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Il Venezuela e il drammatico racconto di una speranza

Ho vissuto e lavorato in Venezuela dal 1979 al 1983 in un complesso fertilizzanti della Pequiven a Moròn nei pressi di Puerto Cabello. Ci sono tornato altre volte sia per motivi di turismo che di lavoro. Sono tuttora in contatto con molti amici ed ex collaboratori che mi tengono costantemente informato sugli sviluppi delle drammatiche vicende di questi giorni e sono sinceramente preoccupato per le ulteriori sofferenze che si prospettano per il popolo venezuelano. Quando son partito per il Venezuela ero entusiasta per questa nuova esperienza.

Mentre i principali paesi del Sud America (Brasile, Argentina, Cile tra gli altri) erano dominati da feroci dittature, il Venezuela era rimasto l’unico paese con un regime democratico e per questo veniva definito “L’ultima speranza di Dio in Sudamerica”.

L’Italia e gli altri paesi occidentali erano in quella fase colpiti dalla seconda crisi energetica con l’esplosione dei prezzi del petrolio ed una inflazione galoppante che incideva pesantemente sull’economia delle famiglie. In Italia erano gli anni di piombo culminati nell’assassinio di Moro e di Guido Rossa. In Venezuela trovai invece un clima di euforia generale per le favorevoli condizioni generate da un così rapido incremento del prezzo del petrolio. Purtroppo quella improvvisa ricchezza venne altrettanto rapidamente dilapidata per incapacità delle classi dirigenti (politiche ed imprenditoriali) e per diffusi fenomeni di corruzione. Il consenso sociale veniva mantenuto favorendo i consumi  a scapito degli investimenti. Il prezzo della benzina e degli altri combustibili veniva mantenuto a livelli ridicoli, favorendo uno spreco enorme e costringendo addirittura un paese come il Venezuela  (primo paese al mondo come riserve petrolifere) ad importare i prodotti raffinati.

Questa politica disastrosa è stata mantenuta sino ad oggi e si traduce in file di giorni ai distributori di carburante, perché ormai c’è scarsezza di prodotti petroliferi e le raffinerie venezuelane (di proprietà statale) non possono essere mantenute in efficienza per mancanza di fondi. Oggi il prezzo della benzina è di un centesimo di $ USA a litro (con 1 € si possono cioè comprare circa 114  litri di benzina!). Hugo Chavez si insediò come Presidente nel febbraio 1999 in un momento di grave crisi economica e sociale per la forte caduta del prezzo del petrolio a valori inferiori ai 10 $/bbl.  A partire da quel momento il prezzo del petrolio registrò un costante aumento fino al al picco massimo del 2008 superiore ai 140 $/bbl. Questo enorme incremento nel prezzo del petrolio consentì a Chavez una politica di tipo assistenziale, che contribuì in maniera decisiva ad aumentarne la popolarità ed il consenso elettorale per i successivi tre mandati elettorali.

Purtroppo, come già avvenuto numerose volte in passato, ad essere penalizzati furono gli investimenti, essenzialmente pubblici, dal momento che la politica economica di Chavez aveva fortemente penalizzato gli investimenti internazionali e quelli privati. Confesso che, nei primissimi anni di Chavez, guardai con un certa simpatia all’operato del suo governo per la discontinuità nelle politiche sociali a favore degli strati più deboli della popolazione, ma quasi subito mi resi conto che quel modello non era a lungo sostenibile, nemmeno in un paese ricchissimo di petrolio ed altre risorse naturali come il Venezuela e con una popolazione giovanissima e quindi senza il fardello di un enorme carico pensionistico (età media sotto i 28 anni mentre in Italia siamo ormai oltre i 45 anni). Dopo il 2008 la crisi economica e finanziaria del Venezuela si è ovviamente accentuata di pari passo con il calo del prezzo del petrolio. Dopo la morte di Chavez infatti, il suo successore Maduro,  si è trovato in una situazione di estrema difficoltà non potendo disporre di una rendita petrolifera analoga a quella del suo predecessore. Stremati dalla crisi, i venezuelani oltre alla carenza di cibo e farmaci affrontano quotidianamente l’inferno della violenza: nel Paese ogni ora vengono uccise tre persone. Nel 2017 il Venezuela ha registrato 28.000 omicidi,  contro i 357 dell’Italia.

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Le elezioni dell’Assemblea Nazionale nel 2015 (organo unicamerale con potere legislativo) hanno segnato la netta vittoria dell’opposizione unita, che dispone oggi di ben 112 seggi contro i 55 del partito di Maduro. La protesta sociale in questi ultimi anni si è acuita per il sensibile peggioramento delle condizioni di vita della maggior parte della popolazione venezuelana, ridotta oggi allo stremo per mancanza di viveri, medicine ed altri generi e servizi di prima necessità. L’iperinflazione raggiunto il livello incredibile di 2000000 percento! In parallelo è aumentata la dura repressione del dissenso da parte del regime. Le elezioni presidenziali del 2018  hanno registrato gravi irregolarità e per questo i partiti che si oppongono a Maduro ne hanno contestato la validità, mentre il Presidente dell’Assemblea Nazionale Juan Guaidó, il 23 gennaio scorso, si è autoproclamato Presidente  ad interim per poter indire nuove elezioni presidenziali.

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In una situazione così complessa e drammatica, alla luce dell’indiscutibile fallimento delle politiche economiche e sociali di Maduro,  non resta che l’auspicio che il popolo venezuelano  sappia lottare pacificamente per ritrovare la strada della democrazia. Dal Venezuela vengono due significative lezioni: l’assistenzialismo indiscriminato, a scapito degli investimenti, ai fini del consenso elettorale, può distruggere anche un paese ricchissimo come il Venezuela; motivo per cui è sempre  meglio insegnare a pescare per tutta la vita che regalare i pesci per qualche giorno; la liberalizzazione nell’uso delle armi non genera affatto sicurezza e a chi, in nome di una presunta emergenza sicurezza in Italia, ci prospetta questo futuro, contrapponiamo l’evidenza di una tragica realtà, come quella venezuelana, dove gli omicidi sono  proporzionalmente circa 200 volte quelli che si registrano in Italia.

 

ANGELO D’ABUNDO  INGEGNERE

 

 

 

 

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