell’artificio del mercato del benessere? Adesso siamo alle prese con la nuova stagione e sono sicuro che certe prospettive di pensiero, utili alla costruzione di alternative politiche, non vengano nemmeno colte. Siamo tutti troppo indaffarati. Ma ricominciare nella paura il prossimo ottobre, il prossimo novembre, senza nulla aver fatto, preteso, richiesto, non ci rende degli idioti? La vita è breve, lo so, ma è possibile continuare così senza prendere in carico il futuro di chi ci segue e abbandonare il tutto alla semplice incuria? Qui si parla di un atto volontario di inciviltà. Quante persone invece la pretendono, vorrebbero che l’isola cambiasse, che la natura diventasse protagonista della nostra storia di narrazione. Che la storia di quest’isola “colonizzata” diventi la storia di una popolazione che gioisce, che “sa” stare bene in uno spazio così ristretto, che sa godere, senza aver bisogno “esclusivamente” dell’occhio del mercato? Che in quanto isola, si riveli e venga riconosciuta come patrimonio collettivo, proprio perché presa d’assalto da milioni di persone, senza il riconoscimento di fragilità, di isola fragile nella sua bellezza?

Ads

Stiamo cedendo alla forza del mercato, prendendo l’occasione di richiedere uno statuto peculiare: lo Stato deve guardare alle isole come espressione di uno stile di vita sì vacanziero, ma ancor di più fragile, precario. L’isola dovrebbe essere presa seriamente in cura, non con le campagne pubblicitarie che, come effetto, producono il contrario di quello di cui sto parlando: la dipingono come “oggetto di consumo”, da sfruttare, senza riguardo. Gli effetti del consumismo turistico sono ormai evidenti. Io penserei a lavorare sulla sostanza di questo gioiello in caduta libera tra le braccia di un mercato troppo veloce, feroce che non lascia spazio al futuro di nessuno tra noi. Da che cosa dobbiamo liberarci? Oggi, nel giorno della nostra liberazione? Prendiamo in mano le redini della situazione, non lasciamoci ammaliare dall’effimera consuetudine della paura. Dobbiamo essere – lo credo – più forti, tenaci, padroni del nostro essere isolani. È questa la rivoluzione che non riuscivamo a definire da decadi. Adesso i tempi sono maturi. “Il paradiso è un luogo dove nulla accade”.

Ads

* FILOSOFO

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

1 Comment
Più vecchio
Più recente Più Votato
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Beta

È vero, ad Ischia il paesaggio e le aree a verde, pubbliche e private, sono degradate e mal tenute, eppure sono parte integrante del “quadro”.
Si percepisce l’assenza di cura e di attenzione al particolare, che invece è fondamentale, anche per il turista, considerato che la natura dell’isola è straordinaria!

Pulsante per tornare all'inizio
1
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex