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NON ESSERE INVINCIBILE, SII RESILIENTE

‘‘Le difficoltà rafforzano la mente, così come il lavoro irrobustisce il corpo’’ così affermava Seneca secoli e secoli fa, ed ecco che la sua massima si collega ad un concetto molto attuale in cui probabilmente ti sei imbattuto, ma di cui ignori la completa definizione: la resilienza.Potremmo pensare quindi alla resilienza come ad un muscolo da allenare con fatica ogni giorno  affinché divenga più forte, ma soprattutto più flessibile. È proprio da Roma, dal latino che ci perviene la parola resilienza. Essa infatti deriva da “resalio” che significa letteralmente saltare rimbalzare, ma veniva utilizzato  spesso con l’accezione di “saltare su una barca capovolta”, sottolineando non solo l’agilità del fautore dell’impresa, ma anche la sua capacità di resistere alle avversità del fato.

La resilienza non è un concetto unitario ma assume significati differentia seconda dell’ambito in cui il termine viene utilizzato: in ingegneria e  metallurgia è la capacità di un materiale di resistere a un urto improvviso senzaspezzarsi; in biologia rappresenta la capacità di autoripararsi dopo un danno posseduta da alcuni organismi; in informatica consiste nella capacità del sistema di continuare a funzionare nonostante alcune anomalie legate ai difetti di uno o più dei suoi elementi costitutivi.

In psicologia invece la resilienza è la capacità di resistere, fronteggiare, e riorganizzare positivamente la propria vita dopo aver subito un evento negativo. Non si tratta di una resistenza passiva, di una reazione inconsapevole e automatica, ma di una risposta cosciente che si traduce in potenzialità e prospettive di crescita. L’individuo resiliente non ignora le difficoltà e non le minimizza ma è colui che riesce ad andare avanti con una forza rinnovata e una maggiore consapevolezza di sé.  Ad esempio lo psichiatra Cyrulnik (1999) paragonò la resilienza alla forza posseduta da un’ostrica che è in grado di rispondere all’attacco di un granello di sabbia generando una perla.  Quindi, quello cheinizialmente era un disagio, si trasforma in qualcosa di gran valore.

Difronte alle avversità, dunque, certi individui sviluppano delle capacità fino a quel momento sconosciute e latenti. Inizialmente si pensava che la resilienza fosse un tratto stabile e innato della personalitàche dipendesse esclusivamente da fattori personologici e individuali. Per comprendere meglio questo concetto la studiosa Anthony propose la metafora delle tre bambole fatte di materiale diverso:di vetro, di plastica e di acciaio. Le tre bambole, sottoposte ad un colpo di martello della stessa intensità, presentano  dei “traumi” diversi.

La bambola di vetro infatti si frantuma in mille pezzi, la bambola di plastica porta una cicatrice permanente, mentre la bambola d’acciaio non subirà alcun danno.  Tale metafora è stata ripresa e modificata da Manciaux, che ha sottolineato che la capacità di resilienza di un individuo non dipende solo da fattori personologici, come la composizione materica delle bambole, ma è il risultato dell’interazione di più fattori.

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L’oggetto cadendo si romperà più o meno facilmente a seconda:
-della natura del suolo: cemento, sabbia…
-della forza del lancio: negligenza o aggressione
-del materiale di cui è fatta: vetro, porcellana, pezza o acciaio.
Il suolo rappresenta l’ambiente/contesto nel quale il soggetto vive (familiare, sociale e culturale); il lancio rappresenta l’evento difficile o traumatico vissuto; la resistenza del materiale è il livello di vulnerabilità legato alla personalità del soggetto. Ciò che sicuramente muta la risposta del soggetto al trauma è la presenza difattori di rischio e di protezione. I primi sono : emozionali(bassa autostima, trauma e abuso…); interpersonali (rifiuto dei pari, isolamento…); familiari(conflitti, disturbi nella comunicazione…); di sviluppo( ritardo mentale, disabilità, deficit attentivo…). Tra i secondi invece individuiamo fattori individuali (primogenitura, buon temperamento, sensibilità, ottimismo, autostima ); familiari (elevata attenzione riservata al bambino nel primo anno di vita, buone relazioni tra genitori, sostegno…); extra-familiari(esperienze di successo scolastico, operatori sociali…).

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Ma come possiamo sviluppare la nostra resilienza? Innanzitutto bisogna curare le buone relazioni nel proprio ambiente sociale; trovare una soluzione ad ogni problema in una  prospettiva a lungo termine; avere obiettivi realistici da perseguire con regolarità; compiere azioni decise di fronte alle avversità, piuttosto che subirle; imparare qualcosa da ogni evento, e sapere che il cambiamento fa parte della vita; prendersi cura di se stessi. Essere resilienti dunque non vuol dire essere “invulnerabili”, vuol dire semplicemente affrontare le avversità in maniera consapevole adattandosi ad esse senza lasciarsi spezzare.  Resiliente è colui che guarda alle avversità passate, per ricavarne lezioni utili al fine di migliorare le proprio attuali strategie di problemsolving. Tutto questo è ben riassunto da un antico proverbio cinese che afferma: “Quando soffia il vento del cambiamento c’è chi costruisce muri e chi mulini a vento.”

 

“Liberamente” è curata da Ilaria Castagna, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi de L’Aquila, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva Comportamentale di Caserta A.T. Beck.

 

 

 

 

 

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