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Il fenomeno Black Friday

Sono diversi anni ormai che questo fenomeno statunitense si è diffuso anche nel nostro paese. È indubbio che il fascino del risparmio incanti tutti noi, soprattutto ora che non c’è bisogno di andare a zonzo tra negozi, basta infatti avere uno smartphone ed anche i più pigri possono andare a caccia di offerte. Il venerdì nero è allettante, ci tiene lì pronti ad accaparrarci l’ultimo oggetto del desiderio, ma è da dire che spesso ad attrarci più dell’acquisto in sé è lo sconto. Lo sconto ci induce infatti a comprare oggetti che talvolta non sono necessari, ma la possibilità di averli ad un prezzo inferiore, e la credenza di star facendo “un affare”, non inibisce alcun nostro istinto e così è corsa allo shopping.

Per coloro che già normalmente hanno difficoltà a darsi un freno, il black Friday è il “giorno x” in cui bisogna fare i conti con la propria compulsività. Dan Ariely parla di un effetto alone, secondo cui  il giudizio positivo relativo ad una caratteristica viene esteso a tutto ciò che riguarda l’oggetto  in questione. Con la tecnica del “loss leader” (proporre un prodotto a prezzo scontato) i negozi ti invitano ad entrare nella certezza che, superato il “dolore mentale” del primo pagamento, sarai ben disposto a completare la tua lista regali acquistanod molti altri prodotti perché, in una situazione emotivamente e fisicamente provante come il black friday, il solo fatto di avere concluso un ottimo affare può farti credere che tutti gli acquisti fatti  siano buoni, quando in realtà non sempre è così. Oltre all’effetto alone ad agire in noi è anche l’ effetto scarsità che ci induce ad acquistare più oggetti possibili per evitare di rimanerne senza, come gli animali preparano le scorte per l’inverno, così facciamo noi durante il Black Friday. Si tratta di una mania dell’accumulo, accumulo che  è uno dei sintomi presenti in quelle persone che non solo il venerdì nero, ma ogni singolo giorno vanno a caccia non di offerte, ma di merci, di qualsiasi tipo e utilità o  tante volte inutilità.

Lo shopping compulsivo è il bisogno fuori controllo di spendere, o  come la vede l’interessato di comprare.  Le principali indiziate sono le donne nelle quali il disturbo comincia a manifestarsi nella tarda adolescenza e prima età adulta, per poi diminuire con l’età. Donne o molto estroverse o toccate da problemi di ansia e scarsa autostima. Si usano le “spese pazze” quasi come una medicina per lenire l’ansia o sollevare un umore basso. Un gruppo di psicologi norvegesi ha stilato una lista dei sintomi indicativi e ne ha individuati sette che permettono di fare l’autodiagnosi a seconda del punteggio che si raggiunge. I sette criteri sono i seguenti:  Pensi allo shopping di continuo; Compri per cambiare il tuo umore; il tuo shopping interferisce con le tue incombenze quotidiane;devi comprare di più e sempre di più per ottenere soddisfazione ; Hai deciso di comprare meno, ma non ci sei riuscito; Ti senti male se per un qualche motivo non puoi fare shopping; Compri da mettere a rischio il tuo benessere.

Uno shopper compulsivo necessita di comprare o in lui si genera una serie di paure patologiche che portano a uno stato di malessere. Lo shopping diventa compensatorio di qualcosa che manca a livello emotivo. Quindi, andrebbe a soffocare uno stato emotivo negativo che tendenzialmente ha a che fare con la sfera depressiva e di cui il paziente non è conscio. La spesa è come un po’ di lenitivo su una ferita infiammata non elimina il problema, ma lo sfiamma per qualche ora prima che ritorni di nuovo a dolere sotto forma di senso di colpa per aver speso gli ennesimi soldi. Questa spinta incontrollabile all’acquisto è stata definita ‘buying impulse‘.  Lo shopping è simile ad altre forme di dipendenza, per questo sono presenti fenomeni di craving (incapacità di controllare l’impulso), di pensiero desiderante (prefigurarsi la soddisfazione proveniente dall’acquisto), di tolleranza (aumentare progressivamente la quantità di oggetti da comprare), e di astinenza. Lo shopping ha infatti gravi ripercussioni sulla vita sociale, lavorativa, familiare e coniugale, oltre alle inevitabili perdite finanziarie e all’importante portata di ansia, che deriva dall’irrefrenabile voglia di acquistare, di depressione e di perdita quando si scopre che si è in preda a una perdita di controllo.

Come ogni dipendenza lo shopping compulsivo, che in questi giorni noti per la corsa all’acquisto, soprattutto natalizio, è ancor più evidente, può essere trattato attraverso un percorso di terapia cognitivo comportamentale, che aiuta il paziente  a ridurre l’azione del compare fino a far sparire l’impulso irrefrenabile, che è malsano, non solo per  i portafogli ma anche per noi stessi, che tendiamo a nascondere dietro l’acquisto, un desiderio più profondo ed emotivo che non può di certo essere colmato con un paio di scarpe, o un paio di jeans nuovi.

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“Liberamente” è curata da Ilaria Castagna, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi de L’Aquila, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva Comportamentale di Caserta A.T. Beck.”

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