LE OPINIONI

IL COMMENTO Un partito alle spalle: interpreti ed equivoci

Non c’è, al momento, sull’isola d’Ischia, un’Amministrazione comunale che dichiari di essere legata ad un determinato partito nazionale. Sono tutti civici, tranne però – al momento di elezioni regionali o nazionali – impegnarsi su questo o quel candidato di partito in attesa di eventuali “restituzioni” di favori. Faccio l’esempio dell’Amministrazione comunale d’Ischia, in cui prevarrebbe teoricamente la presenza di iscritti al PD (Sindaco in testa) ma che, per il mantenimento di “equilibri politici” all’interno del gruppo di maggioranza (che coincide al 90% col Consiglio Comunale) non ha alcun interesse a sollecitare un’elaborazione di partito. Ma più ancora gioca la circostanza che, sulla carta (perché nella realtà non c’è alcuna attività né tanto meno una sede fissa) il circolo appare spaccato tra chi (come la segreteria in carica) è critico verso l’attuale Amministrazione comunale e chi la difende a spada tratta. La scusa è banale. I congressi di circolo si fanno proprio per determinare democraticamente una linea di partito (a cui tutti devono attenersi), eleggere un direttivo e quindi un segretario. Se c’è nel circolo una linea prevalente che considera l’azione dell’attuale Amministrazione comunale efficiente ed efficace, qual è il timore? O potrebbe, al contrario, nascere una maggioranza e un direttivo che metta giù un programma non propriamente conforme all’azione amministrativa attuale, ma in grado di suggerire miglioramenti e correzioni. Chissà!

Meno ancora si capiscono gli attendismi dell’eurodeputato Giosi Ferrandino, a meno che non si voglia dar credito ad alcune voci malevoli che lo descrivono a metà del guado tra PD e Italia Viva. Insomma Giosi è alla finestra e come gli spettatori delle arene dei gladiatori, prima di indicare per la vittima il pollice su o giù, aspetta che si manifesti il vincitore. E questo è un esempio di “fuga” dai partiti. C’è poi un esempio molto diverso e mi riferisco al recente passaggio di Maria Grazia Di Scala e Davide Conte da Forza Italia a FDI. Premetto: ritengo entrambi forze valide amministrative sia per il livello comunale che per livelli superiori. Tuttavia non mi è chiara la ratio della scelta. Capisco che Forza Italia e, nello specifico, la conduzione regionale e isolana di Domenico De Siano abbia lasciato molto a desiderare, ma il passaggio a FDI mi sembra un salto nel buio. Fosse stata una scelta ideologicamente giustificata, andrebbe rispettata e basta. Ma davvero Davide e Maria Grazia si allontanano dall’ala liberale moderata per abbracciare convintamente chi combatte i green pass? Chi, in campo europeo, in nome dei nazionalismi, tesse alleanze con i Paesi che sfruttano le risorse che arrivano dall’Europa ma nel contempo boicotta una piena integrazione? Spero che Di Scala e Conte abbiano letto il “Manifesto della destra”, firmato da 14 partiti europei di destra, una “Carta dei valori”, sottoscritta anche da Orban, Le Pen e Morawiecki, in cui si dice – tra l’altro – che “l’UE è uno strumento di forze radicali intenzionati a realizzare trasformazioni culturali e religiosi”. Berlusconi non avrebbe mai accettato un giudizio del genere.

Ma davvero questa svolta è preferibile al liberalismo? Ho qualche perplessità, conoscendo le persone, e anche dal tono di alcune affermazioni del tipo: “Avevo bisogno di sentire un partito alle spalle”. Affermazione che se da un lato denota il bisogno di “politica” dall’altro dà adito ad equivoci: non è equivalente ed indifferente il partito che si ha alle spalle; non è indifferente se hai un partito liberale o un partito nazionalista. Infine, il passaggio di Davide e Maria Grazia a FDI, sembra rendere più difficile un allestimento, per le elezioni amministrative, di una coalizione alternativa che raggruppi persone competenti e perbene, anche in liste di orientamento politico diverso. Facendo la scelta di un partito radicale di destra, occorrerebbe riempire un buco al centro , per non regalare tutto lo spazio politico centrale alla coalizione espressione dell’attuale amministrazione, oltre che coprirsi anche nell’area del centro sinistra. Solo a queste condizioni questo “rassemblement” alternativo potrebbe avere delle chance.

