LE OPINIONI

IL GOLFO L’unicità di Napoli, tra arte e fracasso

L’editoriale di questa settimana avrei voluto dedicarlo alla stagione, ormai imminente che aspetta Ischia. I ristoranti che aprono, le spiagge che si attrezzano, gli alberghi che si preparano ad accogliere (speriamo) migliaia di turisti. E’ un argomento sul quale tornerò nelle prossime settimane. In fin dei conti l’estate è dietro l’angolo ma nemmeno tanto vicina da non potersi prendere qualche giorno di tempo. Ho cambiato idea perché ho scelto di dedicare questo spazio in prima pagina del Golfo, a una riflessione che mi è sorta spontanea, dopo aver visitato al Museo Nazionale di Napoli, la mostra sui reperti ritrovati durante recenti scavi archeologici in Toscana. L’esposizione, in programma fino al prossimo 30 giugno, presenta al pubblico le straordinarie scoperte effettuate nel 2022 e le novità venute alla luce nel 2023 nel santuario termale etrusco e romano del Bagno Grande di San Casciano dei Bagni. Mostra da vedere assolutamente, perché curata nei minimi particolari e inserita in un contesto di straordinaria bellezza, quale il Mann. L’idea di tornare a scrivere d’arte, poi, dopo aver parlato qualche giorno fa della mostra di Baia e della polemica scaturita dalla “sottrazione” al museo di Pithecusa di Ischia, della Coppa di Nestore, è sempre una scelta vincente.  L’occasione di ammirare i ritrovamenti bronzei provenienti da San Casciano, è stata offerta dal corso di aggiornamento per i giornalisti, promosso dall’Ordine professionale della Campania. Un breve convegno nell’auditorium del museo, poi i promotori del corso hanno accompagnato i giornalisti attraverso i saloni del Mann. E a questo punto accade qualcosa di unico, che rende unica la nostra città. Perché un museo, per sua vocazione si presta a essere un luogo dove regna il silenzio, la contemplazione, il raccoglimento davanti a un’opera d’arte o un quadro.

Il museo è o dovrebbe essere, il luogo dei sussurri e degli sguardi che rompono il velo della segretezza. Un posto dove non c’è spazio per caos, rumore, frastuono. Fuori dal tempo e fuori dallo spazio. Ovunque nel mondo è così. Non a Napoli. Nella città dove tutto deve necessariamente essere diverso, anarchico, fuori dagli schemi, durante la visita alle sale del palazzo e mentre l’archeologa spiega la storia e le peculiarità delle opere esposte, accade di tutto. Passano i carrelli trainati dagli operai. E non i carrelli normali, quelli con  le ruote d’acciaio, che producono un fracasso assordante che costringono le guide a interrompere le loro spiegazioni. Dall’esterno arrivano gli echi dei clacson delle auto, le sirene spiegate delle ambulanze, il rombo delle motociclette. Dal punto ristoro, i rumori dei bicchieri e dei piatti, lo squillo dei cellulari. 

Se provi a farlo notare a qualche collega, nel caso specifico al presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, ti senti rispondere che “Napoli è così” e che “i turisti la scelgono anche per questo”. Chissà, forse ha ragione Ottavio Lucarelli. Forse Napoli piace agli stranieri per questo suo modo di essere, fracassona e contro le regole, anche se tutto ciò vuol dire, qualche volta, minare al rispetto dovuto nei confronti di luoghi che meriterebbero maggiore riservatezza e tranquillità. Ai turisti, forse, piace di Napoli tutto ciò che non piace ai napoletani stessi o almeno a una parte di loro. Forse perché loro, dopo una mattinata tra opere d’arte e operai al lavoro, se ne tornano da dove sono venuti, portando con sé un’esperienza in più da raccontare ad amici e parenti. Per chi la vive questa città, non è così. Per chi è di Napoli, restano negli occhi la magnificenza delle opere e nelle orecchie quel fastidioso rumore delle ruote d’acciaio trascinate sul pavimento.

DIRETTORE “SCRIVONAPOLI”

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