Poi c’è un terzo caso, ancora differente dai primi due e riguarda l’elezione del Sindaco di Napoli e la possibile terza rielezione del Presidente della Regione (a cui sta lavorando con una legge regionale ad hoc). E’ inaccettabile il completo disinteresse della politica isolana per l’elezione del Sindaco di Napoli. E’ inaccettabile, in quanto il Sindaco di Napoli è automaticamente anche il Sindaco della Città Metropolitana, di 92 Comuni, tra cui anche i Comuni dell’isola d’Ischia. Ha fatto benissimo Giuseppe Mazzella, direttore del Continente, a rimarcarlo in un Convegno dei seguaci di Bassolino Sindaco. Io non sono sicuro, come Peppino Mazzella, che Bassolino sia il Sindaco ideale, però so che Bassolino “mastica” politica e non milita nel PD non tanto per libera scelta ma perché indesiderato da alcuni. Errore clamoroso mi sembra abbia commesso il centro destra nella scelta del magistrato Maresca (al di là degli infortuni sulla mancata ammissione di alcune sue liste) che non voleva nemmeno che le liste avessero contrassegni di partito. Maresca, come altri magistrati scesi in politica, crede al leader e non ai partiti, ma che lui sia un potenziale leader è tutto da dimostrare. Resta l’ex rettore dell’Università federiciana ed ex ministro Manfredi, sponsorizzato da PD,M5S,Art 1 ed altre liste collegate. E’ sicuramente candidatura “politica” e culturalmente solida, con un limite che personalmente considero pericoloso: la stretta collaborazione ed intesa con il Presidente De Luca. In teoria è normale che si instauri una collaborazione tra aspirante Sindaco e Presidente della Regione. In teoria si tratta di due esponenti del PD, ma davvero De Luca, con la sua mania di protagonismo e di castigamatti del Governo ed altre istituzioni, incarna il Partito democratico? O, sotto la sigla PD, c’è invece, da parte di De Luca, un tentativo più subdolo di “depoliticizzazione” del governo della città e della Regione?

Eccolo il terzo esempio di “fuga” dai partiti. Anche Cesare Mattera, amico a cui auguro la vittoria alle elezioni di Serrara, ha commesso, nella presentazione della lista, un piccolo errore di ingenuità e di comunicazione, quando ha affermato di non volersi far mettere il cappello in testa da nessun politico ( e fin qui tutto bene) ma poi ha sbagliato nell’affermare che – a vittoria conseguita – la sua squadra sceglierà i politici che gli assicureranno i finanziamenti per le opere nel paese. Capisco l’entusiasmo e la “voglia di fare” per il paese, ma i finanziamenti devono essere “mirati”, “ chirurgici”. Non si tratta di fare la corsa a “qualunque” finanziamento. Le risorse pubbliche devono rispondere ad un preciso Progetto di crescita del Paese (sia sotto il profilo sociale che economico). E un progetto per il Comune non può essere indifferente e disgiunto da un’idea più complessiva dell’isola intera, della Regione e dell’Italia. Questa è “Politica”, che si traduce in “buona amministrazione”, non “mettere una pietra qua e una là “, senza un collante che le tenga insieme. Se alziamo, per un momento, lo sguardo dall’alto dell’Epomeo e ci guardiamo intorno, vediamo Ventotene e ci ricordiamo dell’Europa, che finalmente sembra incamminarsi verso un’integrazione per uno sviluppo sostenibile ed equilibrato per contrastare il diffondersi di pandemie, di cataclismi generati dai cambiamenti climatici e dell’aumento delle diseguaglianze sociali. I leader passano, ma la politica – prima o poi – ritorna, perché senza idee “di fondo” si va “a fondo”.

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